Intervista all’on. Giuseppe Angeli

Giuseppe Angeli, classe ’31 neo deputato ripartizione Sud America

Ci parli del suo rapporto con la politica

La mia esperienza politica, è quella del volontariato da circa trent’anni con la mia comunità. Guardi, vivo a Rosario, la seconda città della Repubblica Argentina in quanto ad importanza commerciale, culturale e socio economica. Quando vi sono approdato, partendo da Orsogna in Abruzzo nel lontano 1953, avevo una sola aspirazione, quella che un giorno vi sarei tornato per sempre. Non ce l’ho fatta. Ma in Argentina mi sono inserito molto bene, in fondo, è un grande Paese che ha accolto tantissimi uomini del mondo. Resto, comunque, uno dei pochissimi nostalgici del mio Paese, della mia terra. Politicamente, ho rifondato, a Rosario, i circolo degli abruzzesi e fui chiamato a dirigerlo. Con libere elezioni tenute sistematicamente ogni tre anni, sono trascorsi la bellezza di 25 anni venendo periodicamente riconfermato. Posso essere orgoglioso di questa struttura. E’ un fiore all’occhiello tra tante associazioni e circoli regionali, ove si svolgono attività culturali, abbiamo scuole, persino un ristorante. Ecco, il centro abruzzese è stato il mio impegno a livello politico. Il nostro ristorante, fornisce migliaia di pasti, molti vengono a mangiare lì dove, peraltro, conserviamo la tradizione culinaria abruzzese compreso la pasta fatta in casa. Quando nacque la legge dei Comites, creai una mia lista dove fui eletto grazie al voto degli italiani di Rosario. Questa carica, dopo 4 rielezioni, durerà sino al 2009. Dal 1991 al 2004 sono stato membro del CGIE. Nel 1985 ho voluto fortemente che nascesse una scuola che insegnasse l’italiano, alla quale imposi il nome di Edmondo De Amicis. Oggi, conta circa mille studenti. Avevo 19 anni quando sono andato in Argentina insieme a tanti altri, ma nessuno di noi si inserì in politica. Fu uno sbaglio. Personalmente non ho avuto la possibilità di frequentare le scuole. Poi la guerra, siamo stati costretti a scappare. Altro che valigia di cartone, la mia era di legno che mi costò meno di quella di cartone perché un amico mio falegname me la costruì gratis. Di legno perché doveva essere robusta e contenere i ferri del mestiere per poter lavorare: la cazzuola, il martello ecc. Fu così che mi inserii nel mondo delle costruzioni divenendo, col tempo, imprenditore.

Come ha dato inizio alla sua avventura e dove è arrivato?

Ho cominciato con un piccolo capitale ed oggi, modestamente conto 500 dipendenti del gruppo Transatlantica S.A. impegnato nell’area turismo, ufficio cambi, beni immobili, ufficio borsa e vendita all’ingrosso di turismo. Ormai sono 40 anni, insieme a mia moglie ed ai miei figli abbiamo creato tutto questo con succursali in tutta l’Argentina. Prossimamente, inaugurerò una compagnia dello stesso gruppo nostro per voli interni che si chiamerà S.O.L. Avevo tre fili, purtroppo il primo l’ho perso quando aveva 18 anni, una cosa dolorosa, da non ricordare. Uno, 45 anni, si occupa del gruppo del quale è direttore generale, l’altro 42, si è laureato a 23 anni a Rosario in architettura, ha uno studio a Parigi e lavora anche in America a Miami ed a New York. E’ un ragazzo molto capace. Anch’io iniziai architettura ma non ho finito, lavoravo di giorno e studiavo di notte, era difficile. Meno male che non ho finito, oggi lo posso dire.

I giovani italiani in Argentina, i ragazzi, sperano di tornare in Italia, che pensano dell’Italia?

Quando sono partito io, gli italiani erano considerati molto male “gringo di m…” ci denominavano, “morti di fame”. A me è successo. Oggi le cose sono cambiate, tutto è diverso. Oggi, l’Italia è un Paese industrializzato, un Paese ricco e tutti sono orgogliosi di essere italiani. Infatti, molti cercano disperatamente di ottenere la cittadinanza italiana soprattutto per poter viaggiare ed avere libera circolazione nei Paesi Comunitari. Ho ospitato un gruppo di ragazzi appartenenti ad una scuola di Buenos Aires legalmente riconosciuta dallo Stato italiano. Ebbene, essi sono orgogliosi di essere italiani per la loro storia e la loro cultura italiana. Questa nostra Italia è tutta bella dalla Sicilia al Piemonte, dall’est all’ovest. Durante il campionato del mondo di calcio, anche gli argentini hanno fatto il tifo per l’Italia dopo la loro eliminazione. I giovani italiani che vivono lì, si sentono bene ad essere considerati italiani.

Voi eletti all’estero collaborerete o farete questioni ideologiche a causa del diverso colore politico?

