D’Alema non ha più nulla da dire al paese

Il ministro degli Esteri dei prossimi 50 giorni è un uomo inacidito dal tempo e svuotato di ogni energia dalla fine del comunismo, l’unico orizzonte ideologico che gli era familiare. Si spiega soltanto in questo modo il linguaggio sprezzante da lui usato contro il leader dell’Udc e contro il Pdl. Le espressioni di D’Alema, largamente e riccamente riprese dalle agenzie, non offendono però né Casini né il Popolo delle libertà.
Sono semmai un campanello d’allarme per Veltroni perché segnalano che se il comunismo è finito in larga parte in soffitta, i suoi veleni circolano ancora liberamente e si incarnano in personaggi come Massimo D’Alema, maestro di lusinghe e di minacce, di doppiezza e di intrighi, un sopravvissuto di una stagione che gli italiani si sono messa alle spalle. Quando il ministro degli Esteri si chiuderà alle spalle le porte della Farnesina non lascerà molti rimpianti, tranne forse che nei capi terroristi di Hamas. D’Alema non ha più nulla da dire al Paese

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