Il governo Prodi non ottiene la fiducia e lascia. Per noi che si siamo occupati e ci occupiamo di italiani e di eletti all’estero, l’attenzione si concentra, sull’assenza del Senatore Pallaro. Già, per colpa del Senatore Pallaro, chi scrive, ha giocato, scommesso e perso tutto. Sino all’ultimo momento, ho giurato che Luigi Pallaro sarebbe arrivato cinque minuti prima delle venti a votare la fiducia al governo Prodi. Mentre tutti mi davano dell’illuso “è sdraiato al sole in questo momento fessacchiotto” mi dicevano! Ho scommesso sicuro di vincere. L’aveva detto. L’aveva sempre detto dal primo momento in cui un microfono ha raccolto le sue dichiarazioni. Non presentandosi al Senato, accampando un impegno istituzionale di portata addirittura più ampia della fiducia al governo, è venuto meno proprio nel suo punto di forza. Ho scommesso con l’on. Ricardo Merlo, con il Senatore Claudio Micheloni, con l’on. Giuseppe Angeli, con il Senatore Pollastri ed il Senatore Randazzo, che Pallaro sarebbe entrato al Senato in tempo utile per votare. Pallaro non è venuto ed ho perso la scommessa. E con quella un po’ di amor proprio.
Ho scritto di Pallaro quando di lui si delineava un quadro, a mio parere, sbagliato. L’ho difeso a spada tratta inimicandomi molti colleghi della stampa nazionale ed internazionale. La mia prima intervista a Pallaro, sembrò rimettere le cose a posto. L’uomo mi sembrò disinteressato e sincero. Scoprii parecchie inesattezze sul suo conto e le misi in luce con obiettività e buona fede.
Ma la cosa che tengo qui a sottolineare è la pedissequa ripetizione di un assunto che, per Pallaro, rappresentava una imprescindibile condizione politica di rispetto e d’onore: votare sempre la fiducia al governo. L’ha detto e ripetuto in tutte le salse. Immaginarsi che, dal primo momento, dal suo esordio in Senato, i giornalisti non facevano altro che chiedergli se avesse negato la fiducia al governo facendolo cadere. La risposta era sempre la stessa anche nella ripetizione delle parole, le stesse parole: “non sono venuto a Roma per far cadere il governo, qualsiasi governo sarebbe stato”. Certo, ha fatto bene il Senatore Pallaro a non venire in questa circostanza perché, con il segno di poi, si è visto che la sua presenza non sarebbe stata determinante alla vita del governo. Si è risparmiata la fatica di un viaggio. Per quanto mi riguarda, la delusione è stata grande perché, illuso ed “antico” sento di dare importanza fondamentale alla parola data ed all’onore spiccato ingrediente di spessore e di qualità dell’essere uomini.
Non sono sicuro di non essere frainteso. La questione che pongo, non si impernia affatto nel dispiacere o in un comportamento lesivo per il governo uscente che pur era già morto. Ci mancherebbe! Mi riferisco alla dignità che, per quanto mi riguarda, è una roccaforte costruita dai miei genitori e che mi sento di presidiare ad ogni costo.
Ho scommesso sino a quando il segretario d’aula di turno ha detto: “Pallaro, assente”. Mi sono sentito tradito. La mia fiducia incondizionata riposta nel Senatore è stata tradita. “Chi è assente ha sempre torto” recita il detto. Si creda alla buona fede e all’ingenuità di chi scrive e si apprezzi la delusione umana che è stata provocata non per colpa sua. Eppure, l’entrata di Pallaro in Senato alle venti di oggi, ne avrebbe fatto un Re, un protagonista assoluto, un uomo di parola tutto di un pezzo.
Non riesco ad immaginare come giustificherà Pallaro questo gesto con la comunità dei nostri concittadini in America Latina. Un fatto è certo, personalmente, ho imparato la lezione.