La Cosa Bianca, un partito dove, a cominciare da Casini, nessuno parte leader

Intervista al Senatore Amedeo Ciccanti Udc

L’Udc, attraversa un momento di grande sbandamento. Si fanno avanti le correnti, cosa succede, Casini è il responsabile?

Dobbiamo partire da un presupposto che Casini è contrario che nell’Udc nascano le correnti. Il problema, per esempio, è stato già risolto in termini autoritativi all’interno di Alleanza Nazionale. Oggi Casini si trova al cospetto dello stesso problema. Ma le correnti, pur non riconoscendole, ci sono, e ci sono anche perché lui le ha legittimate. La prima corrente che è stata legittimata è stata quella di Giovanardi. Il nostro statuto è uno statuto democratico in quanto nasce da quello della Democrazia Cristiana e prevede una rappresentanza degli organi dirigenti in termini proporzionali. Se c’è il sistema proporzionale della selezione della classe dirigente è chiaro che le aggregazioni che nascono dentro al partito non nascono soltanto per ragioni di potere ma anche per affinità politica e culturale.

In pratica, si tratta di aggregare posizioni diverse, siamo alle solite allora?

La corrente nasce gioco forza. Si asseconda una sensibilità piuttosto che un'altra. La corrente di Giovanardi, per esempio, ritiene di prefigurare un grande partito dei moderati magari sotto l’egida del PPE. Tutti quelli che la pensano in questo modo, si ritroveranno con Giovanardi. Tutti quelli che ritengono questa logica sia una logica superata dalle vicende storiche italiane connesse con una fase storica che è quella della prima repubblica e che vede oggi un altro tipo di aggregazione non più di tipo bipartitico ma di tipo bipolarista, non condivide questo tipo di prospettiva e si aggregherà con altre posizioni. E’ la visione della politica che, inevitabilmente, genera le correnti. Oggi, Casini si trova a registrare una corrente nata dal congresso filoberluscones ed un’altra corrente dell’autonomia che aveva dentro di sé una sensibilità come quella degli amici che hanno aderito al manifesto di Subbiago. Intendeva costruire un terzo polo, allora era terzo polo. Adesso che sta nascendo è si sta affermando una riforma elettorale sul modello tedesco si può parlare non più di terzo polo ma di un quarto pilastro del sistema politico italiano.

Ci ricorda i componenti che hanno dato vita al manifesto di Subbiago, al loro progetto, e che oggi si fanno notare per una posizione più democratica all’interno del partito?

I nomi del manifesto di Subbiago sono Baccini, Tabacci, Armando Dionisi del Lazio, io delle Marche, i deputati Rodolfo De Laurentiis, Adolfo Vittorio della Liguria, c’è Galati della Calabria, c’è Giorgio Oppi della Sardegna, ne siamo circa otto, allora c’era anche il senatore Michele Forte che poi non ha più condiviso questa scelta.
Questa componente del partito si richiamava al manifesto di Subbiago e stava dentro il cosiddetto correntone Cesa-Casini che portò Cesa alla segreteria, che aveva l’opzione politica dell’autonomia rispetto a Berlusconi, che ci ha fatto poi marciare separati noi il 2 dicembre a Palermo noi e Berlusconi con la vecchia casa della libertà, ci faceva anche dire che era superata la casa delle libertà. Quindi, questa autonomia era una autonomia che si inseriva in una prospettiva, in un cammino dell’Udc che non approdava subito al terzo polo ma che prefigurava un terzo polo tra Berlusconi, l’Unione e Prodi. Quindi noi già allora, come manifesto di Subbiago, prevedevamo che ci dovesse essere un’area politica da rappresentare. Però in quel caso dicemmo: «ci fermiamo all’autonomia, stiamo nel centrodestra, stiamo in un’alleanza bipolare, ma con una nostra identità pronti come una navicella spaziale a sganciarci» quando le condizioni ci avrebbero consentito di essere autonomi e non solo nel centrodestra ma anche nello scenario politico più generale rispetto cioè al centrosinistra.

La legge elettorale sul modello tedesco che sembra essere quella che si sceglierà, agevolerà il cammino dell’Udc? Casini vuole o no la Cosa Bianca?

