La Scuola e l’educazione del cuore

di Cristian Ribichesu

E…, e allora l’istruzione scolastica italiana non va e si decide d’iniziare l’articolo con una congiunzione, ricordando, come fa il personaggio William Forrester (Sean Connery), nel film Scoprendo Forrester, che una frase o un periodo possono essere iniziati con la coordinante “e” nel caso in cui si voglia dare vivacità al testo o si voglia creare un collegamento con quanto detto in precedenza. E in effetti è un collegamento che si vuole risaltare, quello fra i risultati pessimi riguardanti gli studenti italiani, alla fine del primo quadrimestre 2007/2008, evidenziati dagli articoli apparsi su “La Stampa” e “Il Messaggero”, e i dati e la situazione di fatto che oramai indicano la Scuola italiana agli ultimi posti della graduatoria europea, attraverso un percorso negativo che vede la sua origine lontana nel tempo.
Infatti, gli articoli apparsi su entrambi i giornali precedentemente citati, martedì 11 marzo 2008, considerando le valutazioni degli studenti italiani delle scuole medie superiori, evidenziano con il 70,3% del totale il dato riguardante gli alunni che riportano insufficienze in pagella, mediamente su quattro materie, alla fine del primo quadrimestre, e indicano la situazione riguardante l’istruzione come emergenza nazionale. Tra le materie in cui gli studenti riportano più lacune ci sono la matematica, l’italiano e le lingue straniere.
In realtà, differentemente da quanto scritto dallo stimato prof. Manlio Brigaglia sulla “Nuova” mercoledì 12 marzo 2008, che ha rivolto un messaggio positivo agli stessi alunni, incitandoli allo studio, la situazione effettiva è addirittura peggiore visto che spesso le valutazioni degli studenti vengono rilevate su target sempre inferiori e che inoltre esiste l’esigenza di aumentare il numero delle promozioni a livello nazionale, fin dai voti del primo quadrimestre.
In un altro articolo, poi, anch’esso apparso su “La Stampa”, ma mercoledì 12 marzo 2008, scritto da Andrea Bajani, l’autore, individuando un aspetto negativo della cattiva interpretazione e attuazione che è stata fatta dell’autonomia scolastica, scrive che “…la scuola è venuta giù erosa giorno per giorno da un’idea d’istruzione messa all’asta dal migliore offerente, percepita come un servizio da negoziare nel rapporto con studenti che da studenti son diventati clienti.”, mostrando in modo lucido l’esigenza delle scuole nel dover promuovere per il perseguimento di statistiche positive, attraverso un sistema conflittuale che crea difficoltà, per la conduzione d’un lavoro coscienzioso, sia agli insegnanti che agli stessi dirigenti scolastici.
Dagli articoli in questione inoltre emergono le parole del ministro della Pubblica istruzione, Fioroni, che ribadiscono l’impegno straordinario delle scuole e degli alunni per recuperare i debiti entro giugno, evidenziando la priorità assoluta del problema dell’istruzione. Però la soluzione al problema non è risolvibile con un lavoro straordinario della Scuola, che in realtà si riduce nell’impegno da parte di molti docenti nello svolgere corsi di recupero in orario extra-curricolare, oltre alle numerose ore non retribuite e dedicate agli studenti tra mattina e sera, al di là degli stessi orari curricolari e extracurricolari laboratoriali, con l’ausilio dei “soliti” docenti che cercano di riparare i guasti di una macchina che non va e che riporta difetti di fabbrica.
Sempre negli articoli citati venivano elencati alcuni problemi del sistema dell’Istruzione, quali il lassismo, con i numerosi casi di promozioni immeritate dal punto di vista della condotta e/o del raggiungimento delle conoscenze, competenze e abilità minime curricolari, e la scarsa considerazione sociale nei confronti degli insegnanti, riconducibile ad uno svilimento della Scuola, paragonata ad un grande asilo dove i giovani vengono posteggiati per anni, e anche al “problema stipendi” dei dipendenti statali italiani e alla considerazione che gli stesi insegnanti italiani, fra i loro colleghi europei, si posizionano ai livelli più bassi in merito alla retribuzione economica.
