Intervento in VII Commissione

7ª COMMISSIONE PERMANENTE (Istruzione pubblica,
beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport)
COMUNICAZIONI DEL MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITA`
CULTURALI RUTELLI SULL’ATTIVITA` DEL DICASTERO
CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE CELEBRAZIONI
DEL 150º ANNIVERSARIO DELL’UNITA` D’ITALIA
131ª seduta: mercoledı` 24 ottobre 2007
Presidenza della presidente Vittoria FRANCO

MARCONI (UDC). Signora Presidente, debbo scusarmi con il Ministro per non aver potuto ascoltare la sua relazione. Voglio, tuttavia, cogliere l’occasione offerta per augurarmi che questa celebrazione sia la
meno formale e la più sostanziale possibile. Il nostro Paese ha incredibilmente bisogno di questo spirito di unità e l’occasione che ci si offre può essere utilmente colta (penso soprattutto alle generazioni più giovani). Con l’avanzare dell’età si sviluppa un certo cinismo e la nostra celebrazione sarà forse più formale che sostanziale, non vi è dubbio, tuttavia, che se riuscissimo a trasmettere qualcosa in questo senso ciò gioverebbe a tutti. Anche per quanto riguarda la spesa, credo che ci troveremo d’accordo nel dire che questa non sarà vana, anche nel caso di opere che non siano del tutto necessarie: nelle celebrazioni ci si scambiano regali e questi non sempre sono utili. Quindi reputo che anche la realizzazione di opere significative ancorchè prive di grande utilità possa trovare spazio in una simile occasione. Certo, potrebbe essere più proficuo intervenire su qualche museo o biblioteca, lasciando lì un segno con la classica targa, ma auspico che possa essere realizzata qualche opera veramente grande e bella perché, in effetti, pensando a questo nostro dopoguerra le uniche grandi opere realizzate nel nostro Paese sono gli stadi. Oltre a questi non mi pare che lasceremo a chi verrà dopo di noi opere di un qualche valore o significato. Apprezzo altresì l’idea della dislocazione territoriale delle iniziative perché immagino possa rappresentare l’occasione per colloquiare con le Regioni, invitandole a celebrare e vivere intensamente questo appuntamento solenne. Ciò nonostante, ritengo che ad alcune citta`-simbolo (lo dico contro gli interessi della mia Regione, sia elettiva che di residenza, le Marche) quali Firenze, Torino e Roma debba essere dato un particolare rilievo, proprio per il valore simbolico che rivestono. Concordo sulla necessità di un po’ di retorica giacché essa muove il sentimento e questo è necessario. Stiamo attenti però perché di retorica intorno all’Unità d’Italia ne fece moltissima anche il regime fascista. Dunque, retorica si ma accompagnata da una forte esigenza di verità. La verità storica, signor Ministro, non disturberà l’idea di unità del Paese anzi, al contrario, la rafforzerà. Mi spiego meglio. Come diceva il senatore Asciutti, la storia dell’unificazione è anche – e in alcuni casi soprattutto – storia d’occupazione. Non è stata una guerra di popolo; soltanto piccole aree del Paese sono state coinvolte, ma questo spirito è stato poi nel tempo confermato. Insieme al 1861 dovremmo ricordare altre date significative, per esempio il 1929. E perché dovremmo farlo? Perché se è vero che l’Unità d’Italia è stata realizzata anche contro lo Stato della chiesa, lo Stato pontificio (e questo per ragioni geopolitiche era necessario), non ha avuto senso che negli anni successivi venisse condotta una guerra contro i cattolici di questo Paese che rappresentavano davvero l’unica realtà unificante, l’unico elemento, senatrice Pellegatta, che teneva unito questo Paese. Su una cosa gli italiani erano tutti dello stesso parere: sul fatto che tutti si riconoscevano nella fede cristiana e non in maniera formale, ma sostanziale. Negli anni successivi, diverse furono le azioni condotte contro i cattolici, a partire dagli espropri eseguiti dallo Stato liberale, che rappresentava – voglio sottolinearlo – lo 0,7 per cento di effettivi elettori (questo fu il risultato della prima votazione del Parlamento italiano, non dimentichiamolo!). Con il 1929 tutto questo è stato superato, anche grazie alle elezioni finalmente a suffragio universale avvenute qualche anno prima; gli italiani votarono non più in base al censo: votarono i maschi dai trent’anni in su di modo che nel nostro Paese i grandi partiti di massa (penso al Partito popolare e al Partito Socialista) entrarono nella scena politica italiana. Come pure non possiamo non ricordare il 1947. A mio parere, quindi, nel corso di tale ricorrenza bisognerebbe ricordare non solo il 1861 ma tutte le date che hanno rappresentato tappe significative, che nel corso della storia d’Italia hanno concorso alla realizzazione dell’incompiuta unità, quella che nel frattempo si doveva necessariamente realizzare. A fianco delle celebrazioni ufficiali possiamo, dunque, immaginare – è necessario uno sforzo di fantasia sul quale credo tenteremo insieme di coinvolgere il maggior numero di persone – di trovare dei gesti simbolici che possano, da una parte, rappresentare il riconoscimento di verità storiche che sarebbe stupido disconoscere (al riguardo sarebbe necessario porre un po’ d’attenzione ai libri di testo) e, dall’altra parte, mettere in risalto come il valore legato all’unificazione sia stato conquistato con il sacrificio di tanti, non solo di qualche garibaldino o piemontese; ciò nel corso degli anni è servito a creare unificazioni sostanziali che di fatto rappresentano molto di più delle mere unità territoriali (penso all’unità di classe). L’Unità d’Italia mette fine non solo a divisioni regionali radicate, ma anche a distinzioni di classe molto profonde: classe borghese e nobiliare contro la massa del popolo. Tuttavia, penso anche alle divisioni di classe che abbiamo superato solo dopo l’istituzione della Repubblica con politiche sociali che hanno fatto degli italiani un unico popolo, da un punto di vista non solo formale, ma anche sostanziale. Credo che unendo tali elementi quest’occasione sicuramente sarà preziosa, pertanto varrà la pena averla celebrata e aver speso del denaro a questo scopo.

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