GUSTAVO CORNI

GUSTAVO CORNI
22 dicembre 2007

…“Hitler – non lo si dmentichi – era austriaco ed era cresciuto odiando lo stato asburgico multietnico. Il suo ideale era uno stato germanico etnicamente puro e dotato di uno spazio vitale adeguato a farne nuovamente una grande potenze.
Come è noto, per Hitler questo spazio vitale poteva essere conquistato solo verso Oriente.
Ai suoi occhi, non solo il suolo tedesco avrebbe dovuto essere liberato da elementi spuri e dannosi – in primo luogo gli ebrei; ma il Reich nazionalsocialista avrebbe dovuto preoccuparsi di riportare in seno alla patria, magari con un allargamento dei confini, le minoranze germaniche collocate fuori di essa”. (Gustavo Corni)

CANZANO 1- Già nell'ottocento la strategia geopolitica dello 'Lebensraum', lo Spazio Vitale, dà ai tedeschi il pretesto di 'spostare' i confini in base ai loro bisogni, e con esso anche l'idea di spostare intere popolazioni, me ne può parlare?

CORNI – La Germania (intesa vagamente come entità statuale che si costituì molto tardi, alla metà dell'Ottocento – come entità omogenea) conteneva solo una parte di quelle popolazioni che per lingue e cultura potevano essere definite come germaniche. Per motivi storici complessi queste si erano nei secoli passati spostate ad ondate, soprattutto verso Oriente. Vi era quindi il divario fra uno stato tedesco territorialmente assai più ristretto rispetto all'area di insediamento di comunità germaniche. Se messo a confronto con l'estenzione dei grandi imperi coloniali (Francia, Gran Bretagna) e con potenze di dimensione continentale, come Russia e Stati Uniti, il problema della carenza di spazio era diffuso nella cultura tedesca del tardo Ottocento. Inoltre,la carenza di spazio si poteva misurare anche sulla potenza economica tedesca, che in pochi decenni era diventata – agli inizi del Novecento – la più importante in Europa. Ciò significava carenza di materie prime, di suolo da coltivare, di mercati su cui potersi espandere.

Le conseguenze della sconfitta nella Prima guerra mondiale, con la durissima pace di Versailles, che portarono ad ulteriori decurtazioni territoriali e miravano a ridurre definitivamente la potenza tedesca, accentuarono ulteriormente la frustrazione di larghi settori dell'opinione pubblica. Di essi il movimento nazionalsocialista hitleriano seppe approfittare con abilità – anche sfruttando le terribili conseguenze sociali e politiche che la crisi economica del 1929 provocò soprattutto in Germania (con una punta di sei milioni di disoccupati). Hitler – non lo si dmentichi – era austriaco ed era cresciuto odiando lo stato asburgico multietnico. Il suo ideale era uno stato germanico etnicamente puro e dotato di uno spazio vitale adeguato a farne nuovamente una grande potenze. Come è noto, per Hitler questo spazio vitale poteva essere conquistato solo verso Oriente.

Ai suoi occhi, non solo il suolo tedesco avrebbe dovuto essere liberato da elementi spuri e dannosi – in primo luogo gli ebrei; ma il Reich nazionalsocialista avrebbe dovuto preoccuparsi di riportare in seno alla patria, magari con un allargamento dei confini, le minoranze germaniche collocate fuori di essa.

CANZANO 2– Se per motivi storici una parte delle popolazioni che occupavano la Germania venivano spostate ad ondate, soprattutto verso Oriente, è possibile che Hitler volesse fare la stessa cosa con gli ebrei?

CORNI – La questione se l'eliminazione degli ebrei sia una conseguenza di un differente schema politico e strategico nel quale essi entrarono solo di sfuggito, ovvero la necessita' di acquisire spazio libero per la colonizzazione ad Oriente o meno e' ancora del tutto aperta. Non vi sono a mio parere elementi precisi per fissare questo obiettivo come decisivo e cruciale. Sembra tuttavia plausibile sostenere che almeno fino al 1941/42 per gli ebrei polacchi (lo stesso non vale per quelli sovietici) le autorita' nazionalsocialiste fossero in primo luogo interessate a spostarli fisicamente, per fare spazio alla colonizzazione ed allo stesso per impedire che con la loro fastidiosa presenza essi potessero nuocere agli obiettivi di colonizzazione del Terzo Reich. In questo senso debbono essere presumibilmente interpretati i progetti di spostare tutti gli ebrei polacchi nella cosiddetta “riserva di Lublino” o di deportarli per nave nell'isola del Madagascar.

Per prendere tempo spostando comunque preliminarmente gli ebrei polacchi fuori “dai piedi” – per cosi' dire – si decise di chiuderli in ghetti. La ghettizzazione era sicuramente vista come temporanea. Con il passare del tempo la loro permanenza dei ghetti pero' si prolungo sia perche' una soluzione territoriale definitiva sembrava allontanarsi nel tempo sia perche' gli ebrei chiusi in molti ghetti potevano venire agevolmente sfruttati come manodopera schiava a basso prezzo.

