Signor Presidente, Ministro, onorevoli colleghe e colleghi, per come si è svolto il dibattito da ambo le parti, mi sembra che concordiamo tutti sul fatto che occorre cominciare a separare l'esame del disegno di legge comunitaria da quello della relazione annuale dell'anno precedente. Fino ad oggi, invece, tutti e due sono stati esaminati congiuntamente.
Mi rallegro di vedere da parte del Governo, in particolare da parte del Ministro Bonino, che vi è la ferma volontà di procedere in tale direzione per approdare, eventualmente, ad una sessione comunitaria in Assemblea, concetto ribadito da tutti i colleghi ma soprattutto dalla relatrice, la presidente Bimbi.
È anche vero che oggi stiamo vivendo una situazione surreale, non so se più kafkiana o più fantozziana. Oggi, 14 gennaio 2008, mentre i Parlamenti degli altri ventisei Paesi stanno discutendo il programma dei loro Governi per il 2008 noi stiamo invece discutendo il programma del 2007, anno che è passato, «morto e sepolto».
Mi riallaccio così a quanto sostenuto dal collega PiLi che ha attribuito tale vicenda al Governo Prodi, che sarebbe assolutamente impotente e in balia dell'Europa. Come affermato dal collega Gozi, non è così. Se siamo in ritardo è perché questo Parlamento ha delle regole, dei Regolamenti e delle procedure antiche, antiquate e anacronistiche, non solo in ordine alla legge comunitaria ma anche in altri settori e pertanto servono delle riforme urgenti.
Il collega Pili, che mi sembra più appartenente al gruppo degli euroscettici di Jens Peter Bonde nel Parlamento europeo che al Partito popolare europeo, ha giustamente evidenziato la necessità di tutelare la sovranità nazionale. Ma forse non se n'è accorto che con il Trattato di Lisbona, i Parlamenti nazionali avranno più potere? Si tratta di un passo in avanti. Forse non è tutto quello che vorremmo, ma andiamo avanti.
È giusto che sia tutelata la sovranità nazionale, però quando dobbiamo affrontare dei problemi a livello nazionale, onorevole, l'Italia non deve dividersi in venti regioni e in cento province! Quando vi è un problema nazionale, non può essere che qualche regione o qualche provincia si considerino estranee alle questioni trattate. Chi risolve i problemi? Dobbiamo necessariamente tornare all'Europa per risolvere qualcosa ed esportare i nostri problemi all'estero? Questo non è possibile!
Un altro punto su cui si è concentrata la mia attenzione si riferisce a quanto evidenziato sempre dal collega, che ha criticato il Ministro Pecoraro Scanio, il quale sotto l'imposizione dell'Europa e quasi con la pistola puntata alla testa, istituirebbe le zone ZPS, i siti di importanza comunitaria e altro ancora. Cosa c'è di male in ciò? Noi tuteliamo proprio la biodiversità italiana, l'agricoltura biologica, quella estensiva, l'agriturismo, il turismo culturale. Tutti questi settori sono il frutto di tale azione e non si tratta solo di una questione ambientale, ma anche di natura economica perché sono attività che creano posti di lavoro e, con il turismo, portano introiti all'Italia. Pertanto, si potrebbe dire: ben venga l'Europa se impone un tale modo di agire!
Tuttavia, tornando al provvedimento in esame, siamo in ritardo nel discutere la legge comunitaria e tale ritardo è penalizzante principalmente in fase ascendente, come tanti hanno già affermato prima di me, in quanto il Parlamento non è riuscito finora a dare un contributo significativo alla formulazione della posizione del Governo in merito alle varie tematiche, prima della discussione del Consiglio dei ministri a Bruxelles. Il ritardo nell'agire in fase ascendente ha fatto sì che l'Italia non abbia, finora, influito a dovere sulla formulazione delle varie direttive europee. Inoltre, la parziale assenza dell'Italia in fase ascendente comporta una forte ricaduta nella fase discendente, in quanto diventa più difficile recepire le direttive su cui non si è potuto influire in fase ascendente.
Ciò è tanto vero che nei cinque anni della legislatura precedente l'Italia è scesa con rapidità «supersonica» in fondo alla classifica dei venticinque Paesi, arrivando alla vergognosa cifra di 275 infrazioni. Alla fine dell'anno vi è stato qualche progresso, grazie anche al lavoro del Ministro e del suo staff , perché finalmente l'Italia ha stabilito un record europeo positivo divenendo il Paese che nel corso dell'anno 2007 ha chiuso con il maggior numero di processi di infrazione rispetto a tutti gli altri ventisei Paesi membri. Pertanto, qualcosa si sta muovendo nella direzione giusta.
