Indagini conoscitive della XV Legislatura: Cooperazione allo sviluppo

«La riforma della disciplina in materia di cooperazione allo sviluppo presenta in qualche modo aspetti di natura istituzionale, posto che va ad incidere su una parte importante del nostro sistema e che quindi quanto più è condivisa tanto maggiori sono le possibilità che duri nel tempo. Quindi, a maggior ragione è importante che, sulla struttura fondamentale di una parte così significativa della politica estera del nostro Paese, sulle regole che devono governarla, ci sia un consenso di fondo del Parlamento italiano, a prescindere da chi pro tempore in quel momento ha responsabilità di Governo. Tale condivisione costituisce forse l'unica condizione per non perdere del tutto il lavoro fin qui svolto e, quindi, per poterlo opportunamente utilizzare nell'ambito di una prossima legislatura». E' quanto si legge nel documento approvato dalla Commissione Esteri nella seduta del 26 febbraio 2008, a conclusione dell'indagine conoscitiva sulla politica della cooperazione allo sviluppo e sulle prospettive di riforma della relativa disciplina.
La cooperazione – si legge ancora nel documento conclusivo – «non può più essere considerata come un dono dei Paesi ricchi nei confronti dei Paesi poveri». Del resto, «vi è ormai una presenza fortissima, in qualche caso formidabile, di Paesi che qualche anno fa avremmo definito in via di sviluppo e che ora stanno diventando partner fondamentali allo sviluppo di alcune aree del mondo: si pensi alla presenza crescente della Cina e dell'India in Africa, che sta diventando una realtà di assoluta e straordinaria rilevanza». Per quanto ci riguarda, però, oggi siamo di fronte ad una «cooperazione frammentata in mille rivoli» che sfugge «perfino alla consapevolezza da parte dello stesso Paese che la realizza». «Il Paese non conosce esattamente le iniziative italiane che hanno luogo nel mondo, ove per Paese si intende non solo l'opinione pubblica, ma anche il Parlamento e lo stesso Ministero degli affari esteri». Ebbene, «tutto questo va in qualche modo ricondotto ad unità, senza utopie o illusioni dirigistiche, ma quanto meno dando vita ad un lavoro di messa in rete».(Avvisatore.it)

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