L’intervento in aula dell’on. Franco Narducci

Narducci: “la legge finanziaria deve riconoscere l’ulteriore detrazione dell’ICI anche agli italiani all’estero”. L’intervento in aula del parlamentare eletto all’estero

Con la legge Finanziaria 2008 continua l’impegno assunto dalla maggioranza per il risanamento ed il rilancio dell’economia del Paese, una economia che non si ferma certamente entro i confini nazionali ma vede come attori anche i nostri connazionali all’estero che rappresentano i migliori promotori del Sistema Italia nel mondo. Un sistema che come è stato segnalato più volte non può ritenersi compiuto se non presta attenzione al coinvolgimento e alla cooperazione con le comunità italiane residenti all’estero, nelle quali è sempre più ampia la presenza di imprenditori di origine italiana attivi nei Paesi che li hanno accolti. E’ quindi notevole e meritevole lo sforzo fatto dal Governo, che ha valutato positivamente le richieste mirate a sostenere tra l’altro l’imprenditoria dei connazionali nei Paesi di adozione. Ci attendiamo ora che si faccia tutto il possibile per individuare le misure per utilizzare, in sinergia con le imprese nazionali, le potenzialità che l’emigrazione italiana nel mondo ha creato.
Un altro fronte di fondamentale importanza per il nostro Paese e per le comunità italiane emigrate è senz’altro rappresentato dalla diffusione della nostra lingua e dalla valorizzazione del nostro patrimonio culturale ed artistico; si tratta di un fronte di grande significato per l’esteso ventaglio di opportunità che determina, dal turismo al successo del marchio Italia, ma anche per preservare e rafforzare il legame affettivo e culturale tra le due Italie. Le risorse destinate dalla Finanziaria a questo delicato versante forniscono risposte alle esigenze più immediate, ma occorre agire dare seguito all’attenzione manifestata e procedere risolutamente alle riforme legislative che si attendono da almeno un paio di decenni, presupposto indispensabile per far fronte strategicamente alle iniziative messe in campo dai Paesi che stanno puntando con notevole dispiegamento di mezzi a conquistare posizioni di primo piano in quello che oggi viene definito, con un brutto termine, il mercato delle lingue. Vi è sempre più consapevolezza, infatti, che in una logica integrata di promozione di un sistema Paese il patrimonio culturale e artistico rappresenti un valore aggiunto di primo piano che no può assolutamente essere tralasciato.
La finanziaria 2008 prevede inoltre interventi che interessano l’assetto organizzativo della rete diplomatica e consolare italiana nel mondo. La riforma dell’amministrazione del Ministero degli Affari Esteri e della rete consolare è da tempo nell’agenda degli impegni da realizzare e con la finanziaria 2007, sono state creati i presupposti di legge per procedere alla riorganizzazione sia della rete diplomatico-consolare che degli istituti italiani di cultura.
Come parlamentare eletto all’estero e come cittadino italiano che vive all’estero da anni intendo richiamare il Governo sulle esigenze dei nostri connazionali emigrati, ed anche sul ruolo che le sedi consolari rivestono nel tempo della globalizzazione, un ruolo che non è più quello di rappresentanza secondo i vecchi schemi.
In sede di parere in Commissione Affari Esteri si è dibattuto ampiamente sulla necessità di procedere ad una riorganizzazione della rete che non precluda le possibilità di sviluppo del nostro Paese e soprattutto non leda il diritto dei nostri connazionali a servizi efficienti erogati in tempi accettabili. Gli uffici consolari all’estero sono punti di riferimento vitali per molti aspetti: non è in gioco il solo rilascio di documenti, di passaporti o di pratiche di cittadinanza, è in gioco soprattutto lo sviluppo del nostro sistema Paese e la garanzia di poter far fronte ai numerosi compiti aggiuntivi che si sono aggiunti a quelli tradizionali.

