Uranio, un’altra vittima ed un Nobel sfumato

di Sara Dellabella

Dieci giorni, all’età di 43 anni si spegneva il Prof. Fabio Siniscalco, ricercatore e candidato al prestigioso premio Nobel per la pace 2008, premio che non ritirerà mai. L’ufficiale avveva prestato servizio nei Balcani tra il 1995 ed il 1997 come addetto stampa, continuando le sue ricerche archeologiche nelle zone di guerra, un lavoro che fin dai suoi esordi gli avevano guadagnato la fama tra le personalità della scienza e del mondo accademico. Alla scoperta della malattia, Maniscalco denunciò lo stato di salute dei militari in missione all’estero attraverso una intervista rilasciata a Striscia la notizia insieme a Dario Fo e Domenico Leggiero. Attualmente sono stati riconosciuti 163 casi di decesso per esposizione all’uranio impoverito, 2540 i casi accertati.

Fabio Maniscalco è morto per un endocarcinoma al pancreas. La Dottoressa Gatti, da anni si occupa di analizzare i tessuti dei soldati ammalati, in questo caso con l’ufficiale ebbe solo un contatto telefonico, durante il quale le venne fatta richiesta di analizzare un pezzo di tessuto asportato. In una lettera la dottoressa spiega con estrema semplicità gli effetti delle bombe moderne “hanno due effetti: uno immediato (il soldato o il civile viene colpito direttamente, quindi è ferito o muore) ed uno è ritardato. Gli effetti delle esplosioni, le polveri rimangono anche dopo le firme dei trattati di pace”. Le analisi sui tessuti di Maniscalco hanno portato alla luce metalli pesanti e polveri d’oro legate ad altri metalli. L’ipotesi più accreditata è che una bomba abbia colpito un museo generando una combustione incontrollata con i metalli presenti nello stesso. Una parte del lavoro di ricerca dell’Ufficiale per una sorte amara e beffarda ha finito per contaminarlo. L’amore per l’archeologia ha finito per legarsi alla sua fine, rendendolo agli occhi di molti un eroe romantico dei nostri tempi.

La senatrice Franca Rame ha sottolineato in un tono rammaricato che la notizia di questa scomparsa è stata cestinata, “non l’ha ucciso un proiettile, ma le micropolveri di uranio. Le vittime dell’uranio hanno una colpa in più, quella di essere scomode alle istituzioni: vengono abbandonati da vivi e dimenticati da morti”. Proprio martedì si è chiuso il lavoro della commissione monocamerale di inchiesta sugli effetti dell’uranio. La chiusura anticipata della legislatura non ha permesso di approfondire l’indagine su quei punti che la commissione aveva individuato per cercare un po’ di luce in questa vicenda.

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