Allo Stadio, in gabbia

di Antonio Borghesi

Ho partecipato sabato scorso alla trasferta dei tifosi del Chievo a Brescia, per l’incontro di Serie B Brescia-Chievo. Eravamo meno di cento persone su due corriere. I tifosi del Chievo, in 14 anni consecutivi di partecipazione ai campionati professionistici, non hanno mai creato alcun problema di ordine pubblico, non hanno mai provocato alcun incidente, sono sempre stati additati come esempio da seguire. Basti ricordare che alla fine dello scorso campionato dopo aver perso l’incontro spareggio con il Catania ed essere così retrocessi in Serie B, hanno applaudito a lungo i giocatori avversari. Appena usciti dall’autostrada le forze dell’ordine ci hanno guidati fino al piazzale del mercato ortofrutticolo: lì abbiamo trovato tre vecchi autobus scalcinati, senza vetri e con reti metalliche alle finestre, cioè una sorta di cellulari per il trasporto dei detenuti.
Mi sono qualificato ed ho detto che, date le premesse, trovavo umiliante ciò che stava avvenendo. Mi veniva addotta la giustificazione che la misura era intesa a nostra protezione. Ne ho dedotto che dovevamo essere protetti dai tifosi locali. Ma se i responsabili dell’ordine pubblico di Brescia hanno un’opinione tanto negativa dei tifosi della squadra locale, da costringerci ad un atto del genere, perché la partita non è stata fatta giocare a porte chiuse? Siamo stati perquisiti e poi fatti salire sugli autobus e mentre andavamo così verso lo stadio, ad alta velocità, e l’aria che entrava con violenza da finestre senza vetri mi sferzava il viso mi è venuta spontanea un’associazione, che non vuole essere irriguardosa, con le deportazioni sui carri bestiame ad opera del nazifascismo, subite da tante persone per bene, colpevoli solo di essere ebree. Ed ho pensato anche ai tanti ragazzi e giovani che erano con noi. Ma che messaggio potevano ricevere da una simile esperienza? Ma pensiamo davvero che con simili modalità si possano educare i nostri figli allo sport ed al suo valore culturale? Arrivati allo stadio siamo stati nuovamente perquisiti e fatti entrare in un settore destinato agli ospiti, che altro non era che una vera e propria gabbia, chiusa da tutti i lati e con una rete che copriva il settore per tutta la sua estensione. E’ stato un po’ come vedere una partita di pallone da una cella. Ed il tutto nel dichiarato intento della nostra protezione! Io dico al Signor Prefetto ed al Signor Questore di Brescia che dovrebbero vergognarsi per avere trattato come delinquenti comuni tante persone che hanno sempre dimostrato di comportarsi in modo corretto! Nei prossimi giorni presenterò ai Ministri Amato e Melandri una interrogazione parlamentare su quanto avvenuto. Se veramente ci sono tifosi, come quelli del Brescia, tanto pericolosi da costringere il Prefetto ed il Questore a simili scelte, abbiano il coraggio di chiudere a tempo indeterminato quegli stadi senza cedere alle lobbies ed agli interessi economici dei Presidenti e delle reti televisive. Se invece i tifosi bresciani, come io penso, non sono delinquenti abbiano il coraggio di invitare i Responsabili dell’ordine pubblico di Brescia a comportamenti più consoni ad un Paese civile. Io mi sono sentito umiliato come uomo, come cittadino e come sportivo.

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