Intervista al Senatore Luigi Pallaro

di Marco Basti

Intervista alla Tribuna Italiana prima di partire. Pallaro: “Al Senato, dietro a me si parla tedesco”

Così risponde a chi lo definisce senatore argentino. “Sono nato in Italia, sono emigrato in Argentina, sono un imprenditore argentino, sono italianissimo e ho lo stesso diritto di Berlusconi di sedere in Parlamento”. La maggior parte dell’opinione pubblica italiana non conosce gli italiani all’estero e la maggior parte dei politici italiani nemmeno.”

Domenica scorsa è ritornato in Italia per partecipare al Senato alla fondamentale votazione sulla Finanziaria. Un altro viaggio che il senatore Luigi Pallaro ha fatto per continuare a compiere quella che ha sempre definito la sua missione principale e cioè, di far conoscere in Italia la realtà degli italiani all’estero. Una missione che, comunque, non gli impedisce di impegnarsi per ottenere risposte alle tante attese degli italiani residenti nell’America del Sud, per sensibilizzare una classe politica che in genere non si è mai interessata di noi e in un quadro politico ed economico che non è certo idilliaco.
Incontrando il senatore poco prima della sua partenza, abbiamo posto la prima domanda, che riguarda proprio la possibilità o meno che il governo cada e che il Parlamento eletto l’anno scorso, si chiuda tre anni prima della sua fine naturale, che dovrebbe essere nel 2011.
“Stando a Roma – dice Luigi Pallaro – la fine sembra imminente. Ma poi in pratica in politica ci sono sempre mille ricorsi e mille giri che mi portano a non vedere così precipitosa la caduta del governo.”
“Non c’è dubbio che c’è un assestamento nella stessa struttura del governo, a margine di quello che fa l’opposizione. C’è un problema interno ad essa, ma non credo che il governo cada perché al Senato non avrà i voti, ma cadrà quando la stessa coalizione di governo deciderà di cambiare.”
TRIBUNA ITALIANA – Non è che il governo può cadere per un incidente di percorso, per un calcolo sbagliato?
L.P. – L’incidente di percorso non significa che termina la Legislatura. Se cade un governo il Presidente della Repubblica affida l’incarico a un altro. Ci sarà anche la possibilità di andare alle elezioni, ma è l’ultima cosa che faranno.
T.I. – Qui in Argentina è stata appena eletta Cristina Fernandez de Kirchner alla Presidenza. La incontrerà? Cosa le dirà?
L.P. – Vedremo se potremo incontrarla prima della mia partenza o al mio ritorno. Comunque, porterò i saluti della comunità italiana. Voglio parlare con Lei sul ruolo che ho come senatore italiano residente in Argentina, sull’azione che posso svolgere per avvicinare l’Italia all’Argentina e l’Argentina all’Italia. Questa non è una novità, l’avevo annunciato in campagna elettorale.
T.I. – Le promesse della campagna elettorale…
L.P. – Infatti, durante la campagna elettorale avevamo detto che saremmo andati in Italia per spiegare agli italiani che fuori d’Italia c’era un’altra realtà, per far conoscere quest’altra realtà. Adesso si conferma che gli italiani hanno di noi una conoscenza molto remota. C’è una conoscenza sull’emigrazione come storia, del tipo “Dagli Appennini alle Ande”. Ma non sanno che gli italiani si spostano nel mondo da oltre due secoli, non sanno niente sulle nuove generazioni, che dopo le emigrazioni di massa gli italiani all’estero hanno cercato di organizzarsi, hanno lottato perché i governi facessero una politica per gli italiani nel mondo. Tutto questo è stato fatto fino ad arrivare a riconoscere il diritto di voto, ma sempre circoscritto a poche persone. L’opinione pubblica italiana non è a conoscenza di questo fenomeno e la maggior parte dei politici nemmeno.
T.I. – Per la maggior parte dei politici italiani voi siete degli estranei?
L.P.- La maggior parte dei politici quando arrivo al Senato dicono: adesso viene l’argentino.
T.I. – Anche i giornali italiani parlano del senatore argentino.
L.P. – E invece c’è una realtà straordinaria con l’avvento dei parlamentari eletti all’estero. Io sono un italiano nato in Italia, venuto in Argentina, imprenditore argentino, con residenza in Argentina e senatore della Repubblica Italiana.