Il piano di chiusura delle sedi finora realizzato dall’Amministrazione ha riguardato per lo più semplici accorpamenti tra sedi dove già si realizzavano ampie sinergie, atti a dimostrare al Ministero dell’Economia la buona volontà del Ministero degli Esteri in fatto di risparmi.
Se per il prossimo futuro sono in preventivo altre chiusure, é assolutamente indispensabile fermarsi a pensare, a riflettere e tracciare anzitutto una strategia a valere sul medio periodo. L’obiettivo deve essere quello di una “moratoria” delle chiusure, motivata anche dagli scarsi risultati ottenuti in termini di risparmi economici dalle chiusure di sedi già realizzate e dalle conseguenze della mancanza di un piano come quello sopra menzionato.
Bisogna opporsi al principio di fondo che indirizza la scelta dei tagli, avendo consapevolezza che di questi e non di una vera ristrutturazione della rete si tratta. Il Ministero degli Esteri è un’amministrazione che non costa molto all’Erario, complessivamente con un buon grado di efficienza, sulla quale si dovrebbe investire e non programmare tagli incomprensibili ai cittadini emigrati e spesso all autorità dei Paesi opsitanti. Sulla base di queste constatazioni poggia l’esigenza di una “moratoria”. I trasferimenti di competenze (non esistono vere chiusure) producono dei risparmi minimi.
Io credo che non si può sottacere su questo rinnovato taglio alle risorse e sul problema nodale, evidenziato in tante altre occasioni, rappresentato dalla esiguità delle risorse complessive destinate al bilancio del MAE, come pure nella finalizzazione di tali risorse all’interno del bilancio stesso. Occorre in generale più considerazione per i servizi destinati ai cittadini italiani emigrati e occorre una diversa attenzione del Ministero stesso nell’individuazione delle priorità dei risparmi effettuabili, tra cui la riduzione delle spese di auto-amministrazione.
Il limitatissimo tempo a mia disposizione non mi consente, Signor Presidente, di far presente questioni altrettanto importanti. Mi consenta tuttavia nel concludere il mio intervento di far cenno alla detrazione dell’ICI prevista dall’art. 2 della legge finanziaria 2008 e alla mancata estensione di questa possibilità ai soggetti residenti all’estero, proprietari di immobili in Italia. Ritengo ingiusto, e qui vorrei richiamare l’attenzione del rappresentante del Governo, che si utilizzino criteri e possibilità differenziati per cittadini ugualmente garantiti dalla nostra Costituzione e voglio auspicare che l’aula possa ristabilire questo ingiusto trattamento approvando l’emendamento che sarà presentato all’attenzione dei colleghi Deputati.

25/10
Nota di posizione sulla ristrutturazione della rete diplomatico-consolare e degli Istituti di Cultura (ex art.1 comma 404 della finanziaria).
La finanziaria ha chiesto la “razionalizzazione” della rete diplomatico-consolare. Si tratta di un eufemismo per dire “tagli finalizzati a risparmi” o di un “aumento di efficienza” ?

Se si tratta di tagli finalizzati a risparmi, allora è bene intendere – e far intendere al MEF – che i risparmi (minore spesa) sono minimi, ma che il danno – minore servizio ed efficienza del ‘sistema Italia’ – è cospicuo.
Se si tratta di rivedere la dislocazione geopolitica della rete diplomatico-consolare e degli istituti di cultura in funzione degli aggiornati interessi italiani, allora il discorso potrebbe tenere, a condizione di definire questi interessi (tutela dei connazionali, delle imprese, sfide globali quali la pena di morte, la lotta al terrorismo ed alla povertà, i cambiamenti climatici, etc) ed agire di conseguenza.

Pur leggendo nella relazione d’accompagnamento numerose, puntuali e giuste considerazioni dell’Amministrazione sui costi delle chiusure, ad esempio per i riflessi in ambito ONU, sui costi di ridislocazione delle competenze e sul fatto che queste continuano ad esistere nonostante le chiusure, manca a nostro avviso un compiuto piano di razionalizzazione: si vedono in definitiva solo tagli (ben 20) e qualche timida apertura (3). Non sembra peraltro essere un’operazione a costo zero, anzi vi è un grande costo per la Farnesina.

