Ora il mite Boselli è diventato cattivo

di Gerardo Milani

Mentre si rinnovano da parte di numerosi intellettuali (ultimo Paolo Flores d'Arcais) appelli a scongiurare l'avvento al potere di Berlusconi, l'uomo che, come ha ricordato recentemente Stefano Disegni, aveva un boss della mafia come stalliere e amici piduisti e fascisti più o meno ripuliti, il candidato premier Boselli continua in questo scorcio di campagna elettorale la sua battaglia personale contro il Partito democratico e contro il candidato premier Veltroni.
In proposito vorrei svolgere brevemente alcune considerazioni, anche a chiarimento di un mio precedente intervento:
1) Il concetto di laicità, cui si richiama Boselli, resta confinato ai rapporti tra Stato e Chiesa. Si presenta come opzione alternativa basata sul principio della contrapposizione e dell'esclusione (si veda, ad esempio, la polemica nei confronti di Di Pietro: o lui o noi) ed è destinato ad alzare barriere e ad accrescere conseguentemente il livello dei conflitti, favorendo di fatto e paradossalmente legittimando, nel contesto attuale, la risposta invasiva della Chiesa nelle istituzioni dello Stato.
2) La posizione radicale di Boselli, che, a mio giudizio, appartiene ancora alla stagione dei grandi “metaracconti” evocati da Lyotard dopo la fine della modernità, non può essere condivisa dal Partito democratico. Il quale, essendo, com'é noto, il frutto di una convergenza di forze laiche di sinistra e cattoliche, mira ad una diversa affermazione del concetto di laicità intendendolo come fondamento ideale di un sistema egualitario di diritti che sono in grado di garantire un clima di reciproca tolleranza e di dialogo tra diversi. Si tratta certamente di una prospettiva più avanzata, di ardua realizzazione, che comunque avrebbe avuto maggiori possibilità di successo se i dirigenti socialisti, senza il timore di “contaminare” la propria identità, avessero accettato di entrare nel Partito democratico, come hanno fatto gli amici radicali, per rafforzarne l'anima laica e combattiva.
3) Così purtroppo non è stato. Per effetto di una scelta suicida e nonostante la presenza di personalità di alto livello come Villetti, lo stesso Boselli e altri, il voto socialista è diventato un voto a perdere, riservato, come dicono i sondaggi, a uno sparuto gruppo di nostalgici ultracinquantenni.
4) A chi, stoltamente, rimpiange Craxi e a chi protesta contro le ingerenze del Vaticano e la subalternità dei nostri uomini politici (Rutelli docet) vorrei ricordare che il processo di “ri-clericalizzazione” dello Stato italiano prende le mosse dal Concordato del 1984, peggiorativo rispetto agli stessi Patti lateranensi. Un Concordato voluto da Craxi per i suoi disegni politici e votato dall'intero Parlamento con l'esclusione, se non ricordo male, degli indipendenti di sinistra. Un Concordato che all'art. 1, rinunciando sostanzialmente al principio della laicità dello Stato, sancisce l'impegno dello Stato e della Chiesa a collaborare per il “bene del Paese”.

Caro e illustre Milani, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, la campagna elettorale anticipata, giunta in questi giorni al giro di boa, rischia l'osso del collo. La DC di Pizza chiede quaranta milioni di nuove schede elettorali recanti il simbolo scudocrociato. La legge elettorale (il “porcellum”) pare sia un congegno giuridico di dubbia legalità costizuzionale. Lo dice l'alta Corte. Ovunque rimbombano i boatos circa possibili brogli elettorali. La Seconda Repubblica s'inabissa in un torbido marasma d'effrazioni costituzionali in un reality d'incendiari-pompieri disperati per la perdita della poltrona.
Tutta colpa del mite Boselli successor di Craxi? Niente rimpianti, per carità. Ma la monnezza puzza anche a turarsi il naso.
L'Italia è un Paese nel quale, come recita l'Ipse dixit di oggi, la maggioranza dei nostri concittadini sta per riconsegnare il Paese a un tale che, chimato a testimoniare in un processo di mafia, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Si tratta di un comportamento che, anche da solo, implicherebbe la fine politica istantanea e irreversibile per qualunque esponente politico in qualunque democrazia occidentale, aggiunge Felice Mill Colorni su “Critica Liberale”.
Visto però che tutto questo lo si sapeva da un po', perché mai s'è innescata allora la crisi del governo Prodi? E, soprattutto, quali inciuci ci riserva il futuro? E' difficile entusiasmarsi per chi ha scelto di perdere la Camera e puntare al pareggio in Senato, in vista di un governo veltrusconiano delle larghe intese, eventualmente guidato dal gentiluomo di Sua Santità, Letta. Lei crede che un governo guidato da Gianni Letta “annienterebbe” la mafia?
Il PD, privo di autonomia di fronte allo strapotere vaticano, ci pare una formazione intrinsecamente scissa e doppiamente “solitaria”: solitaria rispetto all'ex-Unione e solitaria rispetto all'ancoraggio del Socialismo europeo. Non è colpa di nessuno se poi le contraddizioni, le astrazioni, le prepotenze e le forzature ricadono sul PD caoticamente, tra l’irriducibile avversione della Binetti alle unioni di fatto, alle posizioni omofobiche espresse dal generale Del Vecchio, dalle maldestre dichiarazioni di Calearo sul fallimento Alitalia alla rivendicazione di totale autonomia da parte di Emma Bonino, per non parlare del giustizialismo di Di Pietro.
Insomma, come segnala Villetti: “La riforma del sistema politico fatta dalle scelte di Veltroni appare una vera e propria burla. Il leader del Pd non se ne preoccupa, perché dà per scontato, come dimostra la sua politica avara di alleanze, che a governare dopo il 14 aprile sarà Berlusconi”.

La red dell'ADL

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