COME GESTIRE LA MULTIETNICITA’

Negli ultimi anni vediamo emergere con sempre maggiore frequenza il problema della multietnicità e di come gestirla a livello socio-politico.
Si moltiplicano eventi che testimoniano la rinascita di sentimenti etnici ,come la radicalizzazione di movimenti autonomisti regionali, le rivendicazioni di gruppi che proclamano una loro identità, senza poter disporre di un territorio e l’emersione di fenomeni nazionali su basi puramente etniche, soprattutto dopo il disfacimento dell’impero sovietico.
Un discorso a parte merita l’espansione di movimenti autonomistici e federalisti nella nazioni già consolidate storicamente da secoli, dove in nome di una presunta identità locale inventata, si reclama un’indipendenza basata sul nulla. Infatti, fenomeni come la Lega Nord cavalcano un sentimento di malessere generale intriso di rivendicazioni prive di qualsiasi base storico politica.
Nelle società moderne impera la multietnicità, cioè la compresenza in uno stesso spazio di differenti gruppi etnici portatori di diversi patrimoni culturali. Una delle soluzioni politiche per sostenere la convivenza , potrebbe essere il multiculturalismo, grazie al suo orientamento finalizzato alla valorizzazione delle diversità.
E’ necessario trovare una regolamentazione di convivenza tra gruppi differenti nello stesso stato, senza imporre il punto di vista occidentale ad ogni costo, ma lasciando spazio alle diversità e riconoscendo loro la capacità di arricchire la convivenza nella società. Il noto saggista Schlesinger ha evidenziato il bisogno di valorizzare i contributi delle singole minoranze etniche per lo sviluppo economico degli Stati Uniti.
Il problema della gestione della multietnicità è stato acuito dalla globalizzazione che genera una crescita di interdipendenza a livello planetario, un’intensificazione delle relazioni sociali ed una compressione del mondo in un’unica società mondiale. Vediamo crescere l’ibridazione tra le culture fino a giungere ad una marmellata culturale, caratterizzata da una moltiplicazione di modelli che portano l’individuo a perdere la propria identità.
Oggi a causa della frammentazione sociale emerge una richiesta maggiore di soggettività e differenziazione. La perdita dei legami di appartenenza porta all’indebolimento del concetto di Stazo-Nazione e alla nascita di tensioni che agevolano la rinascita di localismi, razzismo e fondamentalismo religioso.
Nelle società patriarcali non veniva dato molto rilievo all’identità etnica , ma alla capacità dei singoli di assicurare tributi e lavoro. L’etnicità era gestita con l’incorporazione e la separazione nei ghetti .
Invece, nelle società moderne industriali, gli apparati politico amministrativi sono costretti a prestare un maggiore attenzione alle diverse identità culturali, allo scopo di realizzare un’armonia che tenga conto delle differenze.
E’ necessaria un’inclusione che non sia un accaparramento assimilatorio, né chiusura nei confronti delle diversità, ma come sostiene Habermas un’inclusione nell’altro, grazie all’apertura dei confini comunitari anche e soprattutto a coloro che sono reciprocamente estranei e tali vogliono continuare a rimanere. In sostanza, sarebbe importante giungere ad un universalismo che valorizzi le differenze, sino a giungere alla possibilità di secessione individuale dal proprio gruppo etnico.
E’ da criticare aspramente il monoculturalismo che rischia di provocare uno sradicamento sociale ed è ben rappresentato dallo zelota che insicuro della propria identità, si rifugia nella difesa della propria cultura . Solo chi è sicuro delle proprie radici e della propria identità, accetta lo scambio con un atteggiamento propositivo e solidale.
L’individuo va preso con tutta la sua zolla di appartenenza, solo così può essere ricostruita la sua storia e la sua reale dimensione etnica.

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