Mozzarella alla diossina? Una bufala, ma ci hanno descritto come “inquinatori” alimentari. E così, nei giorni in cui Sarkozy e Brown lu-cidavano gli ottoni del loro orgoglio nazionale, l’Italia stava combattendo la sua battaglia per le sue mozza-relle: sono una delle ormai rare “eccellenze” da espor-tazione. L’allarme è rientrato, ma il danno era fatto. Prima la “monnezza”, adesso la diossina.
Come sia potuto arrivare un paese, che pure in tempi non lontani ha occupato con onore il quinto (vent’anni fa superanno la stessa Inghilterra) o il sesto posto al mon-do per innovazione, sviluppo e quel che una volta si usava chiamare progresso, a identificarsi con le sorti di un suo formaggio, anche se uno dei più globalmente famosi e apprezzati, è difficile dirlo. La Francia, per dire, che ha egualmente una industria e una produzione casearia raffinata e gustosa, non s’identifica certo con il camembert. Né l’Inghilterra con il cheddar cheese.
Tom Muller è un giornalista tosto del “New Yorker”. Ha condotto una documentata inchiesta sull’olio extra-vergine d’oliva, che tra poche settimane si tradurrà in un libro d’accusa. Muller ha scoperto, facendo nomi e cognomi, come trafficanti d’olio “made in Italy” con sede a Barletta, in Puglia, smerciassero sulla Quinta strada mercanzia adulterata. Insomma una truffa colossale. E l’ennesima demolizione del “made in Italy”: Muller rac-conta del traffico del finto extravergine con il piglio di un infiltrato tra i produttori di coca in Colombia.
Eppure, venendo al nocciolo, un candidato “estero” ha proposto che la nostra dieta mediterranea diventi patri-monio dell’Unesco. È una dei tanti punti di programmi elettorali dei nostri futuri rappresentanti. Un altro pez-zo forte è la difesa della ristorazione italiana nel mondo. Ma quale ristorazione, se all’origine non sappiamo ga-rantire la genuinità dei prodotti? E poi ancora la funzione degli Istituti di Cultura senza però spiegare come poi dovrebbero “effettiva-mente” funzionare. Tranne casi sporadici, i nostri candi-dati non hanno le idee chiare, anche perché non sanno bene neanche loro cosa posso-no fare per gli italiani all’estero. Ma neanche i partiti: è stato messo come capolista un candidato di una formazione che si è dichiarata contro il voto degli italiani al-l’estero.
In questi giorni sono arrivate le schede, ma non hanno fatto in tempo ad essere imbucate che già si parla di “brogli” e di “compravendita” delle schede, si conosce anche il prezzo: 5 Euro per una preferenza che aiuta ad aprire le porte del “paradiso romano”. Al punto che un candidato ha ammesso che i risultati della circoscrizione Europa potrebbero essere falsati ed ha chiesto degli “osservatori” europei itine-ranti tra i quartieri e i bar fre-quentati da italiani, come si trattasse di elezioni in un Paese a basso tasso di democrazia.
A questo punto perché stupirsi se, capaci di esportare anche “bufale”, a breve potremmo importare altre “bu-fale”? Entrambe sono prodotti “inquinati” da una “furbizia” che ci danneggia, prima come italiani all’estero, poi come italiani.