Florida, tomba elettorale di Giuliani

UNA FINESTRA SUL PIANETA AMERICA
I SOGNI DEI POLITICI MUOIONO ALL’ALBA

HOUSTON, Texas – Il preludio alla tragica conclusione dei sogni elettorali di Giuliani era stato fuorviantemente incoraggiante. Gli altri due colleghi di cordata: McCain, che poi doveva vincere, e Romney, che doveva classificarsi secondo, si erano insultati e quasi fatti metaforicamente a pezzi davanti al loro elettorato, tanto dal vivo che in televisione, al punto che il sindaco della Grande Mela aveva sperato fino all’ultimo momento che anche per lui fosse valida la saggezza proverbiale del “fra i due litiganti, il terzo gode.” Alla fine della tornata di consultazioni repubblicane per la scelta del candidato alle primarie di queste presidenziali ricche di colpi di scena Rudy, pero’, ha avuto ben poco di che godere ed, anzi, ha dovuto gettare la spugna e schierarsi al lato del vincitore McCain. Un grande errore di calcolo. Giuliani aveva puntato tutto fin dall’inizio su quello stato grande, ricco ed importante che aveva portato all’elezione di Bush e per farlo aveva snobbato addirittura i primi confronti dell’Iowa e del New Hampshire dove invece gli altri due colleghi avevano cominciato a darsi battaglia ed, in ogni caso, a proporsi all’attenzione dell’elettorato repubblicano. L’ex sindaco di New York enunciò subito la sua teoria in base alla quale il vincitore della Florida avrebbe poi vinto le primarie democratiche ed alla fine la poltrona di Washington. Lo stato dei pensionati facoltosi, con una notevole densità d’Italoamericani, della forte comunità ispanico-cubana, delle basi militari e dei veterani delle forze armate gli ha detto invece no ed i suoi calcoli, in ultima analisi, si sono rivelati del tutto sbagliati. Giuliani ha raccolto solo l’undici percento delle preferenze finendo terzo dietro a Romney col trentatré ed a McCain col quarantasei. Una fine ingloriosa e certamente sconcertante se si considera che la “brutta figura” era stata già preconizzata da tempo da alcuni analisti ai quali il supersindaco non ha dato evidentemente retta. A questo punto, mentre nelle sue file, gli altri candidati rimasti in gara affilano i coltelli per i prossimi scontri rimane da considerare solo quanto sentito negli ambienti di Washington e che s’e’ rivelato poi vero: non è detto che il buon sindaco di una grande metropoli possa essere anche un buon presidente. I presidenti americani sono i comandanti in capo del nostro paese, hanno da prendere decisioni dalle quali dipende il futuro tanto degli Stati Uniti che dell’umanità’ ed è probabile che per gli Americani avere al timone un capitano che non sappia fare bene i calcoli non sia esattamente la cosa più tranquillizzante di questo mondo.

Direttore di
INFO USA MAGAZINE

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