Un anno fa, io ed il senatore Pallaro avevamo pensato di fare una lista insieme all’on. Merlo. Non è stato possibile nonostante la buona volontà, le ragioni politiche hanno prevalso. Io sono rimasto l’unico amico fedele a Tremaglia. Tremaglia è solo oggi, è stato un peccato ma abbiamo salvato l’onore con Angeli. Grazie a Tremaglia sono qui a parlare con lei, è grazie a lui che gli italiani nel mondo hanno loro rappresentanti in Parlamento. Dicano quello che vogliono, oggi, 12 deputati e 6 senatori, sono qui in Camera e Senato.
Uno dei progetti che intende realizzare
Prima di tutto la cittadinanza. Tantissimi come me, sono stati costretti a diventare cittadini argentini perché, se volevano lavorare negli uffici pubblici, alle poste, alle ferrovie ecc., dovevano essere cittadini argentini. Per cui questa era una scelta obbligata, non potevamo fare altrimenti. Dopo questa scelta, che poi scelta proprio non era, ma obbligo, non possono più riprendere la cittadinanza italiana. La beffa è che, negli anni, ci sono stati periodi in cui è stato concesso di sanare questa situazione ma molti lo ignorarono, per cui non riuscirono a beneficiarne. Morale della favola, nella stessa famiglia possono esserci soggetti che hanno riottenuto la cittadinanza italiana e soggetti che non ce l’hanno.

Vogliamo parlare della rete consolare?

Al Consolato, assistiamo a file indecorose di centinaia e centinaia di italiani, un po’ come succede qui in Italia con gli extracomunitari fuori delle Questure, per poi sentirsi dire, dopo ore di fila, di ritornare tra 5 anni. Questa è una presa in giro. Mi vergogno di questa situazione. La gente viene da me al Comites per lamentarsi. E’ una cosa che dobbiamo rivedere immediatamente. Non è possibile ignorare situazioni di città di 100-200 mila abitanti dei quali il 50-70% sono italiani e dove non è possibile usufruire di uffici consolari. Per questo servizio, tutte le provincie, devono recarsi al Consolato Generale di Rosario. Senza contare che le nostre città, sono lontane tra loro migliaia di chilometri e rappresentanti consolari che sanno appena parlare l’italiano.
Il tema che mi preoccupa di più, sono gli anziani che sono tanti, operai, contadini, lavoratori, impiegati. Percepiscono una pensione miserabile di 400 pesos pari a 100 euro. Questi soldi sono niente in Argentina, i pensionati non ci comprano neanche le medicine che sono costosissime. Questi, quando vengono qua, hanno diritto ad una pensione sociale e, per percepirla, sono costretti a riscuoterla personalmente. Così facendo, spendono tutto in viaggi anzi, ci rimettono. Sarebbe più logico che essi percepissero in loco le loro spettanze. In ogni caso, posso assicurare che, se un progetto mi sta bene, io lo appoggerò. Avallerò tutti i progetti che riterrò opportuni ed utili senza cadere nella malattia del partito, questa malattia, personalmente, non mi preoccupa.

Voi deputai eletti all’estero non sembrate avere questo tipo di malattia. Chi lo sa che prima o poi non la contrarrete pure voi

No, io no, non la contrarrò. Sono, ovviamente, disposto a parlare, a discutere con i capi attenendomi alla disciplina di partito per non essere considerato un traditore, ma se non mi stanno bene certe prese di posizione, non mancherò di dire la mia. Prima pensiamo al Paese, prima pensiamo all’individuo che ha bisogno, queste sono le priorità.

Cosa pensa dell’immigrazione degli extracomunitari in Italia, non sono un po’ come gli italiani degli anni ’50?

Io sono un emigrante. Per emigrare, dovevamo essere sottoposti a visite mediche rigorosissime. A Genova, avevo 19 anni, quando tre medici argentini mi rivoltarono come un calzino visitandomi dalla testa ai piedi per tre lunghi giorni. E non solo, mi sottoposero a tutti gli esami clinici possibili,: esami del sangue, radiografie ecc. Con tutte queste carte sono venuto a Roma al Consolato argentino dove mi apposero una serie di timbri su tutti i certificati che mi avevano rilasciato, ivi compreso il certificato penale. Ma non era finito qui. Per poter ottenere il visto definitivo, tutti noi aspiranti emigranti, dovevamo esibire un contratto di lavoro. Conservo ancora il passaporto a casa che dice: “Anno Santo 1950, anno del Libertador General del Consiglio di San Martin. L’emigrante extracomunitario, a me sta bene. A lui tutto il mio rispetto, per carità, io non sono razzista, anzi, mi sforzo di adoperarmi anche in opere di bene a casa mia ma di questo non mi piace parlare. Ma se in Italia abbiamo bisogno di manodopera, se non esistono più i mestieri, ben vengano gli extracomunitari a lavorare. In fondo, se non riescono a sbarcare il lunario a casa propria, è giusto che cerchino altrove il rimedio per sopravvivere onestamente. Se non c’è un controllo preventivo, però, la situazione ci sfuggirà di mano ed ecco che questi immigrati diventano un problema perché vengono per delinquere e non per lavorare. Avevamo, ricordo, un pezzo di terra che fummo costretti a vendere perché non si trovavano lavoratori disposti a lavorarlo. Non solo, non si trovava nessuno disposto a cogliere i frutti delle piante e portarseli a casa gratis. Per l’argomento immigrazione siamo un po’ chiusi e non si riesce a trovare un accordo che disciplini bene questa materia, che sia in grado di evitare controindicazioni. Sta di fatto che, 25 anni al Comites, pur se discutendo molto, siamo sempre riusciti a trovare un’ intesa. Con il dialogo e la buona volontà, non certo con la contrapposizione ideologica. Senza dialogo non arriveremo da nessuna parte.

Le costa tanto, in termini di fatica fisica, viaggiare continuamente tra Italia ed Argentina?

Sono abituato anche se un pochino stanca. Parto alle 8.00 del mattino da Rosario, arrivo in albergo a Roma dopo 22-23 ore. Per quanto riguarda le spese, posso dire che ci rimetto anche ma questo, per me, non è un problema. Sento che mi devo impegnare in questo nuovo mandato e lo farò al meglio delle mie possibilità.

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