Virzi’ fa centro con i precari ma in un film troppo farcito

di ANTONIO SASSONE

Il quarantatrenne livornese Paolo Virzì per il suo ottavo film si è trasferito a Roma dove ha girato, tra la nuova Fiera e i centri commerciali che gravitano su Fiumicino, ma anche alcune scene a Palermo, “Tutta la vita davanti” che affronta uno dei temi più scottanti dei nostri giorni, al centro della campagna elettorale: quello dei precariato.
Qui ad essere precari sono in grandissima maggioranza donne. Ragazze del nostro tempo, certamente belle, con una laurea – o un diploma – in tasca, probabilmente con un figlio sulle spalle e senza un marito-padre, il computer, il telefonino, abiti griffati, fanatiche del Grande Fratello e dei reality show. Virzì, fedele alla commedia all’italiana, ai temi sociali, alla voce narrante fuori campo e a un “team” di attori preferiti, con lo sceneggiatore Francesco Bruni, impianta la storia attorno a Marta, laureata in filosofia col massimo e la lode che però il suo bel titolo accademico deve, almeno sul momento, metterlo da parte e arrangiarsi a fare la baby-sitter e la telefonista in un call center che vende prodotti commerciali ai clienti contattati e bombardata via telefono.
La multinazionale, “Multiple” appunto. è elegante, quasi una discoteca o uno di quei centri benessere, guidata da una “capa”, Daniela, una eccezionale ed inedita Sabrina Ferilli, che incute alle ragazze un entusiasmo sproporzionato alla qualità del lavoro e alla retribuzione che ne consegue con canzoni a inizio giornata, premi, classifica, cui si contrappongono . Marta, interpretata dalla quasi esordente Isabella Ragonese (unico precedente filmico Nuovomondo di Crialese), è l’unica ad emergere per la sua intelligenza tanto da essere degna d’attenzioneda parte del Boss, MASSIMO Ghini (coppia ricostituita sullo schermo con Sabrina, affiatati in precedenti lungometraggi di Virzì). Tra lutti per la morte della madre, delusioni per i rapporti amorosi con uomini fedifraghi, lotte sindacali, le cose precipitano fino al delitto, compiuto da questa insolita Sabrina Ferilli che aveva sempre fatto parti da eroina e qui si trasforma prima in donna brillante e poi in dark lady, che assassina il suo amante.
Alla fine dei conti si salva solo lei, Marta, che si vede accettato il suo saggio dalla più autorevole rivista di filosofia, anche se retribuita con appena 300 euro. Virzì confessa di aver preso lo spunto da un blog, poi diventato libro, della scrittrice sarda Michela Murgia e di aver voluto fare una commedia all’italiana (a questa e alla voce fuori campo, dice, mi manterrò sempre fedele, e per la voce narrante ricorre a Laura Morante), ma il film si traduce in una autentica tragedia, dove tutti sono perdenti, dai “time-leader” a questi poveri giovani che in cerca di lavoro e di affermazione accettano qualsiasi incarico umiliante pur di mettersi qualche spicciolo in tasca che certo basta appena per consumare la colazione al bar e forse per ricaricare il telefonino.
Fallisce il Capo Claudio-Ghini, fallisce lei, Daniela-Ferilli, subito arrestata, falliscono tutte quelle che vengono licenziate perché non hanno raggiunto un certo numero di clienti. Fallisce il venditore fanatico “Lucio 2”, interpretato da un Elio Germano effervescente e incontenibile. Fallisce il velleitario sindacalista Valerio Mastandrea, per non dire di Sonia, la ragazza madre, perduta in partenza, ma forse con prospettive di recupero che potranno venirle dalla bambina. Ma di tutte le altre e di tutti gli altri non si intravede il futuro. Il film – e il regista – non li segue. Nel racconto i politici e la politica la titano e non basta il sindacalista a sostituirli. “Me ne ricorderò nel prossimo film”, sguscia Virzì. La “vita davanti!” è forse troppo amara.

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