In effetti lo stato in cui versa la Scuola in Italia ha bisogno di modifiche importanti, strutturali, che prendano in considerazione alcuni punti quali: la diminuzione degli alunni per classe con l’aumento delle assunzioni nel corpo docente, migliorando la qualità dell’insegnamento nelle ore antimeridiane; la riduzione delle ore scolastiche di sessanta minuti nelle scuole secondarie di primo grado in ore curricolari di cinquanta minuti; l’aumento delle ore settimanali d’insegnamento per le materie letterarie, italiano, storia e geografia, e logico-matematiche, matematica e scienze; il ritorno ad una scuola meritocratica e l’esigenza di livelli culturali superiori; un sistema di controllo e di valutazione costante dei rendimenti degli alunni, e non sulla carta, attraverso un monitoraggio d’ispettori esterni e un sistema di valutazione del corpo docente con l’incentivazione del merito, sul modello del sistema anglosassone, e solo per citarne alcuni.
Le situazioni locali di alcune regioni italiane, poi, sono addirittura peggiori e sempre riprendendo le informazioni apparse sulla stampa italiana, in questo caso su “La Nuova, Nuova Sardegna” della settimana scorsa, si arriva a sapere che per il prossimo anno, fra i vari tagli nazionali per le assunzioni nel corpo docente, per la regione sarda, una di quelle regioni risultate peggiori in merito alle rilevazioni sui livelli dell’istruzione nel nostro Paese, ci saranno 900 posti in meno, con un conseguente aumento del numero degli alunni per classe e un deterioramento ulteriore della qualità dell’insegnamento. Evidentemente le richieste per una riforma dell’istruzione in alcuni casi risultano impellenti e, se le spese per una modifica globale del sistema superano le possibilità nazionali, forse si dovrebbero attuare alcune correzioni locali, riprendendo il pensiero espresso dal dott. Medde, segretario regionale della CISL, come la diminuzione degli alunni per classe e l’aumento dei docenti, proprio in quelle regioni che ne hanno più bisogno.
Una volta la cultura classica della penisola italiana, oltre alle bellezze artistiche e architettoniche, attraeva i giovani aristocratici e borghesi e gli studenti stranieri in generale, tra il 15° e il 16° secolo, verso le università italiane e le corti della penisola, diventando una moda ricorrente nel 17° secolo per tutti quelli che volevano completare la propria formazione culturale attraverso quella che era la tappa principale del “Grand tour” tra i paesi europei . Oggi sono gli studenti italiani, quelli che arrivano ai livelli superiori del sistema della cultura, che vanno in Europa o all’estero per perfezionare i propri studi, indicando un’inversione di tendenza. Sempre oggi, poi, si può registrare un afflusso maggiore di turisti a Barcellona rispetto a Roma, indicando un’altra inversione di tendenza. E ancora oggi, inoltre, non si può più parlare delle eccellenze del sistema scolastico italiano, per fare da contraltare a una media degradante con livelli d’istruzione bassi, dato che queste eccellenze stanno diminuendo nel tempo e le poche che rimangono decidono di “fuggire” all’estero. Evidentemente non si può vivere del passato e altri paesi hanno insegnato che non occorre essere appartenenti alla romània linguistica per essere grandi studiosi delle opere classiche, che pur non avendo vissuto il medioevo europeo il gotico si può reinventare e che le eccellenze straniere possono essere “acquistate” con condizioni di lavoro migliori.
Se non migliorerà questo quadro sconcertante rimarranno domande come: Cosa succederà nel nostro sistema politico quando la Scuola non produrrà personaggi di levatura culturale e politica capaci di risollevare le sorti del nostro paese? Cosa succederà del nostro Paese quando non ci sarà una generazione educata all’amore per la cultura e alla valorizzazione per il nostro patrimonio culturale nazionale? Cosa succederà se non ci sarà il dovuto rispetto per il lavoro degli insegnanti e se la Scuola non riuscirà a formare gli alunni, anche dando quell’educazione del cuore di cui ha parlato il nostro Benigni quando quest’ inverno ha spiegato il quinto canto dell’Inferno di Dante?

da www.italoeuropeo.it

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