Kos: primi uccisi e poi dimenticati

Il generale tedesco Muller che ordinò la strage degli italiani fu processato per crimini di guerra e poi giustiziato

Ad una lettera inviata al quotidiano “Il Tempo” di Roma nello scorso aprile, Giulio Andreotti, curatore della rubrica “Filo Diretto”, poneva il titolo che meglio non avrebbe potuto sintetizzarne il contenuto: “Isola di Kos: manca una lapide”.
Il mittente ed autore di queste note, che aveva da poco assistito alla cerimonia, svoltasi a Cefalonia, in commemorazione dei caduti italiani dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943. ricordava un altro tragico evento, avvenuto nello stesso periodo sull’isola di Kos, dove vennero fucilati dai militari tedeschi oltre cento ufficiali ed ancora oggi episodio poco noto. Fatto ancora più grave se si pensa che il governo italiano non ha mai eretto una lapide per ricordare l’eccidio, per rendere omaggio ai valorosi combattenti italiani di Kos.
Facciamo un passo indietro. Kos e le altre isole del Dodecanneso (allora sotto occupazione italiana) non erano stato coinvolte in operazioni belliche fino al 9 Settembre del 1943. La sera dell’8 Settembre quando la radio trasmise il proclama del maresciallo Badoglio, la notizia fu accolta con grande entusiasmo dai militari, i quali, tuttavia, rimasero disciplinatamente ai loro posti. Seguirono purtroppo episodi imprevisti che alimentarono dubbi e disorientamento circa la posizione da assumere da parte degli ufficiali italiani. Le cause furono diverse: ordini non sempre precisi e concordi, la notizia della resa di Rodi ai tedeschi, la distruzione della flotta aerea effettuata da ben 28 attacchi (dall’11 Settembre al 2 Ottobre).
L’isola era presidiata da due battaglioni del 10.mo Reggimento di fanteria “Regina”, al comando del colonnello Felice Leggio, e da una compagnia di artiglieria. La presenza militare italiana era completata da tre stazioni vedetta per la marina e un presidio aeronautico presso l’aeroporto di Antimacchia. Dopo l’8 Settembre sbarcarono sull’isola anche 1300 soldati inglesi che avrebbero dovuto coordinare un piano comune di difesa con il comando italiano. Ma la situazione precipitò e il contingente inglese riparò sulle coste turche. Il colonnello Leggio, dopo aver tentato un’ultima resistenza, contrassegnato da numerosi episodi di valore personale, dovette rassegnarsi alla resa.
La mattina del 5 Ottobre vi fu un interrogatorio sommario presieduto dal generale Muller (fu giudicato da un tribunale greco per crimini di guerra nel novembre 1946 e giustiziato ad Atene nel maggio 1947). A tutti gli ufficiali (oltre cento) fu rivolto l’invito di collaborazione: pochi accettarono. Chi si oppose, nella stessa giornata, venne avviato verso la costa, facendo intendere che sarebbe stato imbarcato per la prigionia. Ma durante la marcia su un terreno acquitrinoso iniziarono a crepitare le mitragliatrici tedesche. I corpi vennero seppelliti sul posto.
I tedeschi fecero di tutto per mantenere nascosta questa strage, ma il Parroco e il Cappellano militare riuscirono a rintracciare le fosse. Erano otto in località Fuskoma-Linotipi, dove però furono ritrovate soltanto 66 salme. Delle altre ancora oggi non si sa nulla. Nel Marzo del 1944 vennero riunite e deposte in un’unica fossa nel cimitero cattolico di Kos. Sulla lapide si legge: «Piamente sottratti alle fosse di Linotopi riposano i resti mortali di sessantasei dei più di cento ufficiali che la mitraglia tedesca clandestinamente trucidava nell’Ottobre del 1943». Successivamente queste salme furono traslate nel Sacrario militare di Bari, dove attualmente si trovano.
Nel 1992, il Comune di Kos ha deciso di dedicare un piccolo monumento ai nostri caduti quale «segno e esempio di stima secolare per tutti i caduti di guerra». Nel suo discorso, il sindaco ha tenuto a sottolineare che il popolo di Kos, che per anni ha provato e vissuto la politica coloniale del fascismo, ha saputo comunque giudicare, stimare e onorare i “giusti”.
Nel gennaio del 2006, un gruppo di parlamentari di diversi partiti politici (primo firmatario l’onorevole Raisi) aveva presentato una interrogazione a risposta scritta al Ministro della Difesa per sapere se fosse a conoscenza degli avvenimenti di Kos e se non fosse interesse inviare “in loco” una delegazione governativa per un eventuale ritrovamento delle salme degli ufficiali mancanti e, nello specifico, per provvedere alle formalità necessarie per dedicare una lapide ai valorosi combattenti. Come noto, poco dopo, il Parlamento veniva sciolto e l’interrogazione è rimasta senza risposta.
Mi chiedo se potranno finalmente questi sfortunati caduti ottenere almeno un segno di un ricordo da parte del governo italiano? Tanto tempo è trascorso, ma iniziative meritorie non cadono ma in prescrizione.

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