di Oscar bartoli
Negli Stati Uniti aumentano i casi di malasanità che vanno ad alimentare i portafogli degli avvocati specializzati nelle cause contro medici e ospedali. I medici a loro volta vedono incrementare ogni anno i premi assicurativi che devono pagare per proteggersi da malati veri o immaginari. Nonostante ci siano, almeno sulla carta, i diritti dei pazienti. Tra questi quello di essere informati sul chirurgo che deve operarci, ponendogli dirette domande personali. Per esempio: “Lei esegue questa operazione regolarmente e con quali risultati? Lei ha una certificazione ufficiale della specialità chirurgica nella quale opera? Per caso lei ha qualche problema di salute che può interferire con la sua capacità di condurre questa operazione? Qual è la sua percentuale di successo nel praticare questa operazione e eventuali complicazioni successive?” Dopo l’operazione il malato può e deve chiedere al medico: “È successo qualcosa di inatteso durante l’intervento? C’è qualche cambiamento nel piano postoperatorio? È accaduto qualcosa durante l’operazione che potrebbe complicare il recupero?” Ma la realtà è, come ammette il Wall Street Journal, che molti medici non vogliono dare risposte e molti pazienti si vergognano di fare domande.