BOSSI: COLPO MORTALE AL CENTRALISMO ROMANO

Igor Iezzi

Sul sagrato della storica Abbazia di Pontida, giurano fedeltà al popolo gli oltre 500 candidati della Lega

«Sferreremo un colpo mortale per il centralismo, per la canaglia romana e italiana». Pontida non è il luogo della diplomazia bizantina e Umberto Bossi usa parole chiare. Quando sale sul palco è emozionato. Non è la solita Pontida, quella organizzata nella mattina di ieri. Non siamo sul solito pratone, con decine di migliaia di persone. Ora, nell’ultimo fine settimana della campagna elettorale, la folla che di solito colora il comune del Giuramento è in piazza, a fare gazebo. Questa volta il palco viene allestito davanti all’Abbazia, dove, il 7 aprile 1167, nacque la Lega Lombarda che si oppose strenuamente a Federico il Barbarossa.
I rappresentanti dei comuni del Nord, da Milano a Parma, da Lodi a Ferrara per poi allargarsi a Bergamo, Brescia, Bologna, Padova, Verona e Treviso si ritrovarono qui e giurarono sulla libertà contro l’invasore. Quasi 850 anni dopo, quel patto risorge. Ieri, sul palco, sono saliti, con le loro bandiere e i loro costumi tradizionali i rappresentanti di tutte le nazioni della Padania e ognuno, nella propria lingua, ha giurato di impegnarsi a «difendere la libertà dei popoli padani dal potere romano». Il pubblico era formato da tutti i 500 candidati alle prossime elezioni politiche che hanno risposto con “lo giuro” all’appello. Una cerimonia che si è conclusa con il giuramento letto direttamente da Umberto Bossi. Al suo fianco la bandiera con il Sole delle Alpi, simbolo di quella Padania che è la ragione di vita della Lega Nord. Una giornata a tratti commovente, che ha colpito anche il segretario federale che, salito sul palco, lo ha detto senza finzioni: «Mi sono emozionato nel sentire il giuramento nelle varie lingue padane, vuol dire – ha spiegato il leader leghista – che c’è qualcosa di forte e profondo, messo in piedi in questi anni per risvegliare le coscienze sopite, tormentate. Queste coscienze non si addormenteranno mai più e andremo avanti fino a quando la Padania sarà libera».
Bossi inizia a leggere il giuramento e poi decide di andare a braccio. Il numero uno della Lega chiarisce subito che «questa è una rievocazione» che però «preannuncia il momento in cui giureremo un attimo prima di attaccare Roma perché siamo stanchi di essere derisi, derubati e schiacciati dalla canaglia italiana»». Bossi va avanti nella lettura del giuramento, si ferma quando c’è il riferimento “ai nostri figli” «che devono subire il centralismo romano nelle scuole», spesso discriminati perchè magari hanno un genitore leghista. Il leader padano ricorda che «facemmo la Lega e ci mettemmo assieme per raggiungere la libertà dei nostri popoli, non solo per vincere un’elezione o l’altra. Noi combatteremo fino alla fine». Di rito, ovviamente, un giro nell’Abbazia, accompagnati da Don Mario che, sottolineando la morale che vigeva nel passato e prendendo spunto dalla “sala del Giuramento” all’interno della basilica, rammenta come un tempo «bastava guardarsi in faccia per firmare un patto, senza notai o contratti».
All’uscita il leader leghista, firma autografi, fa qualche foto con i leghisti rimasti e, prima di recarsi al ristorante, si ferma a parlare con i giornalisti. E subito mostra ottimismo: «Le elezioni le vinciamo a mani basse, la gente del Nord vuole il federalismo e quindi non si fida degli altri, si fida solo della Lega». Per questo il Carroccio porterà, come primo provvedimento, al consiglio dei ministri, «il federalismo fiscale, parte dei soldi devono restare sul territorio che li ha prodotti. Altrimenti bisogna andare a Roma per elemosinare anche gli spiccioli per fare le strade». Una garanzia sarà proprio Bossi, che potrebbe ricoprire l’incarico di ministro delle Riforme: «Continuano ad insistere, con i fucili in mano, che io faccia il ministro, il popolo vuole la libertà e il federalismo. Io so come fare».
Bossi poi getta lo sguardo agli avversari. Se per Veltroni sono solo battute («Per la prima volta si presenta come Premier uno che lavorava a Cinecittà, lui è proprio il vecchio, Per lui recuperare al Nord è un’impresa impossibile»), a Casini rivolge un pensiero: «Vedrete, tornerà da noi, ha già nostalgia…».
Infine Malpensa. Secondo Bossi «il problema è come riempire il tempo tra la fine di Alitalia e l’arrivo del Nuovo vettore. Quindi è utile tenere in piedi Alitalia». In attesa che prenda concretezza l’ormai mitica cordata per acquistarla. Servirebbe un miracolo: «Berlusconi – scherza Bossi – a volte fa i miracoli». Malpensa rimane in cima ai pensieri. Per questo non esclude l’ipotesi che dopo Napoli, il secondo consiglio dei ministri si faccia a Malpensa. «E’ una bella idea, ma ci sono molti posti al Nord dove si può fare: Milano e Torino sono tutte grandi capitali». E tutte soffrono della cura Prodi-Veltroni.(La Padania)

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