Infatti, il cammino l’Udc lo ha intrapreso. Con il modello tedesco che ci consente di poter esprimere questa opzione a pieno e noi ce la vogliamo giocare subito. Oggi ci divide da Pier, e quindi da quella scelta congressuale, non il se fare una cosa autonoma chiamiamola Cosa Bianca ma si potrebbe chiamare la Cosa Nuova come ama dire Pezzotta, o chiamarla l’area riformista, l’area liberal-democratica, potremmo chiamarla in diversi modi, ma il come. Un’area che si ponga tra il partito di Veltroni ed il partito di Berlusconi. Non c’è differenza tra noi e Pier su questo obiettivo, c’è una differenza sul come raggiungerlo. Secondo Pier, bisogna aspettare che si faccia la nuova legge elettorale e capire meglio a bocce ferme come posizionarci. Secondo noi, è necessario farlo subito. Noi del manifesto di Subbiago, invece, diciamo che da subito bisogna fare questa scelta per una ragione semplicissima che il modello tedesco che si va prefigurando, comunque articolato, sia che sia il Veltronellum o il Beluscomum che noi contestiamo e cioè l’asse Veltroni-Berlusconi, sia che sia un modello più vicino alle nostre richieste e a quelle di tutti i partiti piccoli, comunque stabilisce ormai un dato irreversibile che si tratta di un sistema proporzionale puro. Ciò significa che non prefigura più il premio di maggioranza. La vera sfida della riforma elettorale, se non c’è più il premio di maggioranza, non è più l’inseguimento all’ultimo voto. Saltano tutte le coalizioni di tipo elettoralistico che si sono conosciute in questi dodici anni. Non si faranno più elezioni elettoralistiche ma coalizioni per affinità programmatiche. I partiti possono andare per conto loro oppure per affinità programmatiche. Sicché nessuno sarà in grado di raggiungere il 51%. Anche se siamo d’accordo con Fini, dovessimo accettare di indicare il leader e dovessimo accettare di indicare prima della campagna elettorale la coalizione, nessuno di queste coalizioni raggiungerebbe il 51%. Le forze in campo rilevanti sono quattro. Non più di quattro e non tre come vorrebbe Veltroni. Nessuno raggiungerebbe il 51% quindi sicuramente le alleanze saranno fatte ex post, dopo le elezioni e ciascuna coalizione che si sarà presentata o partito con il proprio leader, non avendo raggiunto il 51%, sarà costretto ad allearsi con Tizio o con Caio.

Con un panorama politico composto da tre poli favorirebbe il più forte o no?

Il proporzionale puro, come dicevo, prefigura ad oggi, tre grandi forze e Berlusconi si è organizzato già in questa prospettiva: il partito di Berlusconi, il partito di Veltroni, e la cosiddetta Cosa Rossa che è stata già costituita. Avremmo un sistema sostanzialmente tripolare. E il sistema tripolare, consentirà a Veltroni di applicare la politica dei due forni, di occupare, nello scenario politico una posizione di rendita che fu della Democrazia Cristiana e che l’ha fatta stare al potere per cinquanta anni. Siccome nelle regioni, nelle province e nei Comuni sopra a 15.000 abitanti ci sono alleanze di tipo maggioritario che fanno scattare il premio di maggioranza, è chiaro che l’asse privilegiato sarà tra Partito Democratico e Cosa Rossa. Ma se la Cosa Rossa dovesse comportarsi come si sta comportando con il governo Prodi, nel senso che alzerà il prezzo della propria presenza politica, della propria alleanza tanto da trasformarne la natura stessa, è chiaro che il Partito Democratico dirà: «fermi tutti guardo nell’altro forno a Berlusconi». Questo significa creare una posizione di rendita per Veltroni e per Berlusconi per i prossimi venti anni.

Invece, con la Cosa Bianca cosa succederebbe?

Abbiamo detto a Casini che bisogna subito scendere in campo e costituire la cosiddetta Cosa Bianca che si interponga tra Veltroni e Berlusconi perché interponendosi tra Veltroni e Berlusconi noi andremmo a catturare un elettorato che, in parte, sarà di Forza Italia ma che in parte sarà anche di Veltroni. Penso a tutti coloro che non hanno scelto il Partito Democratico appartenenti alla Margherita, i Gerardo Bianco per capirci ma insieme a tanti altri. Penso soprattutto a tutti coloro che avranno sempre più difficoltà a stare nel Partito Democratico non avendo risolto la questione fondamentale tra laici e Teodem.

La Cosa Bianca come punto di riferimento ai Teodem scontenti di un centrosinistra troppo di sinistra?

