La senatrice Ombretta Colli (FI), donna di spettacolo ricordata molto all’estero dalla emigrazione di prima generazione, interrogata su pacs e ed eutanasia.
Signora Colli, lei è famosa all’estero per i suoi trascorsi di spettacolo, cosa ricorda di quegli anni?
Ho fatto molte tournee all’estero. Sono stata negli USA, in Australia ed in vari paesi europei sino all’allora Unione Sovietica attuale Russia. Era un appuntamento annuale lavorare all’estero.
Ricordo con molto piacere quasi tutti i paesi che ho visitato. Gli USA con una emigrazione così allegra che era riuscita ad integrarsi molto bene, ma anche l’Australia, questo paese così lontano, così bello, così poco conosciuto ed anche lì con una comunità molto forte, molto unita. In Unione Sovietica, allora, non c’erano comunità italiane.
Ogni viaggio, soprattutto quelli di lavoro, erano ancor più interessanti perché in quel caso, a differenza del viaggio turistico, si aveva la possibilità di apprezzare i sistemi di lavoro. In questo America ed Australia mi sembravano insuperabili.
In Sud America, poi, mi faceva molto ridere il loro sistema di organizzazione del lavoro forse un po’ approssimativo. Per le prove, un nuovo spettacolo, mi si diceva “la verremo a prendere” senza dirmi quando ed a che ora, ma dopo un pochino ci si abituava a questo meccanismo. Poi, oggi, forse le cose saranno pure cambiate.
Oggi è impegnata in politica. Ultimamente la questione dei pacs sembra affliggere in maniera trasversale le coscienze di destra e di sinistra. Non è argomento in appannaggio di uno solo degli schieramenti, ma bipartizan.
Credo che ci sia molto rumore per nulla. Se due persone dello stesso sesso vogliono avere una situazione di solidarietà chiara nei confronti delle istituzioni, per aiutarle si può trovare un meccanismo comunale addirittura, molto comodo e vicino ai cittadini di carattere privatistico. Naturalmente, non si capisce, però, perché alcune persone affrontano con senso di responsabilità un matrimonio facendo un giuramento ben preciso, di fronte allo Stato, di fronte alla Chiesa, di fronte a Dio, che si occuperà della persona che ha sposato, nella buona e nella cattiva sorte, ed altre invece, cercano con ogni mezzo di bypassare questa strada consolidata.
Non vorrei poi parlare sul discorso affidamento, figli ecc. Ecco, questo veramente…non andiamo contro natura.
La natura ha deciso che i figli si fanno tra due persone di sesso diverso che piaccia o che non piaccia, però è così.
Credo che il bambino abbia il diritto di poter scegliere di avere due figure rappresentative così importanti come una madre ed un padre.
Per le coppie omosessuali, per quelli che hanno convissuto per tanti anni, non crede sia giusto garantirne i diritti? Tutto sommato sono delle persone.
Sicuramente, l’ho detto in inizio: molto rumore per nulla. L’unica cosa sarebbe il meccanismo della reversibilità della pensione, forse è l’unica cosa che esula la scelta personale.
Lei sarebbe favorevole mi sembra…
No, messa così, favorevole o contraria, mi sembra molto semplificativo. Dico solo che esistono dei rimedi che sono a disposizione. Guardi le racconto una cosa molto divertente che mi è capitata proprio oggi (13 dic.).
Parlavo con il presidente Bottiglione, il vice presidente Calderoli ed il senatore Storace, ad un certo punto il buon tempone Storace mi ha detto: «Che ne pensi Ombretta, avresti nulla in contrario se Buttiglione contraesse un pasc con Calderoli»? Mi è venuto da ridere al cospetto della faccia di stupore e sbigottimento che ha fatto Bottiglione, ho solo detto: «Se a loro sta bene, sta bene anche a me, più di fare loro un regalo di nozze, non posso». Bottiglione mi ha detto che, al massimo avrebbe potuto contrarre un pacs con me non certo con Calderoli.
A parte gli scherzi, riconosco che sia importante, ma riconosco anche importante che questa sia un tipo di scelta del tutto personale. La convivenza può essere anche molto utile come periodo di rodaggio, di prova delle compatibilità e di amore, ma poi bisogna sancire questa unione con il matrimonio, parlo ovviamente per le coppie etero.
Per l’eutanasia, il caso Welby ha posto la questione in modo definitivo. Lei cosa pensa?
In Commissione Sanità abbiamo in programma un bellissimo progetto che è il testamento biologico. Una persona nel pieno possesso delle sue facoltà decide per sé stessa il non accanimento terapeutico oppure decide che, assolutamente, sino all’ultimo barlume di speranza, si faccia tutto quello che c’è da fare lasciando la consegna ad una persona di sua estrema fiducia la quale indicherà ai medici quelle volontà.
Sembra una cosa di grande civiltà. Poi bisogna specificare se la sofferenza è nel dolore fisico oppure no.
L’istituto oncologico di Milano, ha condotto una studio statistico, su 40.000 persone che hanno subito terapie antidolore, ci sono state 4-5 che volevano assolutamente morire, di queste cinque, quattro hanno cambiato idea. Una sola è rimasta dell’idea della morte.
Ciò significa che il fatto di non provare dolore, ha condotto i malati a fare un passo indietro accantonando la decisione drastica della morte ritornando alla speranza.
Viviamo in un mondo dove, magari tra una settimana, avremo la grande notizia del secolo. Quindi perché non sperare?