Quando si parla di modificare il voto all’estero, sono discorsi che nascono per la situazione che si è creata al Senato, laddove oltre ai senatori a vita, quattro senatori del centrosinistra e un indipendente, che sono io, sosteniamo il governo. Ma se non ci fossimo noi, ci sarebbero altri cinque senatori eletti in Italia e la situazione sarebbe uguale.
Quindi la bilancia non è cambiato niente. E’ cambiata soltanto perché noi siamo un po’ diversi.
T.I. – E’ forse perché non fate parte della “casta”?
L.P. – No, è che non sono abituati a vederci. No ce n’è uno più italiano di me là dentro, perché io sono nato in Italia. Non è che non ho il diritto di stare seduto là. Ho il diritto tanto come ce l’ha Berlusconi.
T.I. – Ma Lei non è un politico…
L.P. – Io credo che la reazione è la reazione a un fatto nuovo. Guarda il caso dei senatori del Trentino Alto Adige. Che cosa sono? Sono seduti dietro a me e parlano tedesco. Qual’è la differenza? Che io parlo l’italiano. Perché devono segnalarci come qualcosa di strano quando ci sono i senatori del SVP là dentro? Dietro alle mie spalle si parla tedesco.
T.I. – In Italia non sanno – o fanno finta di non sapere – che Lei è un senatore italiano che risiede in Argentina e non conoscono e non si interessano nemmeno di conoscere la realtà degli italiani all’estero. Ma allo stesso tempo, qui in Argentina, c’è chi dice: ma alla fine a che è servito votare, che cosa abbiamo ottenuto, cosa sono andati a fare i nostri parlamentari? Non è cambiato niente. E’ così?
L.P. – Direi che queste domande sono naturali per quasi l’80 per cento delle persone, perché c’è un risentimento nell’uomo e a volte diventa difficile analizzare perché abbiamo fatto questo sforzo.
Vede, io sono 56 anni che sono qua e mi sono dedicato moltissimo alla collettività, perché l’Italia faccia una politica per noi. Ci sono cose che bisogna ricordarle. I primi italiani qui arrivati erano anarchici, anticlericali e antiitaliani, perché non c’era l’Italia. Questo libro che abbiamo fatto sulla storia degli italiani nella Repubblica Argentina, in Italia comincia a farsi spazio, comincia a dare a qualcuno l’idea che c’era una realtà italiana in Argentina, centocinquanta anni prima dell’Unità italiana.
Poi, l’emigrazione del 1880 era un’emigrazione che è andata così allo sbaraglio, alla ricerca di terra, di sistemarsi, di uscire dalla miseria. E ce l’hanno fatta e sono stati più fortunati in quell’epoca di quelli che sono rimasti in Italia. Lo sono stati per molti anni.
Allora ritornando alla base della tua domanda, perché li abbiamo votati, per fare cosa? Per dimostrare che esistiamo.
Io farei anche delle domande ad alcune di queste persone. Tu perché hai il passaporto? Ce l’hai perché qualcuno ha pensato per te. Sono state le nostre associazioni che hanno fatto le battaglie, le nostre battaglie che ti hanno dato il passaporto e che hanno portato le pensioni per chi ne ha diritto. E perché l’Italia faccia una politica di assistenza per quelli che sono più bisognosi, quelli che non hanno mezzi. E anche qui viene il problema. Tutti vogliono essere tenuti in considerazione dall’Italia, anche quelli che non hanno bisogno, perché così sente l’emigrante. E allora quando alcuni dicono quello li non ha fatto niente per me, c’è da rispondere: Non ha fatto niente perché tu non ne hai bisogno.
Inoltre dobbiamo ricordare che ci avevano cancellato dalle anagrafi municipali. Che l’Italia voleva nasconderci dietro a un muro del silenzio e invece noi abbiamo rotto quel muro e ci siamo presentati per dire che noi esistiamo.
Fra tutti quelli che si occupano di questa realtà, ci sono anch’io. Non ci sono io solo. C’è molta gente, anche gente che non è più in questo mondo. E sono sepolti ma hanno lasciato un mucchio di lavoro. Un lavoro che non è semplicemente pensare se ti danno qualcosa di materiale per sentirti soddisfatto perché l’Italia ti ha dato qualcosa. E tutto il resto, non conta niente? Il diritto della cittadinanza, la riconoscenza dei tuoi figli, una politica per chi non ha avuto fortuna?