Certo. E’ una questione che adesso crea tensione ma che prima o poi creerà esplosioni. Ora se però questi Teodem non hanno un’ancora di salvezza, non hanno un approdo, non hanno una sponda, saranno costretti a piegare la schiena e rimanere lì. Se invece ai Teodem noi diamo una prospettiva diversa, non obbligata, è chiaro che questi avranno dove approdare. Se dovesse passare una tesi di un partito chiamiamolo adesso per comodità mediatica Cosa Bianca, noi avremmo quattro pilastri, una democrazia fatta su quattro pilastri: il Partito di Berlusconi, la CosaBianca, il Partito di Veltroni che è costretto ad arretrare a sinistra e la Cosa Rossa. Il gioco diventa molto più flessibile.

Perché parla di quattro partiti?

Perchè un partito ha un senso se supera il 15%. Non parlo cioè di quei partiti che superano appena lo sbarramento del 5 o del 6%, questi saranno solo dei satelliti. Noi avremmo quattro partiti, grandi partiti, i quali faranno il gioco democratico nel senso che il centro della Cosa Bianca si alleerà con Berlusconi, la Cosa Rossa si alleerà con Veltroni e se non dovessero funzionare le alleanze con queste due forze diciamo così estreme, non è escluso che possano dialogare i due centri anche perché vengono tutti dal nuovo elettorato che è del ceto medio e quindi di quella Italia che era la colonna vertebrale del sistema dell’Italia che pensa, che lavora che rappresenta un po’ il tessuto connettivo, il centro nervoso del sistema paese. Noi saremmo comunque costretti a dialogare ma anche se non dialoghiamo, costringeremo sia Berlusconi che Bertinotti con la Cosa Rossa rispettivamente a fare politiche di ceto medio.

Il partito di Berlusconi alla destra dell’Udc?

Sì, perché Berlusconi ha costituito un partito che è un partito populista, personalista. Il fatto che Berlusconi non abbia risolto il problema non solo del conflitto di interessi, che per me viene prima di tutto, ma anche della democraticità del partito, è dimostrato dal fatto che il teorizzatore del partito unico che per anni è stato Adornato con Liberal, se ne sia andato. Non ha creduto lui stesso a questo nuovo partito ed anzi adesso guarda a noi con interesse e noi non possiamo fare lo stesso errore di Berlusconi. Il partito padronale ha un fumus anche dentro l’Udc ed allora noi chiediamo a Casini non solo la democraticità del nuovo partito che si vuole creare e quindi la rinuncia all’Udc. Se non ci mettiamo con questo nuovo soggetto politico alla pari con tutti quelli che ci vogliono stare, non lo faremo mai. Se pretendiamo che si mettano in coda nell’Udc in coda a Ciccanti, i vari Pezzotta, Montezemolo, Gerardo Bianco ed altri che guardano con interesse a questa nuova esperienza, stiamo freschi, non si metteranno in fila con noi. Vorranno giocarsi la partita alla pari con noi. Ecco perché io ho proposto l’appello che abbiamo fatto ai riformatori liberi e coraggiosi ma comunque all’Udc ed a quanti hanno interessi in quest’area, di costituire una costituente di centro, organizzare un partito dal basso, non dall’alto come hanno fatto quelli del Partito Democratico. Dove tutti partono dallo stesso punto. Casini compreso. Casini, Di Pietro, Mastella, Pezzotta, Montezemolo, grandi personaggi ma che da soli non vanno da nessuna parte. Insieme possiamo mettere su un partito del 15%.

Lei vuole dire che ognuno di questi personaggi che hanno fatto del protagonismo personale un motivo quotidiano di politica presenzialista, faccia un passo indietro?

Per stare insieme tutti devono darsi la stessa opportunità. Poi sarà l’elettorato che si riconosce in questo soggetto politico a selezionare chi dovrà avere la leadership. L’importante è stabilire le regole democratiche dove tutti possono essere leader. Se uno parte con l’idea di non volere Di Pietro, di rifiutare Mastella, non si va da nessuna parte. I veti non possono essere posti. I veti, sarà la base popolare a doverli porre. Il modello che immagino io è un modello autenticamente democratico dove, come ai tempi della Democrazia Cristiana, ci potranno anche essere correnti, ed è giusto che ci siano, ma l’importante è che si parta dal basso. L’importante è questo, che nasca dal basso.

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