Zubin Mehta: il maggio musicale fiorentino a Francoforte

di Anna Maria Micheli Kiel

“Questa è una professione un po’ mistica. Un direttore è anche padre confessore, deve avere una conoscenza analitica della partitura ma deve essere anche molto pratico”. Il Corriere incontra Zubin Mehta, in tournée a Francoforte
Il 12 novembre è arrivata all’Alte Oper di Francoforte l’Orchestra di Firenze. Ad accompagnarla c’era il loro maestro, Zubin Mehta, che dirige l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino dal 1985, di cui è direttore principale e, dal 2006 direttore onorario a vita. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino ha sede presso il Teatro Comunale di Firenze che annualmente organizza il Maggio Musicale, il più antico e prestigioso festival europeo di musica classica fondato nel 1933.
Non è stato facile ottenere il permesso per poter intervistare Zubin Mehta. Ci siamo riusciti dopo una serie di contatti che l’Alte Oper ha avuto con Vienna e Firenze. È stata una simpatica esperienza entrare all’Alte Oper dalla porta riservata agli artisti.
Dietro le quinte si possono vedere i musicisti impegnati nei preparativi per il concerto. Zubin Mehta lo incontriamo nel suo camerino, intento a leggere il programma della serata dove “regolarmente trovo degli errori”, accenna sorridendo.
Ricordiamo che Mehta è nato in India, a Bombay, nel 1936. Da piccolo a Bombay frequentò i primi anni di scuola presso i gesuiti. All’età di sette anni ricevette le prime lezioni di violino e pianoforte, avviato alla musica da suo padre Mehli Mehta, virtuoso del violino.
“Ascoltavo la musica a casa mia prima che cominciassi a parlare. La musica è stata la mia prima lingua” -dice il maestro. Ha studiato diversi strumenti alla Wiener Musikakademie e, sempre a Vienna, sotto la guida di Hans Swarowsky, ha studiato per diventare direttore d’orchestra.

Com’è oggi la situazione musicale in india, per quanto riguarda la musica europea?

Oggi c’è un’orchestra a Bombay di qualità media. C’è sempre pubblico che assiste ai concerti. È una città di 14 milioni di abitanti e di questi ce ne sono circa 5 mila che apprezzano la musica europea.
Quando andiamo in tournée il teatro è pieno. L’anno prossimo tornerò a Bombay con la Israel Philharmonie per raccogliere fondi per costruire una scuola di musica occidentale dedicata a mio padre.
Lei dirige tante orchestre…
Io non dirigo tante orchestre. Io dirigo le mie orchestre, quella d’Israele e di Firenze. A Vienna ci vado come direttore ospite e adesso sono coinvolto in un progetto importante a Valencia dove facciamo “L’anello” di Wagner che porterò anche a Firenze.

Cosa si fa in Italia per attirare l’attenzione dei ragazzi nei confronti della musica classica?

Non abbastanza. Ma difficilmente i ragazzi si interessano di musica classica. La gente che viene oggi ai concerti, da ragazzi non apprezzavano questo genere musicale. È un’evoluzione.
Dopo i 40-45 anni la gente comincia ad amare la musica classica. La musica barocca piace ai giovani, come quella di Mahler. La musica di Brahms, il mio compositore preferito, per esempio non piace ai giovani ed io non capisco perché.

Com’è la situazione musicale italiana?

Ci sono musicisti di grande talento. Ma ci sono dei problemi dovuti ad uno scarso interesse da parte delle istituzioni nei confronti di questo genere musicale.
Soprattutto da parte di una città come Firenze dove l’opera è nata. La prima opera di Monteverdi è stata scritta a Firenze. Adesso in Italia ci sono le Fondazioni ma non vengono agevolate dal Governo. Fortunatamente alcuni privati finanziano la nostra attività, come la Cassa di Risparmio di Firenze e il Monte dei Paschi di Siena.
Come si fa a diventare direttore d’orchestra è necessaria un’ottima conoscenza di tutti gli strumenti?
Dobbiamo conoscere molto bene ogni strumento. Io ho suonato il pianoforte, il violino, il contrabbasso e anche un po’ di percussioni quando studiavo a Vienna.
Come dirigente devo conoscere tutte le possibilità che per esempio ha un trombone e soprattutto dobbiamo conoscere gli archi che sono la maggioranza.

Esistono molti direttori però pochi vengono chiamati a dirigere, come lei, orchestre rinomate. Dipende anche dalla fortuna?

Questa è una professione un po’mistica. Un direttore, in un certo senso è anche padre confessore, deve avere una conoscenza analitica della partitura ma deve essere anche molto pratico perché abbiamo solo 4 prove per preparare un concerto.
In queste quattro prove dobbiamo risolvere problemi che sorgono ogni tre o quattro minuti. Se tu non risolvi subito il problema l’orchestra diventa un’anarchia. Facciamo l’esempio dei violini. Ci sono 16 violini che suonano la stessa parte e tutti devono suonare alla stessa maniera, questo lo decide il direttore o la spalla o tutti e due insieme.

Con quale orchestra si trova meglio?

Con le mie. Dirigere un’orchestra è una scelta di comunicazione. Io comunico con i fiorentini e con gli israeliani che mi conoscono da più di 20 anni. Loro conoscono ogni mio gesto, ogni intensità dell’occhiata.
Uno dei pezzi che suoniamo oggi, la sesta sinfonia di Tschaikowsky, l’abbiamo suonato già due anni fa e lo conosciamo bene. L’abbiamo suonato prima della tournée. Così si costruisce un repertorio per l’orchestra.

Le piace vivere a Firenze?

Sì, molto. Mi piace l’Italia. Il mio primo contatto con l’Italia è stato con l’Accademia Chigiana, a Siena. Ci sono stato due anni e da allora la Toscana l’ho sentita molto vicina.
Che cosa le piace di più degli italiani?
La natura italiana e la mia natura vanno molto bene insieme. Siamo seri e vediamo le cose anche con un po’di buon umore. Ci vuole, è una natura positiva.

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