Associazione dei Mantovani nel mondo
Nell'ambito delle celebrazioni per il decennale di fondazione
dell'Associazione dei Mantovani nel Mondo mi è gradito inviarvi la lettera
pastorale del 19 agosto 1887 sul problema dell'emigrazione del vescovo di
Mantova Giuseppe Sarto,futuro Papa Pio X.Sull'argomento vi sarà una breve
prolusione di Don Stefano Siliberti durante il Concerto del 19 gennaio
organizzato dall'AMM nella Chiesa di S.Maria del Gradaro.
Si tratta di un importante documento storico che ci auguriamo abbia vasta
diffusione,affinchè si possa comprendere meglio il momento storico in cui
avvenne la nostra emigrazione di massa e l'attualità di certi valutazioni
che all'epoca furono svolte.
A distanza di anni vi è anche la possibilità di analizzare serenamente le
cause che portarono centinaia di migliaia di persone,in maggioranza
contadini, a prendere la via per le Americhe dopo l'Unità d'Italia.Un
periodo non certamente facile sia per le tensioni tra Stato e Chiesa(che
nella lettera pastorale si intravedono) e sia per la crisi economica che
colpì i prodotti agricoli portando alla fame le popolazioni locali e al loro
conseguente esodo verso altre nazioni.
Detto ciò,si può certamente affermare che Mantova si è sempre caratterizzata
per l'impegno sociale della Chiesa e delle istituzioni pubbliche nei
confronti dell'emigrazione.
Mantovani nel Mondo è nata e si è sviluppata grazie a questo clima di
attenzione e la lettera pastorale di Monsignor Sarto ne è la riprova
storica.Per questi motivi riteniamo di ricordare questo significatico
esempio di impegno sociale e umano per il nostro decennale di Fondazione.
Cordialmente
Daniele Marconcini
Presidente AMM
Biografia di Papa X Giuseppe Sarto
Giuseppe Melchiorre Sarto (questo il suo nome completo) nacque a Riese
(Treviso) secondo di dieci figli in una famiglia modesta: il padre Giovanni
Battista Sarto (1792 – 1852) era fattore e la madre Margherita Sanson (1813
– 1894) sarta.
Giuseppe Sarto si distinse da molti suoi predecessori e successori proprio
per il fatto che il suo cursus honorum fu esclusivamente pastorale senza
alcun impegno presso la curia o nell'attività diplomatica della Santa Sede.
Ricevette la tonsura nel 1850 ed entrò nel seminario di Padova. Fu ordinato
prete nel 1858, divenendo vicario della parrocchia di Tombolo. Nel 1867 fu
promosso arciprete di Salzano e poi, nel 1875, canonico della cattedrale di
Treviso, fungendo nel contempo da direttore spirituale nel seminario
diocesano, esperienza della quale serberà sempre un ottimo ricordo.
Giuseppe Sarto ricoprì le cariche di vescovo di Mantova, e poi, di patriarca
di Venezia. Il governo italiano rifiutò peraltro inizialmente il proprio
exequatur, asserendo che la nomina del Patriarca di Venezia spettava al Re e
che, inoltre, Sarto era stato scelto su pressione del governo dell'Impero
Austro-Ungarico. Giuseppe Sarto dovette quindi attendere ben 18 mesi prima
di poter assumere la guida pastorale del patriarcato di Venezia. Con la
nomina a Patriarca egli ricevette pure la berretta cardinalizia nel
concistoro del 12 giugno 1893. Fu eletto Papa nel 1903 col nome di Pio X
In suo onore il paese natale di Riese fu chiamato Riese Pio X
LETTERA PASTORALE
SUL PROBLEMA DELLA EMIGRAZIONE
(19 agosto 1887)
Mons. Sarto chiudeva a Castelbelforte il Catechismo salutando 305 parrocchiani che sarebbero partiti per l'America. Si astiene dal formulare un giudizio sul problema che provoca questo massiccio esodo: « se … Ie bocche sono soverchie ai mezzi di sussistenza e troppe le braccia che dimandano il lavoro », egli da Pastore pensa al futuro religioso di questo 'esercito' di partenti; troveranno nel nuovo mondo « i conforti religiosi »?
