Dichiarazione del Senatore Claudio Micheloni sui presunti brogli elettorali

Fingere sorpresa sarebbe scorretto. Conosco troppo bene la realtà degli italiani all’estero, di cui mi onoro di essere genuina espressione, per ignorarne la complessa articolazione e le differenti sfaccettature. Ciò non toglie che di fronte al montare di una tensione – alimentata dall’inseguirsi di dichiarazioni, in un crescendo sempre più roboante, in cui si paventano brogli o compravendite di schede e di voti – non posso evitare che si insinui, fastidiosa, la perplessità che non sia così improbabile che qualcuno la tensione la stia architettando ad arte. A qual pro? Un modo per mettere le mani avanti. Per giustificare il fallimento della propria strategia elettorale. E forse non è un caso – ammetto che il sospetto mi sfiora – se, in modo sistematico, a cimentarsi nella gara delle dichiarazioni ad effetto siano quasi esclusivamente esponenti della destra.
Ma al di là di questa, lo ripeto fastidiosa, perplessità, disturbato lo sono anche quando leggo di denunce che prendono a pretesto, enfatizzandole,disfunzioni e disagi che, la ragione, l’esperienza e la conoscenza delle cose, dovrebbero indurre a considerare fisiologici. Infatti, non è comprensibile che un esponente autorevole e navigato come Oliviero Diliberto, possa lasciarsi andare con una certa leggerezza a queste dichiarazioni, riprese anche dalla stampa locale: “Vengo dalla Svizzera – ha detto il leader dei Comunisti Italiani – dove so per certo che c’è una compravendita delle lettere destinate agli italiani all’estero per il voto. In qualche città è a 20 euro, in altre a 30, in altre ancora a 50”. Rincarando la dose, affermando che “solo a Zurigo ne sono tornate al consolato ottomila perché nel frattempo erano cambiati gli indirizzi, o erano sbagliati, o non erano corretti i nomi. Ci sono collettori di queste lettere che una volta votate le spediscono indietro”.
Fermo restando che sarebbe interessante sapere quale esponente della comunità italiana in Svizzera, o in Europa, candidato nella varie liste, possa permettersi di sborsare decine o centinaia di migliaia di euro (quanto voti servono per garantire un’elezione, al di fuori della speculazione sui resti? 10'000, 20'000, o forse di più ancora?), è sorprendente che un politico esperto come Diliberto non manifesti la consapevolezza che la differenza fra i plichi elettorali spediti e quelli effettivamente giunti a destinazione sia la naturale conseguenza del fatto che la lista degli elettori è stilata sulla base dell’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) redatta dal Ministero degli Interni e non su quella dei consolati aggiornata dal Ministero degli Esteri. Come ben sanno tutti coloro che si occupano di questioni relative agli italiani all’estero, le discrepanze fra queste due liste, da anni puntualmente denunciate, solo due anni fa, in occasione della precedente tornata elettorale, registravano una quota di non allineamento che raggiungeva punte del 30%. Oggi, in Svizzera, a spedizione avvenuta, la quota si colloca attorno al 6%. E per quanto riguarda l’esempio di Zurigo, citato da Diliberto, il numero delle lettere non recapitate e riportate al mittente, (al Consolato Generale, va da sé non votate!), il 2 aprile (4 giorni dopo che Diliberto aveva lasciato la Svizzera) era di 5313.
Credo che, a fronte di una presunta dubbia moralità (addirittura certa secondo Di liberto) degli elettori italiani all’estero, che qualcuno ritiene disposti a vendersi per trenta denari, sarebbe oltremodo opportuno che chiunque fosse conoscenza di operazioni scorrette senza esitare proceda a denunce circostanziate. È un dovere del semplice cittadino: a maggior ragione me lo aspetto da chi del senso di responsabilità civile e politica ne fa pratica quotidiana.

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