di Filippo Baglini
Intervista all’ Astronauta dell’Esa Paolo Nespoli specialista di missione nel prossimo volo della NASA con lo Shuttle
Ad OTTOBRE del 2007 lei partirà dalla terra per raggiungere a 386 km la Stazione Spaziale Internazionale (ISS),quale è lo scopo e l’importanza della missione? E una missione di costruzione e di ampliamento della stazione spaziale internazionale, che è in continua evoluzione, e la fine dei lavori è prevista per il 2010. Il volo STS-120 è molto importante perché porterà in orbita un modulo chiamato Nodo 2 che è un modulo pressurizzato costruito in Italia che consentirà un’ulteriore espansione della Stazione Spaziale internazione, perché questo Nodo ha una serie di boccaporti che possono essere usati per aggiungere atri moduli, e questa è lo scopo principale della missione. Ma ce ne sono altri importanti come il riposizionamento dei pannelli solari P6 che ora si trovano in una posizione temporanea e posizionarli nella configurazione finale. E poi ci sono altri scopi secondari ma non meno importanti come ad esempio portare in orbita uno dei membri dell’equipaggio che resterà a bordo della stazione quando lo Shuttle ritornerà indietro e porteremo indietro un membro dell’equipaggio che è stato in orbita sei mesi sulla stazione spaziale internazionale.
Chi l’accompagnerà nella missione? L’equipaggio è composto da sette astronauti. Un comandante donna, tra l’altro unico pilota comandante di Shuttle rimasto nel corpo astronauti americano, poi ci sarà un pilota, ci saranno altri cinque specialisti di missione e uno di questi rimmarà in orbita come dicevo prima sulla stazione, dando il cambio all’altro che ritorna sulla terra.
Sullo Shuttle lei ricoprirà il ruolo di Specialista di missione. Ci aiuti a capire quali saranno i suoi compiti principali, sono previste anche passeggiate nello spazio? Il ruolo di specialista di missione è uno dei brevetti e quindi dei ruoli che la NASA dà agli astronauti che vanno nello spazio. In effetti i ruoli sono: o comandante o pilota o specialista di missione, ed essenzialmente lo specialista di missione equivale a ingegnere di bordo dello Shuttle. Per prendere il brevetto di missione bisogna conoscere a fondo e in dettaglio tutti i sistemi di bordo dello Shuttle. Si lavora in Team con l’equipaggio, i piloti siedono davanti ai controlli, ma dietro ci sono gli specialisti di missione che intervengono ad unisono con gli altri per mantenere la navicella in ordine. Inoltre gli specialisti di missione svolgono compiti come la manovra del braccio meccanico dello Shuttle, o vanno fuori per le attività extra veicolari. Sono previste tre passeggiate, che non definirei proprio così visto la difficoltà e la fatica di stare dentro quelle tute in condizioni difficili, sono direi delle attività di lavoro che hanno una durata di sette ore e sono molto delicate, basta un errore di distrazione come ad esempio perdere un pezzo nello spazio che le conseguenze possono essere davvero critiche per gli astronauti.
Il 20 Luglio del ‘69 con Neil Armstrong l’uomo è arrivato sulla luna, e la celebre frase “un piccolo passo per un uomo, un salto enorme per l'umanità” fece sognare il mondo intero. Come mai oggi la Nasa non fa piu’ missioni sulla luna? Bè, nel 69 la NASA aveva uno scopo, cioè quello di fare un Goal quasi impossibile ma nello stesso tempo credibile sia alla propria industria e ricerca, sia al proprio governo e ai cittadini in una cosa che non era mai stata fatta. E gli organi della ricerca, dell’industria e dell’università, hanno accettato questa sfida, anche perché erano in competizione con i Russi e l’hanno portata avanti fino alla Luna. Una volta ottenuto il Goal cioè la conquista dello spazio, si è pensato alla continuità nell’esplorazione dello spazio per scopi scientifici e si è incominciato a pensare alla costruzione di una stazione spaziale per poter aver un laboratorio in orbita che potesse dare agli scienziati delle condizioni che non ci sono sulla terra; per poi guardare al pianeta Marte. Se noi pensiamo a Marte in termini di distanze astronomiche possiamo dire che è dietro l’angolo, ma se lo guardiamo dal punto di vista delle risorse tecnologiche, e capacità che ci vogliono per andare su Marte adesso come adesso è un l’obbiettivo difficile da raggiungere per non dire impossibile. Occorre fare passi da gigante per quanto riguarda la ricerca, e la tecnologia per riuscire a portare un equipaggio in un viaggio che durerà tre anni, per risolvere tutti i problemi connessi alla muscolatura, alla decalcificazione delle ossa, per non parlare dello stress psicologico, insomma ci sono tutta una serie di fattori ancora da studiare. Ma la NASA sta studiando e ha messo a punto dei progetti importanti che vedono ancora uno sbarco sulla luna, e tutto il lavoro che è stato fatto e che si farà servirà per migliorare i passi verso nuove scoperte.
Lei è un appassionato di immersioni subacquee, quindi di profondità, come le è nata la passione per lo spazio? Cosa voleva fare quando era bambino? Da bambino al dire il vero volevo fare l’astronauta. L’idea mi venne guardando quegli uomini saltellare sul suolo lunare. Come dire si poteva pensare che erano delle fantasie da ragazzi, come se avessi detto voglio fare il pompiere. Ma quello che mi è sempre piaciuto in realtà era unire la forza fisica e quella mentale e buttarmi in imprese difficili. Quando mi hanno chiamato alle armi ho scelto di fare il paracadutista proprio perché mi piaceva cimentarmi in questa cosa che per molti è impossibile. Prima di quello facevo speleologia ed era una cosa pesante e stressante fisicamente ma a me piaceva moltissimo. Per esempio sono della provincia di Milano dove non c’è il mare, ma quando sono stato a Livorno ho preso subito il brevetto di subacqueo, ma non tanto perché sono un appassionato di profondità, ma proprio perché mi è sempre piaciuto autosfidarmi, in imprese dove c’era da mettere in gioco il fisico con la mente.
Molti giovani si appassionano alla scienza prendendo come modelli premi nobel o astronauti, ma molti rimangano delusi, cosa si sente di dire a questi giovani? Questa è una domanda interessante. Molto spesso quando vado in giro tra gli studenti molti vogliono fare l’astronauta, poi quando gli chiedo “ ma perché vuoi fare l’astronauta?” mi rispondono :” perché voglio diventare ricco e famoso”. Bè allora gli rispondo meglio fare l’attore o il calciatore. Diventare astronauta è molto difficile non tanto per i corsi e l’addestramento, ma in quanto ci sono pochi posti, è più facile diventare ministro che arrivare a fare l’astronauta. Nel nostro paese ce ne sono anche di bravi ma non tutti hanno la fortuna di ricoprire quei due posti che tutti vorrebbero. Io dico che ognuno deve fare il lavoro che più gli piace, l’importante è che lo faccia con passione, è davvero l’unica cosa che conta. La passione, è quella che alla fine ripaga tutti gli sforzi, in qualunque lavoro.
La ISS è un vero è proprio laboratorio galleggiante nello spazio, perché è stato necessario farlo così lontano?, Che benefici ci sono per la terra? Diciamo che la stazione spaziale internazionale non è poi così lontana si può dire che è molto vicina. Se paragoniamo la terra ad una pesca con la peluria, ecco la stazione internazionale si troverebbe, volerebbe alla fine di questa peluria, quindi molto vicina. Ma deve essere vicina abbastanza se non vogliamo sprecare il carburante per raggiungerla, ma nello stesso tempo vogliamo sfruttare l’assenza di peso e quindi quella è la posizione ottimale per trovare il bilanciamento tra le due cose. La ISS è un laboratorio che ci permette di fare esperimenti che non sarebbero possibili sulla terra perché sulla terra la gravità non si può togliere. Mentre sulla stazione in condizioni di microgravità possiamo effettuare studiare fenomeni importate, per esempio sull’uomo, o su alcuni tipi di materiali. E le informazioni che troviamo in orbita possono essere utilizzate poi sulla terra. Facciamo un caso concreto, quando un astronauta va nello spazio la prima cosa che gli succede e che il corpo va in osteoporosi, cioè il corpo avverte che non siamo più in gravità, quindi decide in un modo ancora sconosciuto che non gli serve più lo scheletro e inizia a disintegrarlo a “smontarlo” . E il fisico va in osteoporosi, e questo è un meccanismo che avviene nelle persone anziane specie alle donne in menopausa, quello che si fa è studiare questo fenomeno sul corpo dell’astronauta cercando di capire perché il corpo ha questa risposta e trovare un rimedio chimico-fisico che possa essere poi impiegato anche sulla terra. Questo è un tipico esempio di come la stazione viene usata per poi applicare gli studi sulla terra.
Pensa che un giorno sia possibile per tutti abitare nello spazio e viaggiare con astronavi? Penso di si. Non sarà immediato ma credo che un giorno sia possibile andare in vacanza sulla Luna o su Marte visto che è vicino a noi. Per non pensare poi a tutti i pianeti e alle miliardi e miliardi di stelle che ci sono sembra davvero strano che non possa esistere un pianeta che possa offrire delle condizioni simili alla terra, anzi io sono convinto che da qualche parte ci sia una forma di vita nell’universo basta solo trovarla. Si penso che un girono non troppo vicino riusciremo a costruire delle navicelle spaziali ultraveloci alla star trek per riuscire a fare questi viaggi intergalattici.
La ricerca spaziale Italiana ed Europea negli ultimi anni ha fatto passi da gigante e l’ESA ne è la prova, come vede il futuro della ricerca Italiana nella conquista di nuovi orizzonti nello spazio? La ricerca spaziale italiana è sempre stata all’avanguardia, siamo stati il primo paese al mondo ad aver messo in orbita un satellite. C’è una effettiva capacità di conoscenza e di tecnologia che viene sfruttata sia dall’agenzia spaziale italiana sia dall’agenzia spaziale europea. Naturalmente non possiamo sederci sugli allori perché è importante continuare con la ricerca di base e andare oltre. Bisogna continuare nella ricerca, scovare e incentivare le industrie e le università ad investire in questo campo, anche se i risultati non sono immediati. Ma si è visto che le nazioni che hanno continuato a credere in queste cose alla fine hanno ottenuto ottimi risultati per tutti.
Crede che dal punto di vista delle istituzioni e dei finanziamenti la ricerca spaziale italiana debba essere incentivata maggiormente? Posso solo continuare la precedente domanda affermando che le civiltà che hanno posto maggiore attenzione alla ricerca scientifica sono poi quelle che hanno tratto più beneficio. E’ importante quindi che l’Italia continui a finanziare la ricerca ed investa nel futuro, perché siamo e dobbiamo rimanere competitivi.
In questo anno prima della partenza, che tipo di addestramento dovrà fare al Johnso Space Center di Houston? Sono a Houston da otto anni e ho avuto un addestramento generico. Ma dal mese prossimo in avanti incomincerà l’addestramento più specifico. Si stanno definendo i compiti esatti di ognuno dei membri dell’equipaggio a bordo, e sulla base di questi incarichi si avrà l’addestramento piu’ preciso. Ci saranno una serie di addestramenti mirati ai sistemi di bordo dello Shuttle e poi sicuramente saranno da preparare queste attività extra veicolari ed altre operazioni che fanno parte della missione. Sarà sicuramente un anno denso di lavoro per fare questa missione al meglio possibile.
Le domande sarebbero moltissime, e la mia curiosità di fisico scenderebbe troppo nel tecnico, anche perché non capita tutti i giorni di poter intervistare un astronauta. Mi promette che prima di partire per lo spazio avremo altri colloqui sugli ultimi dettagli di questa importate missione spaziale che vede ancora una volta l’Italia in prima linea? Ma con molto piacere. Anche se saremo distanti molti chilometri, con problemi di fuso orario, sarò molto lieto di contattarla per ulteriori approfondimenti. A me piace divulgare la mia attività alle persone e renderle partecipe a questi tipi di sviluppi. L’ESA ci aiuterà in questo mettendoci in contatto.
La ringrazio molto Ingegnere, a presto allora. A presto. E grazie a lei.
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Note sull'Ing. PAOLO NESPOLI
Paolo Nespoli è nato il 6 aprile 1957 a Milano. Presso la Polytechnic University di New York ha conseguito nel 1988 il Bachelor of Science in ingegneria aerospaziale e l’anno successivo il Master of Science in aeronautica e astronautica. Nel 1990 ha conseguito la Laurea in Ingegneria Meccanica presso l’Università degli Studi di Firenze. Nel 1991, è entrato a far parte del corpo astronautico europeo dell’ESA, a Colonia, Germania. In qualità di ingegnere per la formazione degli astronauti ha contribuito alla preparazione e allo sviluppo della formazione di base degli astronauti europei ed è stato responsabile della preparazione e della gestione del mantenimento delle competenze degli astronauti. Nel 1995 è stato assegnato al progetto EuroMir presso lo stabilimento ESTEC dell’ESA, a Noordwijk nei Paesi Bassi, dove ha assunto la responsabilità del team che ha preparato, integrato e supportato il Payload and Crew Support Computer utilizzato a bordo della stazione spaziale russa Mir. In 1996, è stato assegnato al Johnson Space Center della NASA, a Houston, in Texas, dove ha lavorato nella Spaceflight Training Division per la formazione per il personale di terra e per gli equipaggi in orbita a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Nel luglio 1998, è stato selezionato come astronauta dall’Agenzia Spaziale Italiana e un mese dopo si è aggregato al Corpo Astronautico Europeo dell’ESA, nella base del Centro Astronautico Europeo (European Astronaut Centre, EAC) di Colonia, in Germania. Nell’98, è stato trasferito presso lo Johnson Space Center della NASA e assegnato alla classe di astronauti XVII della NASA. Nel 2000 ha conseguito le qualificazioni di base per essere assegnato a una missione a bordo di uno Shuttle e alla Stazione Spaziale Internazionale. Nel luglio 2001 ha completato con successo il corso di allenamento per comandare il braccio robotico dello Shuttle. Nel settembre 2003 ha completato il corso avanzato per le attività extraveicolari (Extra Vehicular Activities).