La commozione suscitata da quell'incontro a Castelbelforte viene ridestata nel momento in cui Egli vede passare per Piazza S. Pietro il gruppo avviato verso la stazione e soprattutto alla notizia che presto altri gruppi avrebbero ingrossato le file di « ben più numerose emigrazioni ».
Invita il Clero perchè si guardi con attenzione a questo fenomeno, si vigili, si illuminino le decisioni, perché non si confondano i progetti con i sogni, col rischio che tante persone incontrino « miserie ben più strazianti lungi dalla terra dei loro padri », semplicemente per « fuggire la miseria del luogo nativo ». Si metta in guardia il popolo dagli « agenti di case speculatrici e impresari di emigrazione ». Che si progetti con prudenza, lasciando all'inizio le famiglie in patria, mettendosi insieme tra amici; una volta esplorata la nuova realtà, si riconosca il « reale vantaggio » e si prepari quindi un « asilo sicuro per tutti». Il Brasile viene segnalato come « impero uno dei più vasti del globo » con una « superficie di quasi otto milioni di Kmq. ». Si faccia conoscere tutto ai « figli del popolo » anche se « la verità partorisce odio ».
A quanti partono poi, i parroci procurino i certificati dei Sacramenti e alle famiglie che non lo avessero si dia il Catechismo della Diocesi e il libretto della Dottrina Cristiana. Lui stesso Mons. Sarto è disposto a procurarli personalmente.
Da ultimo si raccomandi « a tutti di scrivere sulle condizioni in cui si troveranno » o ai loro Parroci o « direttamente al Vescovo, … che interesserà a loro vantaggio i Vescovi e i Sacerdoti dei luoghi ».
Mons. Sarto, mentre rivela una oculatezza pastorale sul problema della emigrazione, è fiducioso che i destinatari, i « contadini » soprattutto, siano in grado di accogliere il messaggio, perchè, nonostante i tentativi della Massoneria, essi sono rimasti affidabili: « né tristi né indocili ».
Segnalata in Lettere…, p. 319 (f 3 pp).
N. 563
Al Venerabile Clero della Città e Diocesi
DI MANTOVA
Chiudendo Domenica scorsa il Catechismo a Castelbelforte, dove ho fatta la visita pastorale, mentre mi si stringeva il cuore al pensiero, che nel Mercoledi successivo sarebbero partiti per l'America 305 di quei Parrocchiani , non ho potuto far a meno di rivolgere a quei cari presso a poco queste parole:
« Non s'appartiene a me il giudicare, se i nostri paesi siano di quelli, dove le bocche sono soverchie ai mezzi di sussistenza, e troppe le braccia che dimandano il lavoro; ma comunque sia per altri deciso, io come Padre delle anime devo pur lamentare la partenza di tanti miei figli per luoghi, dove troveranno assai di rado e con grande difficoltà quei soccorsi religiosi, che coll'aiuto di Dio qui ancora non mancano. Lasciare la Chiesa, dove fummo fatti cristiani, dove abbiamo imparato a pregare, abbiamo ricevuta la prima Comunione, abbiamo presa tanta parte alle Feste del Signore, abbiamo sentita la divina parola, per andare in paesi, dove ci verranno meno questi cari conforti, e sarà gran mercé, se qualche volta fra l'anno si potrà incontrare un Sacerdote, assistere alla Messa …. oh è impossibile a questo pensiero non sentire nell'animo il dolore, la pietà, la compassione! Vi raccomando, o figliuoli, di conservar quella fede, che nel S. Battesimo avete ricevuta, di praticare la Religione, e di procurarvi anche lontani quei mezzi, che soli possono sollevare e rendere sopportabili le miserie della vita. Prima della partenza vi prego di presentarvi al vostro Arciprete, dal quale, oltreche raccomandazioni e ricordi, avrete qualche copia del catechismo diocesano, qualche libretto di devozione e i certificati necessari per farvi riconoscere cristiani cattolici; e la benedizione del Signore sempre e dovunque vi accompagni.
