Il "guevarismo" di Veltroni

di Vittoro Lussana

La nascita del Partito democratico mi aveva già posto un dubbio: io non ero e non sono mai stato pregiudizialmente contrario al progetto in sé. Tuttavia, ho sempre mantenuto la forte impressione che rappresentasse un’operazione per certi versi ambigua e contraddittoria. E’ un po’ come se un amico ti proponesse di lanciarti insieme a lui da un viadotto legato solamente ad una fune elasticizzata, uno degli sport estremi ultimamente più in voga: da liberale, non sono per nulla contrario al fatto che qualcuno voglia fare una cosa del genere, ma per quale diavolo di motivo dovrei farla anch’io? Ed è proprio questo che ormai comincia letteralmente a lasciarmi ‘di stucco’ dell’estremismo autolesionista di Veltroni. La nascita del Pd ha già costretto tutto il centrosinistra a pagare un prezzo salatissimo: la caduta del governo Prodi. Non contento, ora il suo leader pretenderebbe anche di riuscire a convincere gli italiani, il popolo elettoralmente meno ‘dinamico’ della Terra, a votare un Pd in competizione solitaria contro tutto il centrodestra schierato in massa, perché solamente così si può riuscire a ‘scuotere’ tutto il sistema politico preso nel suo complesso. Tanto di cappello al coraggio di Veltroni, per carità. Tuttavia, ci sono degli elementi empirici da tenere in forte considerazione, fattori che non sono affatto da sottostimare. Questi elementi sono sostanzialmente tre: a) il Pd non è propriamente una nuova formazione politica: esso nasce da una fusione tra popolari e postcomunisti che, sostanzialmente, riproduce il vecchio schema ‘berlingueriano’ del compromesso storico. E già tanto basta – e basterà – ad impedirgli ogni possibilità di incidere all’interno del bacino elettorale moderato, nel quale Forza Italia continuerà a farla da padrona anche a ‘dispetto’ delle nuove ‘Rose bianche’ che si intravedono all’orizzonte; b) il Pd si dimostra ambiguo, se non confuso, sui temi laici, sottovalutando la portata qualitativa che determinate formazioni, benché minoritarie, comunque mantengono sul terreno più propriamente sociale della competizione elettorale; c) egli abbandona alla confluenza tra liberalismo economico e progressismo laico radicali e socialisti, nella presunzione di poterli inchiodare al dilemma tra l’entrare a far parte del Pd per rinforzare l’ala laica di questa formazione, oppure di continuare a farsi ‘schiacciare’ dall’accusa di laicismo ideologico. Da queste tre premesse, discendono altre quattro considerazioni politicamente e praticamente negative per il Pd, che testimoniano ampiamente i gravi errori di valutazione che si stanno per commettere o che si sono già commessi: 1) la nascita del Pd, benché sia un’operazione politica plausibile ed anche comprensibile nelle sue finalità, cioè quella di trovare una via di uscita rispetto ad un bipolarismo forzoso ed iniquo, non è compatibile, sul fronte della competizione elettorale, con il modello di consultazione attualmente vigente. Ed è totalmente inutile, ora, che si cerchi di ‘spacciare’ come una colpa di Berlusconi il fatto di non aver voluto procedere alla formazione di un governo istituzionale per riformare la legge elettorale: si tratta, purtroppo, di un errore strategico bello e buono del Pd, uno sbaglio che si sarebbe potuto evitare puntando le proprie carte su di un semplice modello elettorale tedesco con sbarramento non troppo elevato; 2) il voler sostanzialmente lasciare al ‘palo’ le formazioni laiche della Rosa nel pugno e del Partito socialista, indirizza il Pd verso un versante programmatico cattolico-democratico. Ciò, però, non lo vaccina affatto dai rischi di dover subire futuri ‘ricatti confessionalisti’, ritorsioni che da decenni, ormai, protendono i propri tentacoli al fine di dividere il fronte laico ed evitare nuove sorprese quali furono, a suo tempo, l’approvazione della legge sul divorzio e la normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza. Ciò è perfino confermato dal fatto che, sul quel preciso versante politico-culturale, già da tempo possiamo incontrare, mescolati agli altri, analisti ed esponenti politici provenienti dai più svariati fronti del clerico-fascismo o ispirati alle più singolari ‘torsioni’ autoritarie e conservatrici del liberalismo; 3) voler lasciare unicamente a radicali e socialisti la questione dei temi etici quali il testamento biologico, la regolamentazione normativa delle coppie di fatto, la difesa e lo sviluppo della ricerca scientifica, l’elaborazione di una nuova moralità pubblica affrancata dai pericoli di nuove forme di discriminazione sociale, oltre a far perdere al Pd ogni connotazione autenticamente riformista in seno alla società, genera e legittima un nuovo interlocutore alla sua sinistra che potrà anche avvantaggiarsi dalla sua nuova funzione di ‘stimolazione culturale’, fornendogli una ‘colorazione’ che non corrisponderà affatto al cosiddetto laicismo ideologico, bensì a quella di una forza depositaria di una nuova cultura della sinistra libertaria già da tempo liberatasi da ogni genere di schematismo ideologico e che, dunque, potrà porsi come nuovo punto di riferimento politico sul fronte delle culture progressite del Paese; 4) infine, ultimo elemento da non sottostimare sotto un profilo puramente tattico, Veltroni, nel suo volersi ostinare a correre da solo alle elezioni politiche generali, rischia di apparire moderato senza esserlo nei fatti, poiché credere di poter raggiungere un peso specifico importante sulla base di un consenso meramente di opinione, nonché dettato da pur evidenti esigenze di un vero rinnovamento del sistema politico italiano, finisce col lasciare sul fondo quell’impressione di ‘guevarismo politico’ che lo sta portando, sostanzialmente, a chiedere all’elettorato di essere talmente realista da permettergli di ottenere l’impossibile. Caratteristica che non evidenzia affatto un genere di eroismo in grado di rendere il Pd immune da ogni futura paralisi interna dettata dalle differenti visioni che, prima o poi, si scontreranno in questa formazione politica, bensì rappresenta una sostanziale abdicazione nei confronti di ogni forma di razionalità, poiché anche in caso di un clamoroso successo, per poter gestire al meglio i diversi problemi che il Pd si troverà di fronte, esso dovrà per forza far ricorso ad una strutturazione partitica ‘verticistica’ che lo farà sempre più assomigliare al partito guidato da Silvio Berlusconi. Questione finale: gli italiani sono in grado di comprendere tale analisi? In questo caso, credo proprio sì. E sarà per questo motivo che sceglieranno, ancora una volta, il centrodestra, caro Veltroni: ‘Peppa’ per ‘Peppa’, gli italiani si terranno la loro ‘Peppa’…(Laici.it)

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