Se ne è andata Patricia Verdugo, scrittrice e giornalista che fino all’ultimo giorno non ha smesso di scavare nelle cantine di Pinochet. Minuscola, luminosa, grandi occhi che non si staccavano dagli occhi coi quali stava parlando. Ha sempre guardato la realtà con la determinazione di chi vuol capire perché il suo Cile continua a nascondere i delitti organizzati dalla società considerata perbene: militari fedeli alla patria, imprenditori di talento, banche e giornali. Non si rassegnava al silenzio dei segreti di stato che ancora annebbiano la convivenza cilena. Era ancora ragazza e una sera il padre non è tornato nella casa di Calle Bucarest 187, villa con giardino perché l’ingegner Verdugo dirigeva un ente di stato ma per salvare il posto non pensava fosse necessario svolazzare attorno ai protagonisti del colpo di stato contro Allende. Taceva e il silenzio lo ha condannato. Da quel giorno Patricia scrive un diario che col ritorno della democrazia diventa un libro – < Bucarest 187 >, pubblicato trent’anni dopo anche in Italia da Baldini Castoldi Dalai. Comincia dalla ricerca del padre: vuol capire chi lo tiene prigioniero. Un militare amico scuote la testa dopo aver calcolato le ore della sparizione: < troppo tardi, l’hanno ucciso >. Allora Patricia fa il giro di obitori, ospedali, discariche clandestine alla ricerca del corpo. Da quel momento la sua vita cambia. Resta segnata dai ricordi, dalla malinconia ma anche dalla rabbia di chi non si rassegna: vuol sapere chi e perché ha inventato il mostro. Trent’anni di inchieste e libri. Fino all’ultimo giorno non si è arresa. Dall’ospedale scriveva agli amici: nel coma farmacologico ripasso come un sogno la mia vita.
Scavava da quando il superpotere militare puniva ogni curiosità. Ha superrato muri che sembravano imperforabili: militari dall’anima nera, ma non solo. Il silenzio degli incolpevoli coinvolgono ambienti che vogliono dimenticare. Pericoloso sfidarli. Ancora politici, ancora banche, ancora giornali e Tv. Vogliono cancellare la memoria per far crescere al buio le nuove generazioni e una intellettuale che non smette di ricordare e vuol sapere imbarazza i protagonisti della < pacificazione >. Meglio lasciar perdere, perché insistere ? Consiglio di giornalisti immacolati che le vogliono bene ma che non vogliono grane. Invece Patricia insiste. < Los zarpazos del puma > gli artigli del puma > ( in Italia Sperling e Kupfer ) documenta il primo massacro organizzato da Pinochet e dai suoi generali. Elicotteri Puma salgono al nord: imprigionano, fucilano e nascondono i corpi nelle miniere abbandonate. Il terrore è l’arma consigliata dagli esperti di Washington. Libri che vincono award negli Stati Uniti, i giornalisti di Washington ne festeggiano le conferenze, il giudice Garzon le chiede di portare a Madrid i documenti che ingabbiano a Londra Pinochet, ma nella Santiago della democrazia il suo nome resta tabù. Nessun giornale ne accetta articoli, nessuna Tv la intervista anche se < Gli artigli del puma > e < Bucarest 187 > vendono a Santiago più di centomila copie come mai era successo ad uno scrittore cileno. Il giudice Jaime Guzman, incaricato di processare il Pinochet tornato in libertà dall’Inghilterra, vuole interrogarla. E i carabinieri un mattino scuotono la sua porta con un foglio in mano. Patricia rivive le vecchie paure anche se sa che Guzman è un borghese tranquillo, madre pianista, padre pittore e amico < non politico > di Neruda, eppure ha avuto il coraggio di rompere il silenzio della casta per rinviare a giudizio l’orribile padre della patria superprotetto dalle consorterie. Quel mattino Patricia segue i carabinieri con un’ angoscia < irrazionale ma che ogni volta risale dal passato. Mi accompagnerà fino alla morte >.
E’ venuta in Italia tante volte per raccontare le storie nascoste che non smetteva di portare alla luce. Ascoltandola, i lettori se ne innamoravano. Il successo della Fiera di Torino, le piazze dell’Emilia, gli incontri di Roma e Milano. Chiara, appassionata, indignata. < Posso scrivere solo libri, il resto mi è proibito, ma non voglio smettere di documentare la disperazione di un passato che non muore nel presente. Per far sapere ai figli cosa è successo ai padri >. Le sue testimonianze sono apparse sull’Unità alla quale non ha smesso di collaborare: l’ultimo articolo, sei mesi fa: < Sto per compiere 60 anni, voglio dire ancora qualcosa >.(Arcoiris)