I nostri politici snobbano gli elettori

I nostri politici non hanno nessuna considerazione dell’intelligenza degli elettori

Tempo di finanziaria, mala tempora per chi governa con questa maggioranza al Senato che c’è e che non c’è.
La battaglia si incardina soprattutto sul ricorso all’istituto della fiducia. L’opposizione si scortica la lingua supplicando il governo di non farvi ricorso, la maggioranza, dal canto suo, si sgola rassicurando tutto il Paese, che non apporrà la fiducia al Senato.
E’ quanto predicò con serafica disinvoltura il sottosegretario Letta qualche tempo fa: «Il governo non metterà la fiducia alla Camera per quanto concerne la legge finanziaria».
Ovviamente, la fiducia fu apposta ed il decreto passò.
Alla camera, però, l’avverbio “ovviamente” male si addice alla situazione ivi esistente in considerazione dei numeri favorevoli alla maggioranza. Certo, la minaccia dell’esercizio provvisorio, può essere una buona scusa.
L’avverbio, invece, sembra scontato al Senato dove un giorno si ed uno no, le squadre in campo, sono al pareggio numerico.
Diciamo subito che è da ingenui credere che il governo non porrà la questione di fiducia al Senato.
Indubbiamente, sta per scattare un progetto congegnato a tavolino per mettere in ginocchio questo governo. Lo dimostra chiaramente l’atteggiamento dell’opposizione, che ritira sistematicamente una serie cospicua di emendamenti dal vaglio dell’aula.
Si ritira, cioè, il motivo principale sul quale la maggioranza può fare leva ed essere costretta a porre la questione di fiducia.
In questo modo, viene meno il motivo principe del ricorso alla fiducia se l’opposizione, si mostra tanto disponibile.
Ma se quella fiducia non verrà posta, perché, i volponi della politica, improvvisamente si saranno rincitrulliti, allora, quello sarà il momento buono per far cadere questo governo. O ora o, salvo sviluppi ed evoluzioni future ancora non prevedibili, tra cinque anni, il tempo necessario a che la legislatura si completi.
Non è facile pensare che il cittadino elettore, beva quanto viene propinato senza pretendere di vedere e di capire cosa c’è dietro ognuna delle due posizioni.
Si tratta di vere e proprie strategie che, se producono l’effetto voluto, saranno definite di grande spessore strategico-politico, se faranno un buco nell’acqua, allora, si mostreranno in tutto il loro disarmante infantilismo.
A nostro parere, la tattica del ritiro degli emendamenti da parte dell’opposizione, andava eseguita a partire dell’inizio dei lavori alla Camera. L’occasione era da cogliere al volo quando la maggioranza, per spirito di “responsabilità”, decise di ritirare una buona quantità di emendamenti che essa stessa aveva proposto.
Ritirando i tre quarti degli emendamenti, la maggioranza avrebbe dovuto cedere e non porre la fiducia. E ce l’avrebbe fatta lo stesso a causa dei numeri favorevoli, però, sarebbe servito, all’opposizione, a preparare il terreno al Senato.
Parliamoci chiaro e diciamoci bene le cose in faccia, c’è qualcuno che crede ancora alla favole?
Parliamo, parliamo, leviamo e mettiamo, omettiamo, aggiungiamo, discutiamo, comprendiamo ecc. ecc. solo per occupare il tempo e darci una parvenza di serietà. Intanto i disoccupati, restano disoccupati, i precari, precari, lo sguardo annichilito di chi va a lavorare in queste condizioni, resta annichilito e la “svolta” per la gente resta chimera, neanche più una una speranza.
Una classe dirigente “abituata” al potere, alle sale illuminate da luci barocche, avvezza a respirare aria viziata, a sedere poltrone di pelle, a calpestare tappeti persiani, che, quando è prodiga di complimenti, diviene tenera e gentile.
Maggioranza ed opposizione si scambiano cortesie sugli emendamenti della finanziaria come due gentleman davanti ad un varco aperto: «prego, no dopo di lei…» mentre, subito dopo, nascosto dietro l’anta, c’è un complice pronto con una mazza a sferrare il colpo e a tramortire l’avversario.
Staremo a vedere, manca poco alle decisioni. Ma mi sembra di vederli, quelli della maggioranza dopo aver posto la fiducia ed averla avuta accordata, fare il gesto del cappello, appena dietro al corridoio del salone Italia.

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