Guardiamo a questo accordo che si firma in questi giorni. L’assistenza sanitaria per quasi diecimila bisognosi per chi non l’aveva, per chi l’aveva perduta. E`un fatto importante, interessantissimo, sul quale il sottoscritto si è impegnato molto a Roma.
Colui che ha bisogno di questo, è una persona sfortunata. Chi non ha bisogno di questo, può considerarsi una persona fortunata e può sentirsi solidale per il fatto di aver contribuito con il suo voto a far sì che questo avvenga.
E io per questo vado a Roma e torno e vado e torno, e vedo i politici e vedo tanta gente. E parlo dell’assistenza, ma parlo anche delle altre nostre realtà, delle nostre famiglie, del nostro lavoro, delle nostre mete, della nostra esistenza come cittadini.
Probabilmente non considerano l’enorme sforzo del volontariato di tante persone impegnate per ottenere che la nostra comunità sia trattata con dignità e rispetto. Non si tratta di un beneficio personale, ma di un beneficio collettivo.
Abbiamo ottenuto dei riconoscimenti che ci erano stati negati. Un lavoro che è stato fatto dalle associazioni, dalla nostra stampa, da tante persone che in una forma o nell’altra si sono occupate dell’esistenza degli emigrati e dei diritti persi con l’emigrazione e dei diritti acquisiti grazie a questo sforzo.
Certo che nel pacchetto ci sono anche i bugiardi, quelli che fanno un lavoro fuori dalle critiche perché non hanno un interesse personale.
Le mie battaglie a Roma, quando sento un uomo come Fini che dice: “Quando ci costi caro Pallaro!” Come se i fondi per un progetto come questo per l’assistenza agli indigenti, di tredici milioni e mezzo di euro, fossero venuti nelle mie tasche.
Se qualcuno crede che questo lavoro fatto a Roma sia un beneficio personale, vi faccio vedere i conti che per fare il senatore a Roma ci rimetto soldi tutti i giorni. E in più non dedico attenzione alle mie cose.
T.I. – Si sente stanco?
L.P. – No non sono stanco, sono anche soddisfatto. Quello che molte volte dico è che i mezzi di diffusione della collettività, non devono essere finanziati se sono fatti solo per deteriorare l’immagine degli italiani all’estero. Criticando le persone senza senso. Io opero da molti anni e conosco tanta gente. Posso guardare dall’alto in basso tante persone e se molte volte non lo faccio è per prudenza, per non svergognare certe persone che vanno nella collettività solo per vedere se possono arraffare qualche cosa. Quando criticano e quando parlano alla radio, queste critiche non fanno altro che deteriorare l’immagine della collettività, di tutti gli italiani. E poi mi viene da chiedere: tu che cosa hai fatto nella tua vita, che cosa hai apportato per gli altri? I mezzi di comunicazione seri devono fare una grossa selezione e schivare questi elementi.
T.I.- Quando parla di mezzi di informazione della collettività fatti per deteriorare l’immagine degli italiani all’estero, si riferisce a tutti i mezzi, compresa la TRIBUNA ITALIANA?
L.P. – TRIBUNA è ben diversa! E ci sono altri mezzi che sono seri. Ma ci sono alcuni che lavorano proprio per disunire la collettività, contro chi ha sempre lavorato nella collettività.
Ecco il mio sfogo è perché ho l’impressione che si parla più del negativo che del positivo.
Si sta firmando questo convegno. Per fare le cose bene bisogna lavorare bene e starci sopra. Non è un PAMI, è una assistenza completa per quelle persone che l’hanno perduta. Invecchiare e non avere la possibilità di assistersi è un dramma.
Si è fatta un’asta, si sono presentate decine di operatori, e si è scelto quello che ha dato più garanzie per una assistenza di prima linea. Non ti sembra che sia il caso di dare questo annuncio? Per dimostrare che non ci siamo dimenticati di quelli che non hanno fatto fortuna e che oggi sono in difficoltà anche per comprarsi una aspirina?
E’ un lavoro fatto da noi e dobbiamo ringraziare il governo italiano per la sensibilità dimostrata in questo caso. Perché è vero che siamo italiani all’estero, che quando siamo partiti l’Italia era in condizioni non buone, è vero che abbiamo anticipato con le rimesse i soldi per la ricostruzione, ma è bene anche riconoscere che con questo tema e con altri che sono previsti nella Finanziaria che stiamo trattando in questi giorni, stiamo ottenendo delle risposte. Riprendersi la cittadinanza per quelli che l’hanno persa per lavoro è previsto nella Finanziaria. La trasmissione della cittadinanza ai figli di donne italiane nati prima del ‘48 è in questa Finanziaria. Il riconoscimento della cittadinanza alle donne che l’avevano persa prima de ‘48 per aver sposato un cittadino straniero è previsto nella Finanziaria.
