E’ nostro diritto e dovere per questo dobbiamo votare

di MARIO BASTI

Come forse sai, caro Lettore, il “Corriere della Sera” pubblica ogni giorno una pagina di “Lettere al Corriere”, e una diecina di giorni fa ne ha pubblicato una, scritta da un lettore, a quanto pare residente a La Plata, il quale sosteneva con fermezza che noi italiani all’estero e i nostri figli non dobbiamo partecipare alle elezioni politiche italiane. Mi ero giá impegnato con me stesso a dedicare le ultime FINESTRE agli esempi per la nostra comunitá dell’AIMI, di San Isidro e di Las Grutas, per cui ho messo da parte quel numero del “Corriere della Sera”, per rileggere poi quella lettera e rispondere all’autore di essa con cui sono in disaccordo. Mi sembra utile e doveroso dirlo, perchè i lettori dell’autorevole giornale milanese non pensino che tutti gli italiani emigrati in Argentina la pensino come il platense autore di quella lettera, di cui non posso pubblicare il nome perché non ho trovato il giornale.
Comunque lo spunto é ugualmente valido: quell’italiano o italo-argentino di La Plata sosteneva con argomenti che evidentemente considera solidi, che noi della comunitá italiana dell’Argentina, come certo tutti gli emigrati italiani, non abbiamo diritto a partecipare alle elezioni, a eleggere deputati e senatori che ci rappresentino in Parlamento, perchè la distanza ci impedisce di seguire la politica italiana, viviamo in una societá diversa, non sappiamo perció di che si tratta, quando si discute in Parlamento e se proprio vogliamo provare il piacere di votare, accontentiamoci di votare alle elezioni argentine. Il grande giornalista che dirige questa pagina nel “Corriere della Sera” non ha scritto in calce alla lettera del platense , la sua opinione, ma io so che la pensa come lui, perchè lo ha scritto altre volte e perció forse per questo lo ha ritenuto superfluo.
Siamo tutti italiani: l’illustre giornalista Sergio Romano, l’anonimo platense ed io, ma la pensiamo diversamente ed io sono convinto che, come me la pensano altri italiani di qui – almeno la maggioranza, certamente varie diecine di migliaia che giá votarono due anni fa – e la pensiamo cosí per una logica basata sul diritto e sul buon senso. Perché diritto e buon senso ci dicono che partecipare alle elezioni é non solo nostro diritto, ma anche nostro dovere.
Che é nostro diritto ce lo dice la Costituzione, la legge suprema della Repubblica Italiana, la quale in nessun articolo stabilisce differenze fra gli italiani residenti in Patria e italiani che invece risiedono all’estero e pertanto, non essendoci differenze, non puó esserci negato perchè siamo emigrati, il diritto di eleggere quelli che fanno le leggi, visto che tali leggi sono vigenti anche per noi residenti all’estero. So benissimo che alcuni anche illustri politici e pensatori, per molti anni hanno ritenuto che quella differenza quantunque non espressa, ci fosse e perciò per decenni, ci hanno negato il diritto al voto, a partecipare alle elezioni, a eleggere nostri rappresentanti che facessero ascoltare la nostra voce a Montecitorio e a Palazzo Madama, come quella degli italiani residenti nel BelPaese.
Finchè per iniziativa di vari onorevoli politici di destra e di sinistra, piú di tutti l’on Tremaglia, con ben quattro votazioni, due a Palazzo Madama e due a Montecitorio, giustizia é stata fatta, quella illegale interpretazione della Costituzione, che ci faceva italiani di seconda categoria e di diritti negati, é stata superata e il nostro diritto é stato riconosciuto, per cui due anni fa abbiamo potuto votare e il 13 e il 14 aprile potremo votare nuovamente, come gli altri italiani, come gli italiani che non sono emigrati.
É stato riconosciuto cosí il diritto, con buona pace dell’anonimo platense e dell’illustre giornalista politico!
Ma, caro Lettore, come affermo nel titolo di questa FINESTRA, per noi italiani residenti in Argentina, italiani perchè nati in Italia o italiani per le radici, italiani perché nati qui da cittadini italiani, votare non é solo un diritto, ma anche un preciso dovere e nel nostro interesse. Cerca di ricordare, caro Lettore, come venivi trattato, qui negli uffici diplomatici, consolari, culturali, economici dell’Italia e naturalmente, in quelli del Paese che ci ospita, cioé l’Argentina. Non trattati male, ma trattati come stranieri, cioé con ristrettezze e limitazioni di diritti. pensa a un esempio per tutti: C’erano e ci sono qui scuole per tutti, ove i tuoi figli possano imparare la nostra lingua, ricevere i valori della nostra cultura, conoscere la nostra storia, la nostra posizione geografica, il ruolo dell’Italia in campo internzionale, i Grandi, gli Eroi che hanno fatto l’Italia, che hanno ottenuto il Nobel o altri riconoscimenti, ecc.? C’erano, ci sono? E per questa mancanza non siamo autorizzati a dire che da Roma ci trattano come italiani di seconda categoria, di Serie B?
Siamo ancora autorizzati. Ma possiamo anche dire, se vogliamo osservare serenamente la situazione, la nostra situazione, che negli ultimi due anni qualcosa é cambiato in bene, in materia di servizi e di assistenza e questo cambiamneto é stato dovuto, puoi esserne certo, al fatto che al Senato e alla Camera ci sono adesso, dopo le prime elezioni alle quali abbiamo partecipato anche italiani della nostra comunitá, di questa comunitá italiana dell’Argentina, italiani emigrati residenti a Buenos aires e a Rosario, come in altre cittá dell’America latina, che, pur se non seguono l’attivitá politica italiana, pur se non hanno avuto una attivitá politica di anni, hanno potuto far sapere all’Italia una realtá (che evidentemente lo ignorava, lo ha ignorato per troppo tempo e che invece non deve essere ignorata) ma in Italia bisogna tenerne conto, come degli italiani di Roma o di Milano o di Palermo, nei limiti che ovviamente derivano dalle diverse situazioni. Perché tutti italiani.
Hai giá visto, dopo la prima elezione di due anni fa, che avere nostri senatori e deputati non é inutile; tutt’altro. É solo necessario che ne abbiamo coscienza, che cerchiamo tutti l’unione e non le beghe, che sappiamo scegliere fra i candidati e che i candidati dal canto loro sappiano interpretare le aspettative della comunitá. É possibile. e questo dipende da noi, non da Roma.

MARIO BASTI

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