Procedimento giudiziario "Sud Ribelle": danni di immagine, tra essere ed apparire.

di Domenico Bilotti

Così lo Stato Italiano chiede i danni di immagine ai tredici imputati del procedimento “Sud Ribelle”. La decisione è controversa, la giurisprudenza nell’ultimo decennio ha mirato ad allargare le classi dei legittimati attivi a richiedere il risarcimento per il fatto penale, ma ha limitato dal punto di vista oggettivo sia il quantum delle richieste sia l’ammissibilità processuale delle stesse. Insomma, la speranza, che muove comunque da argomenti di stretto diritto, tecnico-giuridici, non politici, ideologici e personali, è che i cinque milioni di euro chiesti agli imputati del procedimento si rivelino l’ennesima boutade di un diritto processuale che viene spesso visto da angolazioni volutamente opinabili e partigiane. Ma il fatto è grave in sé: lo Stato Italiano dovrebbe chiedere i danni agli imputati o a se stesso? Amnesty International, che peraltro chi scrive ritiene un organismo internazionale e concentrato sui diritti umani come anche altri e non una Bibbia rivelata, ha però avuto dure prese di posizione contro i fatti di Genova: una violazione dei diritti umani, descritta dagli estensori del documento di Amnesty, che non ha precedenti concreti nella storia occidentale del dopoguerra. E questo è un grosso danno di immagine.
Grossi danni di immagine lo Stato se li produce annualmente con le infrazioni comunitarie. La legge unica comunitaria non funziona, perché ha tamponato i danni delle violazioni più evidenti, ma non ha risolto il problema, finito imbrigliato, guarda caso, in quelle procedure dei regolamenti parlamentari che tutti a parole vogliono riformare e tutti nei concreti fatti usano per la proliferazione dei gruppi e dei movimenti e dei partiti, all’oggi tutti diversi o quasi, nel nome e nel numero, rispetto alla prospettazione elettorale del 2006. È allarmante che in questo contesto, che ha delle falle oggettive, se guardiamo anche alla questione mai risolta degli otto seggi senatoriali assegnati sulla base di un’interpretazione della legge elettorale suggerita ex post da un atto esecutivo e non, come al limite sarebbe stato d’uopo, da una norma ordinaria di interpretazione autentica, lo Stato richieda danni d’immagine a terzi per inefficienze che, volenti o nolenti, sono state sue proprie. È in più da chiedersi quale sia la destinazione dell’atto “costituzione di parte civile” nel moderno ordinamento democratico.
Questo atto giudiziario tipico ha una peculiare utilità sociale specialmente nei processi per mafia: in quel caso la pretesa risarcitoria dello Stato, oltre a un ben più stringente gancio giuridico, svolge anche l’indiscusso ruolo di orientamento di politica criminale, volto ad aggravare, nell’ordinamento, la posizione dei reati associativi mafiosi. Cui prodest, invece, nel sistema, già spesso sottoposto a censure di stampo costituzionale, dei reati “ideologici”, reati in cui il crimen è costituito dal crimen dell’ideologia?

Domenico Bilotti
Comitato Politico dei Radicali di Sinistra
Coordinatore Regione Calabria

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