Poi il riordino dei consolati. Poco tempo fa proprio per un interessamento mio personale hanno assunto 30 impiegati a contratto a Buenos Aires, Lomas de Zamora e Morón, proprio per uscire dalla crisi. Inoltre per l’ordinamento definitivo è prevista in questa Finanziaria l’assunzione di altre 230 persone per tutta la rete consolare.
Ecco tutto questo è stato ottenuto. Inoltre dobbiamo lavorare tanto sui rapporti tra i due Paesi, sui rapporti economici, sui rapporti culturali, sui rapporti di amicizia tra i due popoli.
T.I. – Nella collettività ci sono dirigenti che conoscono e capiscono queste nuove realtà?
L.P. – Quello che ha fatto l’associazionismo, le liste che hanno vinto le elezioni dei Comites, anche se poi qualcuno ha pensato che ha i pantaloni lunghi e me ne sbatto, ma questo succede sempre.
Anche nel CGIE, c’è da ricordare che su otto consiglieri, io sono l’unico nato in Italia, gli altri sette sono nati in Argentina.
T.I. – A proposito di CGIE e giovani, c’è stata qualche polemica sulla scelta dei giovani che dovevano partecipare alla seduta di Guayaquil
L.P. – Il CGIE è l’espressione di una struttura di rappresentanza degli italiani all’estero di interlocuzione con il governo italiano. Pertanto non dovrebbe essere sua funzione fare riunioni di giovani, dato che questi maturano all’interno delle associazioni, facendo le loro esperienze all’interno della collettività, attraverso le attività culturali, sociali, politiche, ecc). E’ inaccettabile che il governo italiano spenda fondi per utilizzare i giovani. Il Documento finale di Guayaquil dimostra chiaramente quale obiettivo si cerca tramite queste riunioni di giovani. Cosa c’entrano i giovani nati e operanti nelle associazioni con quelli eletti dai Patronati, che non hanno strutture, che ricevono soldi in cambio dei loro servizi? Queste riunioni organizzate da funzionari pagati per altri scopi, sono uno schiaffo alle associazioni centenarie che mantengono una eredità di cultura, di lingua, di tradizioni.
Quando succedono queste cose, si divide anche l’armonia a casa nostra, nei nostri Comites. Certi consiglieri dei Comites che provengono dal mondo associativo, cosa vogliono inventare, nuove strutture a loro servizio?
Quindi è chiaro che ci sono già nuovi dirigenti che sono nati qui, che provengono dell’associazinismo, anche se qualcuno poi lo rinnega. L’importante è che la gente capisca l’importanza dell’associazionismo e l’importanza di sostenere la sua azione. In questo momento c’è una crisi politica, una crisi di identità, perché nel mondo ci sono tanti che vorrebbero fare le cose senza i politici. Dappertutto. Per cui la nostra presenza come associazionismo è ambita anche da altre strutture, si punta sempre di più sull’uomo e non sui partiti politici. Guardiamo le elezioni in Argentina, se guardiamo in Italia Grillo.
T.I. – E il Pd?
L.P. – E’ un altro fenomeno nuovo che apre una forma nuova di fare politica in Italia, la cosa più importante degli ultimi tempi in Italia. Si va verso un partito di centrosinistra e un partito di centrodestra, che pur alternandosi alla guida del Paese, non provocano il cambiamento di tutto, ma spostamenti e qualche cambiamento. Per questo si fanno le elezioni e i cambi di governo.
T.I. – E il Congresso dei Giovani?
L.P. – Non è che ci siano grandi novità, perché le trasformazioni lungo i diciasette congressi sono state anche profonde. Oggi siamo in mezzo ai nostri discendenti, figli e nipoti. Allora il Congresso che si fa non è altro che un incentivo alla partecipazione e a mantenere le strutture. Un incentivo per mantenere la propria identità.
Bisogna voltar pagina ed essere positivi. Abbiamo fatto un mucchio di cose per le quali siamo orgogliosi. Non siamo una comunità di straccioni. Il nostro lavoro non è una cosa insignificante.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy