Onorevole Gino Bucchino

BUCCHINO: ECCO PERCHE’ L’IMPORTO DELLA “QUATTORDICESIMA” ALL’ESTERO DEVE ESSERE PIU’ ALTO

Ritengo opportuno esprimere le mie perplessità sulla decisione dell’Inps (vedere Messaggio 22211 dell’11 settembre 2007) di non prendere in considerazione l’anzianità contributiva estera ai fini del calcolo della somma aggiuntiva (“quattordicesima”) da erogare agli aventi diritto residenti all’estero e titolari di prestazioni in convenzione. L’effetto concreto di questa decisione è che decine di migliaia di emigrati italiani riceveranno nel mese di ottobre un aumento “una tantum” della pensione di 262 euro invece di 327 o 392 euro. Una differenza di importo per molti non trascurabile.

Sono infatti oltre 130.000 i titolari di pensione italiana in convenzione e residenti all’estero i quali hanno diritto alla somma aggiuntiva in quanto di età pari o superiore ai 64 anni e possessori di un reddito complessivo inferiore a 8.897 euro.

Mi risulta che anche l’Inps, dopo una riunione di lavoro avuta con i patronati nei giorni scorsi abbia accolto l’invito a riesaminare la propria decisione che penalizza i pensionati italiani residenti all’estero e si sia reso disponibile a modificare i criteri di calcolo della somma aggiuntiva.

Sono confermate quindi anche dai patronati, finora molto cauti, e dallo stesso Inps le perplessità che sollevai per primo agli inizi del mese di settembre con un mio comunicato.
In realtà da un attento esame delle disposizioni della normativa nazionale e delle convenzioni internazionali stipulate dall’Italia, che disciplinano il diritto previdenziale dei lavoratori migranti, si può evincere che la contribuzione estera utilizzata al fine della totalizzazione e del calcolo del pro-rata italiano deve essere tenuta in considerazione quando si liquidano prestazioni italiane.

E’ opportuno invero osservare che lo stesso Trattato istitutivo della Comunità Europea all’art.42 (ex articolo 51) prevede l’adozione di un sistema di coordinamento in materia di sicurezza sociale che assicuri ai lavoratori migranti il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il CALCOLO di queste.

Tale prescrizione è stata recepita dall’art.45 del Regolamento comunitario n.1408/71, che è lo strumento internazionale più importante che regola i rapporti di sicurezza sociale tra gli Stati. Esso recita in maniera comprensibile anche dal profano: “L’istituzione di uno Stato membro la cui legislazione subordina l’acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni al compimento di PERIODI DI ASSICURAZIONE, tiene conto, nella misura necessaria, dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione di ogni altro Stato membro come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica”.

La conseguenza (logica) di questa regola (sempre che si ritenga che la somma aggiuntiva rientri nel campo di applicazione delle convenzioni di sicurezza sociale stipulate dall’Italia) è che ai fini della collocazione in una delle tre fasce contributive stabilite per legge in ordine all’importo da erogare, devono essere presi in considerazione anche i contributi esteri accreditati presso la legislazione di uno Stato convenzionato.

Tale previsione è contenuta in maniera analoga anche nelle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale stipulate dall’Italia.

E’ opportuno altresì ricordare, per ragioni analogiche, che proprio in occasione della concessione della maggiorazione sociale (i famosi 516 euro) previsti dall’art.38 della legge n.448/2001, fu deciso dall’Inps (vedere circ. n.44 del 1° marzo 2002) che nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale deve essere considerata utile anche la contribuzione estera al fine della riduzione dell’età anagrafica – fino ad un massimo di cinque anni – di un anno ogni cinque di contribuzione fatta valere dall’interessato.

Invitiamo perciò sia il Ministero del Lavoro che l’Inps a valutare con maggiore attenzione i precetti della normativa e conseguentemente a soppesare una riconsiderazione del metodo di calcolo adottato con troppa premura (le lettere con gli importi sono state già inviate agli interessati). Invitiamo inoltre i patronati, che si sono sempre battuti per la tutela dei diritti dei lavoratori italiani emigrati ma che in questo particolare contesto non hanno forse messo in dubbio con la dovuta risolutezza la decisione restrittiva dell’Inps, ad accertare e denunciare ogni possibile violazione del diritto internazionale di sicurezza sociale.

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