CANZANO 3– Se gli ebrei chiusi ne ghetti venivano sfruttati, e la cosa ‘rendeva’ economicamente, perché ‘eliminarli’ ad Auschwitz?

CORNI – Lo sfruttamento degli ebrei come forza lavoro gratuita era dal punto di vista economico poco redditizio, perchè a causa dei pregiudizi antisemiti il trattamento loro riservato (cibo, riposo, alloggiamenti, salario) era del tutto inadeguato allo sforzo lavorativo cui erano sottoposti. La stessa logica del pregiudizio antisemita giocava contro un possibile sfruttamento razionale degli ebrei. In alcuni casi – il ghetto di Lodz e pochi altri – i tentativi di massimizzare lo sfruttamento con un minimo di razionalità economica – sopravvissero a fatica di fronte alla visione prevalente dell'insensatezza di questo sfruttamento. Perciò, a partire dal tardo autunno del 1941 si decise a vari livelli (centrali, ma anche locali) che il rischio di tenere un numero così elevato di ebrei riuniti nei ghetti non fosse adeguato alla loro produttività in termini economici. Prevalse la logica della paura degli ebrei, la volontà di disfarsene. Noi non sappiamo ancora in modo preciso (nè forse lo sapremo mai, a causa della lacunosità della documentazione) quali siano i motivi precisi che hanno indotto questa svolta. Sta di fatto che a partire dalla primavera del 1942 i ghetti in Polonia iniziarono ad essere sistematicamente svuotati. I loro abitanti venivano deportati in campi di sterminio nei quali non vi era selezione: Belzec, Sobibor, Treblinka, Majdanek, Chelmno. Dopo pochi mesi, esaurito il loro compito, questi campi furono a loro volta chiusi e in alcuni casi rasi al suolo per fare sparire qualsiasi prova. Auschwitz divenne invece il centro della deportazione degli ebrei dal resto d'Europa. Lì avveniva una selezione, poichè le SS non avevano abbandonato del tutto l'idea di sfruttare in modo proficuo la manodopera schiavizzata. Ad Auschwitz vennero perciò create fabbriche, in cui gli ebrei in grado di lavorare (come Primo Levi) venivano impiegati. Il loro sfruttamento era selvaggio e la possibilità di vita media nelle fabbriche era di pochi mesi. Solo pochi ebbero la fortuna e la capacità di resistere più a lungo. Il ricambio era comunque assicurato dall'incessante afflusso di ebrei deportati verso Auschwit da tutta l'Europa occupata. Utlmi, nell'estate del 1944, gli ebrei ungheresi.

CANZANO 4– Se fino al 1941/42 le autorita' nazionalsocialiste erano interessate a spostarli fisicamente, come è possibile avere avuto il tempo di ideare e trasformare i vari campi di prigionia in campi di eliminazione attraverso camere a gas ed altro?

CORNI – La costruzione dei campi richiedeva poche settimane o mesi; si trattava di strutture precarie, destinate – come abbiamo appena detto – a smaltire un elevato numero di deportati nel giro di pochi mesi. Non serviva una struttura complessa di baracche, o servizi logistici. La ratio era, infatti, che un convoglio di 1000 ebrei venisse smaltito in poche ore attraverso le docce a gas (o ad anidride carbonica) e poi liquidati in pire o in forni crematori. Auschwitz era differente. Lì la struttura crebbe lentamente e gradualmente, avendo una funzione complessa: campo di prigionia, campo di lavoro, campo di sterminio, associato ad una rete di fabbriche. Gli altri campi, centinaia sparsi in tutto il Reich e nell'Europa occupata, erano campi di concentramento e di lavoro nei quali la popolazione di detenuti era mista; gli ebrei erano solitamente una piccola minoranza. In quei campi (come Dachau, Mauthausen, Buchenwald) vi era violenza, sfruttamento selvaggio della forza lavoro, ma non sterminio in senso proprio. La morte di massa era dovuta al pessimo trattamento e, negli ultimi mesi e persino dopo la liberazione, le percentuali di deceduti aumentarono rapidamente a causa del collasso del già precario sistema logistico.

CANZANO 5- Cosa pensa degli storici revisionisti?

CORNI – Se per revisionismo intendiamo – come io intendo si debba intendere – una continua incessante riflessione autocritica, questa non può che essere una componente essenziale della ricerca storica. Se invece i revisionisti debbono essere considerati quegli storici che, noncuranti delle evidenze documentarie, portano avanti tesi precostituitute per motivi ideologici, o politici, allora io credo che il revisionismo di questo tipo debba essere condannato senza remissione. D'altro canto, non credo sia possibile escludere del tutto la possibilità che storici, o cosiddetti tali, si mettano al servizio di tesi revisionistiche per motivi politici, ideologici o di opportunismo. Li si deve lasciare cuocere – per così dire – nel loro brodo. Discutere con loro a livello scientifico è praticamente impossibile.