Passando allo specifico di quanto fatto o annunciato, ci si chiede ad esempio con quali criteri si chiude un consolato in una capitale mentre lo si apre in un’altra? Se si guarda ai visti vi sono molte capitali dove aprire un consolato generale. Ma non vanno trascurate le funzioni più ampie di tutela degli interessi dei cittadini italiani e delle imprese, la promozione culturale, la cura degli interessi di una Paese globalizzato come il nostro (membro del G8 che ambisce a sedere frequentemente in Consiglio di Sicurezza anche per condurre campagne a livello mondiale).
Ha senso chiudere sedi che incassano più di quanto costano, come Smirne? Ha senso chiudere Rappresentanze o Consolati accorpandoli, quando l'unico “risparmio” è dato dalla soppressione di un posto diplomatico, ossia una persona operativa in meno? Sottrarre personale operativo, quale sono i diplomatici per il MAE, non vuol dire diminuire l’output ? Ha senso mantenere o aprire in queste condizioni i Centri Interservizi all’estero, pura spesa di autogestione a scapito del “prodotto MAE”?
Ha senso indebolire la nostra presenza nel mondo chiudendo Ambasciate che costano poco ma che svolgono importanti funzioni di dialogo con Paesi che votano per noi alle Nazioni Unite o ci sostengono in campagne politiche come quella contro la pena di morte. Sedi nelle quali i connazionali e le imprese rimarrebbero senza diretta tutela?

Il punto è che il MAE assorbe una quota infinitesimale del bilancio dello Stato, attorno allo 0,24% e dimostra di avere una qualità della spesa comparativamente più elevata rispetto a quella di altri dicasteri: teniamo in piedi una rete comparabile a quelle dei nostri partner europei con meno soldi, meno uomini e con risultati per molti versi comparabili. Il paragone con le chiusure degli uffici periferici del MEF o della Banca d’Italia è improprio: di quelli si prende atto dell’attuale inutilità, di Consolati ed Ambasciate vi è forte bisogno e forte richiesta.

Se di “razionalizzazione” si deve parlare bisogna allora dire che se non si possono dare alla rete diplomatico consolare le risorse per i compiti che il Paese si attende da questa – almeno si lasci al Ministero la possibilità di formulare proposte innovative per un'ulteriore miglioramento della qualità della sua spesa.

Ad esempio:

Il MAE ha finalmente intrapreso un coraggioso e lungimirante cammino di riforma della contabilità delle sedi estere che potrà comportare una migliore allocazione delle risorse finanziarie e umane disponibili.

Occorre poi spingere per una ulteriore completa informatizzazione degli archivi consolari e delle procedure allocando a tale scopo fondi certi e mirati.

Ulteriori progressi potranno essere fatti sull'impiego di personale, assicurando alla Farnesina la necessaria regolarità nelle assunzioni, a partire da quelle dei diplomatici, del personale delle aree funzionali e dei contrattisti, richiedendo che il meccanismo di accurata selezione e valutazione in vigore per i diplomatici possa essere esteso con i dovuti adattamenti anche al restante del personale, in linea con il nuovo contratto del pubblico impiego.

Il SNDMAE un anno fa aveva condotto una dura battaglia per dire che al MAE non vi è nulla da tagliare, semmai da adeguare con dei segni + Fatto riconosciuto anche dal promemoria del Gabinetto del 1° dicembre. Appare invece sempre più chiaro, anche dalla nuova finanziaria, che sono continuamente richiesti tagli alla Farnesina, senza affrontare il problema della qualità della spesa.

Il Ministero Esteri deve poter lavorare con risorse adeguate e meccanismi di controllo sulla qualità della spesa. Nelle condizioni attuali i tagli non costituiscono un risparmio bensì un aggravio di lavoro per il resto della rete e l’erogazione di un prodotto quantitativamente e qualitativametne inferiore, a fronte di una domanda in continuo aumento.

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