Un oceano di saggezza

“Oceano di saggezza”. È questa la traduzione letterale di Dalai Lama, massima autorità temporale del Tibet, e spirituale del Buddismo tibetano, nonché presidente del governo tibetano in esilio. In tutto il mondo, pronunciando “Dalai Lama”, viene in mente la figura di Tenzin Gyatso, residente in esilio in India dal 1959, in seguito all’occupazione e rivendicazione cinese del Tibet (1949-51), insignito del premio Nobel per la pace nel 1989, per la sua resistenza non violenta contro la Cina.
Niente di nuovo, fin qui, se non che il Dalai Lama è in Italia dal 5 dicembre, in uno dei suoi innumerevoli viaggi in giro per il mondo, a portare saggezza, messaggi di pace e fratellanza. Dalla Cina, ovviamente, come già avvenuto per Usa e Germania, in via preventiva sono arrivati minacciosi consigli nei confronti delle massime cariche dello stato, vere e proprie diffide verso eventuali incontri ufficiali con questo carismatico personaggio. Nei fatti, la Cina ha più volte denunciato il Dalai Lama come promotore dell'indipendenza tibetana, mentre l’attuale posizione politica del religioso riguarda solo una necessaria autonomia tibetana riguardo agli affari interni.
A differenza di Bush per gli Stati Uniti e della Merkel per la Germania, in quest’occasione l’Italia finalmente agisce di testa sua, non seguendo, una volta tanto, l’esempio statunitense. Difatti, le massime autorità dello stato italiano non hanno organizzato incontri ufficiali con il Dalai Lama a porte chiuse, ma hanno addirittura chiuso le porte ad ogni incontro, cercando di rispettare la volontà del governo cinese, per evitare problemi alla “nostra” economia che ha notevoli interessi da salvaguardare nella Repubblica Popolare asiatica.
Non senza una certa dose di ironia, si può azzardare a dire che è salva anche la “prospettiva futura” di una “possibile apertura” ad un “eventuale dialogo” che forse si intraprenderà, affinché si possa auspicare, sempre che ciò non dia fastidio a qualcuno, una migliore condizione di esistenza per i preti cattolici in Cina. Ebbene sì, nemmeno Ratzinger ha intenzione di incontrare questo massimo esponente religioso. Chissà cosa avrebbe pensato Giovanni Paolo II al riguardo.
Giunto in Italia dalla porta di servizio, con grande umiltà e saggezza, il Dalai Lama cerca di non creare problemi ai goffi italiani (che aprendo il manuale delle Giovani Marmotte non trovano soluzioni facili al problema) dicendo che la sua è una visita non politica. Insomma, la stampa lo tratta come argomento di secondo piano, sempre che lo tratti, e i nostri politici pregano affinché la visita “di cortesia” abbia una conclusione veloce e senza conseguenze catastrofiche per l’immagine del paese.
Del resto, la Cina è stata chiarissima: accogliere il Dalai Lama è una provocazione e si tratta di un’interferenza negli affari interni cinesi. Se i politici tentennano, il popolo che essi rappresentano ha le idee molto più chiare al riguardo: sono, infatti, più di ottomila le persone che incontrano il Dalai Lama al PalaSharp di Milano in questi giorni e i biglietti praticamente esauriti per l'evento intitolato “La via della Pace interiore”. Il momento più importante è per domenica pomeriggio, quando il Dalai Lama terrà una conferenza pubblica per festeggiare il 18esimo anniversario dalla consegna del premio Nobel per la pace.
Quanto meno, gli ambientalisti saranno felici di consolarsi con il fatto che tutte le emissioni (circa 20.200 kg) di anidride carbonica, generate dall’evento in quel di Milano, saranno compensate con la riforestazione di 46.600 mq di aree boschive del Costa Rica.
Sempre meglio di niente.

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