CANZANO 6- Vediamo che in Germania stanno fiorendo le iniziative che diffondo la cultura ebraica e la Qabbaláh, (detta anche in italiano cabala è parte della tradizione esoterica della mistica ebraica, in particolare il pensiero mistico sviluppatosi in Europa a partire dal VII-VIII secolo) è studiata un po' da tutti e tutti vogliono avere i 'benefici' (vedi Madonna o Paola e Chiara) da questo tipo di ritualità 'magica', gli ebrei, non dovrebbero essere invece un po' più riservati per quanto riguarda questi studi che invece sono conoscenze molto spesso solo per gli iniziati?

CORNI – Non sono in grado di rispondere a questa domanda; il misticismo, di qualunque natura esso sia, non è assolutamente il mio forte, mi spiace.

BIOBIBLIOGRAFIA

Gustavo Corni nasce a Modena nel 1952, è professore ordinario di storia contemporanea presso l'università di Trento; da molti anni si occupa di storia della Germania nel XX secolo, con particolare interesse per la storia delle dittature del XX secolo.
Principali interessi di ricerca:
-storia sociale e politica dell'agricoltura tedesca dal Settecento al Novecento
-storia della storiografia nei paesi di lingua germanica
-storia sociale della Prima guerra mondiale (in particolare le occupazioni militari)
-storia dell'ebraismo orientale nel periodo che dal 1918 va fino al 1945
-storia comparata delle trasformazioni economico-sociali determinate dall'occupazione militare tedesca in Europa 1939-1945
-storia dei rapporti culturali e delle reciproche immagini tra Italia e Germania nell'Otto-Novecento
Ha pubblicato numerosi libri, in parte tradotti in inglese e in tedesco.

Tra le numerose pubblicazioni ricordiamo alcuni titoli:

Corni G., “Lo sterminio degli ebrei nella memoria europea”. In: Storia e memoria. La seconda guerra mondiale nella costruzione della memoria europea. Corni G. (a cura di), Trento: Museo Storico di Trento, 2007, p. 89-115.
Storia e memoria. La seconda guerra mondiale nella costruzione della memoria europea, Corni G. (a cura di), Trento: Museo Storico di Trento, 2007.
Corni G., Hitler, Bologna: Il mulino, 2007. p. 221. 978-88-15-11997-1.Corni G., “Le occupazioni tedesche nella seconda guerra mondiale. Piani e realizzazione”. In: Le guerre del Novecento. Gribaudi G. (a cura di), Napoli: L'ancora del Mediterraneo, 2007, p. 123-155.
Corni G., “Spostamenti di popolazioni e politiche del “grande spazio””. In: Le lettere aperte. 1939-1943. L'Alto Adige delle opzioni. Von Hartungen C. (a cura di), Bolzano: La fabbrica del tempo, 2006, p. 45-66. Corni G., “Impero e spazio vitale nella visione e nella prassi delle dittature (1919-1945) “. Ricerche di storia politica, 2006, n. 3, p. 345-357,
Corni G., “Götz Aly, l'opera di uno storico scomodo”. Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento, 2006, v. XXXI (2005, p. 445-474,
Corni G., “Sport e politica. Il caso del fascismo in Italia”. In: La leggenda di Primo Carnera. Festi R. (a cura di), : EsaExpomostre, 2006, p. 113-125. Corni G., Dipper C., “Introduzione”. Italiani in Germania. Spostamenti, rapporti, immagini, influenze. Corni G., Dipper C. (a cura di), Bologna: Il mulino, 2006, Quaderni dell'Isig Vol. 67, p. 9-24.
Corni G., “I ghetti e l'Olocausto”. Cap. senza numerazione:Cattaruzza M., Flores M., Levis Sullam S., Traverso E. (a cura di), Storia della Shoah, vol. 1. La crisi dell'Europa e lo sterminio degli ebrei. Torino: UTET, 2005. p. 851-878
Corni G., “Il “nemico interno” nella storia del Reich germanico dopo il 1870. Vicende e stereotipi”. Storia e problemi contemporanei, 2004, n. 35, p. 85-105,
Corni G., “I ghetti ebraici nell’Europa orientale”. Giano : ricerche per la pace, 2002, v. 40, p. 75-86,
Corni G., “Hitler e la Germania nazionalsocialista”. In: Le mappe del ‘900. Numero speciale de ‘I viaggi di Erodoto’. Milano: Mondadori, 2002, p. 171-186.
Corni G., “I ghetti di Hitler. Voci da una società sotto assedio”. Protagonisti, 2001, v. 80, p. 107-113,
Corni G., I ghetti. Anticamera dello sterminio, Firenze: Giunti, 1999. p. 63

giovanna.canzano@email.it

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