Avrei voluto continuare, ma più che la stanchezza mi opprimeva la commozione: commozione che si ridestò maggiormente Mercoledi, allorchè li vidi passare per la Piazza di S. Pietro diretti alla Stazione della Strada Ferrata, e seppi più tardi da persone degne di fede, che a questa terranno dietro fra breve ben più numerose emigrazioni.
Di fronte a questo fatto sento bisogno di dirigervi una parola, o Venerabili Fratelli, perchè, dando opera ad una delle più commendevoli applicazioni della cristiana carità e dallo zelo pastorale vogliate provvedere al bene di tutti coloro, che sono miei e vostri figliuoli.
E qui sono persuaso, che questi poveretti indotti dalla indigenza, piuttostoché dalla loro volontà, carichi di famiglia e costretti a trascinare una vita piena di ansietà e di sofferenze, cerchino di migliorare per questa via la loro condizione. Ma, se il gran fine della emigrazione non è soltanto di trovare in estranie contrade un focolare e una patria, bensì di trovare, in compenso del sacrificio che fanno nel doloroso abbandono dei loro cari, una patria migliore e un rnigliore focolare domestico, hanno dunque bisogno di direzione, di consiglio, di aiuto, che voi potete e dovete a loro offerire.
Procurate pertanto di persuaderli a non lasciarsi trasportare da quel facile entusiasmo, a cui sussiegue immediato il pentimento, di pensar seriamente alla determinazione, che prendono, e di aggiornare l'esecuzione dei loro progetti; perché tutta intera la vita non basterebbe forse a riparare le conseguenze di un passo funesto.
Che non li determini a questa risoluzione, come motivo influente, il facile o forse gratuito trasporto, che trovasi in armonia coi loro mezzi pecuniari assai limitati, perché non debbano pagare a caro prezzo la generosa profferta col sacrificio di quella libertà, che è il bene più prezioso dell'uomo.
Che non è la prima volta che poveri contadini eccitati da agenti di case speculatrici e da impresari di emigrazione (anche questi forse colle migliori intenzioni del mondo e senz'ombra di colpa, perchè ignari di quei luoghi) mentre si apettavano di trovare il favoloso paese dell'oro, nonchè veder infrante le stipulazioni, per solito puramente verbali, si riconobbero e nel lungo tragitto e nelle terre promesse vittime di inganni, per cui, fuggendo la miseria del luogo nativo, incontrarono miserie ben più strazianti lungi dalla terra dei loro padri.
Che sarebbe prudente consiglio il lasciare in patria le famiglie, l'accordarsi tra alcuni amici per visitare quei luoghi, senza esporre a rischi così arditi i teneri bambini, le povere donne, i vecchi decrepiti, che potrebbero essere richiamati dopo che con opportuno esperimento fosse riconosciuto un reale vantaggio, e preparato per tutti un asilo sicuro.
Ma l'argomento, che maggiormente interessa, e che sta tanto a cuore anche a loro, è quello della religione, su cui bisogna insistere di preferenza. Non v'ha dubbio che nei nostri contadini, per quanto si faccia dalla Massoneria, onde pervertirli colle empie massime, che scherniscono la religione, colla lurida stampa, che caratterizza come pregiudizii o superstizioni le pratiche di pietà, e deride come leggende i prodigii, coi quali Iddio si piacque di manifestare le sue misericordie, non ostanti gli sforzi poderosi degli emissarii d'inferno, nei nostri contadini è viva ancora la fede. Nelle nostre campagne, comunque abbiano cercato di corromperle i tristi, troviamo pur molto di quel bene da altri luoghi sbandito: le conquiste della virtù, le tradizioni religiose della famiglia e i cristiani costumi, che sopravvivono al quasi universale scompiglio. Son pur molti, che s'accostano di spesso ai Sacramenti, che non dimenticano le domestiche preghiere, che frequentano i divini offici; e la legge di Dio e della Chiesa è in generale riverita, osservata. Riscontriamo ascoltata con piacere la divina parola, onorata la dignità del Sacerdote, nonostante l'odio e lo sprezzo, onde lo si vorrebhe coperto, e riconosciuti come i beneficii così i castighi, coi quali il Signore ci visita. Troviamo, in una sola parola, morigerati i giovani, ben pensanti gli adulti, i vecchi sensibili al pensiero religioso della morte che li conduce a quel Dio, che li ha creati, e i fanciulli, che alla scuola di questi esempii fanno concepire di loro le più care speranze.