Concordo con il Ministro Bonino e la presidente Bimbi che per continuare su questa strada virtuosa sarebbe di grande utilità che l'amministrazione italiana, che fa capo al Ministero per le politiche europee al Comitato Interministeriale per l'attività della comunità europea, il CIACE, privilegiasse l'assunzione di personale che abbia maturato un'esperienza lavorativa nelle istituzioni europee. Si tratta di una ricchezza e di risorse che non devono essere buttate via. È inutile mandare le persone a lavorare a Bruxelles presso la Commissione, il Parlamento o le altre istituzioni europee per alcuni anni e poi, al ritorno in Italia, affidare loro compiti che nulla hanno a che fare con le istituzioni europee.
Riepilogando, se vogliamo che il contributo di questo Parlamento all'attività comunitaria di Governo sia veramente efficace dobbiamo, in primo luogo, far sì che vi sia una netta separazione tra l'esame della Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea di un dato anno (in questo caso il 2006) e l'esame del programma di Governo per l'anno successivo (il 2007).
In secondo luogo, occorre anticipare i tempi dell'esame dei testi della Relazione e del programma, se veramente vogliamo influire in modo positivo. È quindi ovvio che per raggiungere i suddetti obiettivi il Parlamento debba rivedere i meccanismi e le procedure previsti dal Regolamento della Camera, che attualmente nocciono ad un esame tempestivo dei disegni di legge.
Direi di più, il Regolamento della Camera deve essere riesaminato in toto perché ormai – come la legge finanziaria docet – vi sono troppe norme e procedure datate e anacronistiche che, piuttosto che aiutare, ostacolano il buon lavoro della Camera stessa.
Vi sarebbero tante materie da ricollegare alla legge comunitaria; mi limito a due argomenti che hanno a che fare con la ratifica del trattato di Lisbona. In parte in senso contrario a quanto affermato dal collega Falomi, il quale muove dal concetto che il Trattato di Lisbona sia imperfetto – siamo assolutamente d'accordo sul punto – e che, quindi, bisognerebbe già cominciare a parlare della revisione dello stesso, ritengo che occorra prima ratificarlo. Infatti, se cominciamo a mettere in dubbio, già da ora, un Trattato che ancora non è stato ratificato – dobbiamo ricordare che siamo fermi al Trattato di Nizza del 2000 – non riusciremo a migliorarlo in futuro.
Lo dico anche perché, effettivamente, sono già sorti alcuni problemi. La Presidenza slovena, ad esempio, ha fatto notare che vi sono diverse difficoltà ancora da risolvere al tavolo tecnico di Bruxelles. L'Italia, perciò, deve essere proattiva e protagonista nell'affrontare i nodi da risolvere al tavolo tecnico. In particolare, occorre risolvere, ad esempio, i nodi interpretativi che riguardano il funzionamento del neo-istituito ufficio degli affari esteri dell'Unione europea, con l'alto segretario. Questo ufficio si occuperà esclusivamente di futuri allargamenti dell'Unione europea? Della politica di vicinato? Della politica per lo sviluppo e la cooperazione? Esattamente, fino ad oggi, non si sa, perché alcuni Paesi forniscono un'interpretazione diversa delle funzioni di tale ufficio. Inoltre, anche gli altri commissari europei che si occupano di commercio e di aiuto allo sviluppo dovranno essere coinvolti? Che ruolo avrà lo staff militare di stanza nel Consiglio? Si tratta di nodi da sciogliere.
Un ulteriore dubbio che sorge, già ricordato, riguarda il numero dei componenti della Commissione europea. Il Trattato di Lisbona prevede, dopo il 2014, un numero di commissari pari a due terzi del numero degli Stati membri, secondo un sistema di rotazione uguale indipendente dalla grandezza o dall'importanza dei Paesi. Invece vi sono politici, come Valéry Giscard d'Estaing, personalità come Pietro Calamia, che è stato presidente del Coreper, studiosi come Philippe de Schoutheete, che già cominciano a mettere in dubbio il principio della uguale rotazione fra i Paesi membri.
Valéry Giscard d'Estaing afferma che non è possibile avere una Commissione europea senza un commissario britannico, tedesco o francese; Calamia si domanda se sia possibile dare un commissario a Malta, Cipro, Montenegro, magari al Kosovo, quando non ne ha uno un Paese grande.
Questi sono problemi di cui si potrà parlare in un futuro anche abbastanza ravvicinato, ma se già cominciamo a portare a galla questi dubbi adesso, non pensando all'effetto che possono avere nei Paesi piccoli e in quelli meno rilevanti, rischiamo di mettere in pericolo la ratifica del Trattato di Lisbona. Poi altro che migliorarlo, se saremo di nuovo al Trattato di Nizza!
Ritengo, per concludere, che sia nell'interesse di tutti che questi nodi vengano risolti pienamente prima dell'entrata in vigore del Trattato, così potremmo anche evitare problemi interpretativi nel futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e Partito Democratico-L'Ulivo) .