Il fiorino, il grano ed i Greci

di Mauro Faroldi

Una ricerca che racconta la vita della comunità ellenica a Livorno nel 700 ed 800

Nel 1453 con la caduta di Costantinopoli i greci non avranno uno stato nazionale per quattro secoli. Inizialmente la «turcocrazia» reciderà quasi completamente le relazioni fra il mondo greco e il resto d’Europa. Ma, con l’estromissione dei mercanti genovesi e veneziani dal Mar Nero e con la stabilizzazione del dominio turco nei Balcani, si assiste ad un’ascesa dei mercanti greci non solo nei commerci dentro l’impero ottomano ma anche esternamente, verso l’Ucraina e la Russia e nel Mediterraneo verso Venezia, Trieste, Livorno, Napoli, Marsiglia. In queste ed in altre località nasceranno per questi rapporti commerciali importanti comunità elleniche. Comunità che avranno per fulcro una dinamica ed intraprendente borghesia commerciale, ma che saranno autonome in tutte i loro aspetti, con le loro chiese, le loro scuole tenute da religiosi dediti a diffondere l’ellenismo ed i principi dell’ortodossia, i loro cimiteri e i loro ospedali. La vita culturale e sociale di queste comunità, che facevano da ponte fra due mondi, era molto vivace, non certo paragonabile con la vita che svolgevano gran parte dei greci sotto il giogo ottomano.
Per questa ragione non è da ritenersi un caso che proprio in una di queste comunità, quella di Odessa, ha avuto origine la Filikì Eterìa, la società segreta che fu da detonatore della rivolta del 1821. I suoi fondatori Skufàs, Tsakàlof e Xànthos provenivano proprio da quel mondo commerciale nel quale non avevano avuto fortuna, ma che gli aveva permesso di essere in contatto con i più avanzati movimenti politici e culturali europei.
Un altro porto a svolgere un ruolo importante per le comunità elleniche della diaspora fu Livorno, dal 1500 porto principale della Toscana dei Medici. Questa, già presente dalla seconda metà del ‘500 quando era sostanzialmente composta da marinai originari dei domini veneziani, si sviluppò dall’inizio del ‘700 tanto da segnare la storia della città. Dèspina Vlàmi è una ricercatrice ateniese che dopo essersi laureata in Scienze Politiche all’Università di Atene ha proseguito i suoi studi a Firenze e a Londra. Attualmente collabora anche con alcuni periodici e con il quotidiano Kathimerinì. Si è interessata della storia delle comunità della diaspora e ha pubblicato un lavoro sulla comunità ellenica di Livorno dal titolo, Il fiorino, il grano e le vie del giardino. Mercanti greci a Livorno 1750-1868, edizioni Themèlio, Atene. Il testo, oltre cinquecento pagine, è un dettagliato studio della vita della comunità ellenica della città toscana nel suo periodo di massimo splendore che si chiuse qualche anno dopo la nascita dell’Italia unita quando a Livorno fu abolito il porto franco e perse quei privilegi che avevano fatto la sua fortuna.
L’importanza della comunità ellenica fu ufficializzata nel 1757 con un decreto del Granduca di Toscana che concesse fra l’altro la libertà di edificazione di un luogo di culto ortodosso. Precedentemente erano autorizzate solamente chiese greche di rito cattolico. Studiando i traffici portuali gestiti dalla comunità greca, e analizzando il periodo 1770-1789, la Vlàmi scopre che circa il 12% dei traffici fra Smirne e l’Europa passavano da tre porti italiani : Genova, Livorno e Messina. Livorno fra questi tre aveva in alcuni annate una grande importanza dato che per esempio nel 1776 gestiva il 10% delle esportazioni della città dell’Asia Minore verso l’Europa.
Ma i dati, che nel libro sono espressi in numerose tabelle, nascondono anche elementi che apparentemente l’aridità dei numeri non dovrebbe mostrare. Veniamo così a sapere che fra le elenco delle merci esportate nel 1797 verso Salonicco ci sono anche 5000 dozzine di fez, prodotti a Prato città toscana con una tradizione nell’industria tessile che affonda le sue radici nel Medio Evo. È singolare scoprire gli ortodossissimi mercanti greci di Livorno impegnati nel commercio di un copricapo simbolo emblematico dei musulmani ottomani, un simbolo così forte che la repubblica di Ataturk si preoccupò di proibire per affermare anche in questo modo il suo laicismo.
Il libro afforonta non solo i commerci ed i traffici ma la vita della comunità nel suo complesso, il suo rapporto con la città dove si era insediata e dove vivevano altre comunità straniere, gli armeni, gli ebrei sefarditi, gli olandesi. Importante fu il ruolo delle grandi famiglie come i Maurocordato e i Rodocanacchi, che hanno lasciato due grandi ville situate ai margini della città. Con la crescita ed il consolidamento della comunità aumentarono anche le sue esigenze, oltre la chiesa fu aperto un cimitero ortodosso, fu fondata una scuola e dal 1796 nell’Ospedale della Misericordia fu aperto un padiglione greco. La comunità mantenne sempre, e non solo per ovvie ragioni commerciali, i rapporti con la madrepatria, e come tutte le comunità greche della diaspora finanziò e sostenne la rivolta antiturca del 1821 che portò all’indipendena greca.
Un lavoro quello di Dèspina Vlàmi che ci mostra, pur essendo un’opera specialistica, i rapporti mai interrotti con i nostri gloriosi vicini nemmeno nel periodo del più buio dominio ottomano, ed è per questo che è un lavoro veramente apprezzabile.

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