Non sono dunque né tristi nè indocili quelli, ai quali dobbiamo rivolgere la nostra parola; che anzi questa verrà ascoltata tanto più volontieri quanto meglio conosceranno, che animati dal solo desiderio del bene ci adoperiamo per scongiurare da loro qualunqne sciagura. — Siccome poi la mèta, a cui mirano i nostri emigranti, è il Brasile converrà dir loro, che questo impero è uno dei più vasti del globo, che la superficie di quasi otto milioni di chilometri quadrati per metà è pochissimo conosciuta, e che quantunque siavi costituita la Gerarchia ecclestiastica, vi domini il culto cattolico, la S. Sede tenga a Rio Janeiro un Internunzio e l'Imperatore mantenga presso il Vaticano un suo rappresentante, per un territorio così vasto e per una messe così copiosa sono ben pochi i Vescovi e i Sacerdoti, per cui sarà gran ventura, se i nostri poveretti lontani dai centri potranno forse qualche volta fra l'anno ascoltare la Santa Messa, ricevere i Sacramenti, e uno fra cento avere i conforti della fede, prima di passare all'altra vita.— Che conoscano tutto questo i figli del nostro popolo, perché non restino delusi, quando li dividerà da noi il grande Oceano, e non potranno portar rimedio alla loro situazione, perchè non ci rimproverino un altro momento il nostro silenzio, e perché anche di queste anime alle nostre cure affidate non abbia a dimandarci strettissimo conto il Signore.
Né vi arresti dal fare quest'opera di carità il timore di recare a loro disgusto coll'assopire quell'entusiasmo, che li anima per la lusinga di tanti beni promessi, o di eccitare contro di voi le ire di alcuno. La verità partorisce odio ; ma se sempre è bello rendere ad essa il dovuto omaggio, tanto più in argomento così rilevante, che interessa la salute delle anime.
Quando poi conoscerete che dovranno partire, raccomandate colle più calde preghiere, che non manchino di darvene avviso per tempo, onde possiate, 1° offrire a tutte le famiglie un certificato desunto dal Libro d'anagrafi, da cui risulti la Religione cattolica che professa e i Sacramenti, che ciascun individuo ha ricevuto;— 2° donare alle famiglie, che non lo avessero, il Catechirno della Diocesi e il libretto della Dottrina Cristiana, coi quali si possano richiamar dagli adulti e insegnare ai fanciulli le orazioni e le cose all'eterna salute necessarie; (I Catechismi li provvederà lo scrivente quando sia a tempo avvertito)— 3° raccomandare a tutti di scrivere sulle condizioni in cui si troveranno, o a Voi, o direttamente anche al Vescovo, che ben volentieri si manterrà in corrispondenza con loro per interessare a loro vantaggio i Vescovi e i Sacerdoti dei luoghi, nei quali si troveranno, accrescendo per loro il compassionevole affetto in ragione dello spazio, che da noi li divide.
Ecco, o Venerabili Sacerdoti, quanto io sentiva bisogno di scrivervi su questo fatto doloroso, che riguardo come il maggiore dei disastri per tanti dei nostri poveri figli, che io vedrei volentieri rimanere in patria, dove non mancherebbero le mani benefiche a portar loro soccorso, per conservar qui col patrimonio della fede la moralità e la pazienza, che rendono sopportabili le condizioni più miserande.
Del resto fate tutto quel di più, che vi verrà suggerito dal vostro zelo, dalla illuminata prudenza, e dal consiglio di persone assennate, perché, posti nel novero di quegli uomini, che devono far salvo Israele, non restiamo indolenti dinanzi a tante anime, che si espongono al pericolo di una totale rovina.
Sia con tutti la Benedizione del Signore.
Dalla Curia Vescovile di Mantova,
19 Agosto 1887 .
+ GIUSEPPE vescovo
NARCISO Sac. BONAZZI
Cancelliere Vescovile