La corruzione in atti giudiziari è un reato molto grave, non c’è dubbio. Chiunque sia il condannato, viene subito da pensare ad un bel pendaglio da forca, una persona senza scrupoli. Altrettanto dicasi del giudice. Ma quando il colpevole è un avvocato famoso, deputato e già ministro della difesa, nonché amico e dipendente del Presidente del Consiglio, allora, il fatto, diventa clamoroso ed inverosimile.
Cesare Previti, deve scontare una pena detentiva di sei anni a seguito di sentenza definitiva. E’ inverosimile per una serie di deduzioni che non possono essere trascurate. O ci troviamo di fronte ad un errore giudiziario, oppure Cesare Previti è una personalità tanto più pericolosa di quanto la stessa sentenza non sia riuscita ad individuare.
Viene spontaneo escludere la persecuzione giudiziaria da parte di nemici politici. Liberazione, organo del partito di rifondazione comunista titola: «Previti in carcere, violenza inutile, ora l’amnistia». L’accanimento doloso delle “toghe rosse” contro Cesare Previti sarebbe giustificato solo se l’obiettivo principe fosse stato colpire al cuore Silvio Berlusconi. Ma, da questa vicenda invece, il Presidente del Consiglio, ne è uscito integro. Ergo.
Senza dilungarci nelle fasi tecniche dell’errore giudiziario che, in quanto tale, può essere deducibile, se di errore non si tratta, allora, l’ipotesi della colpevolezza, sarebbe la più assurda.
Risulta veramente ostico credere alla colpevolezza di Cesare Previti. Non perché un tale reato sia impossibile da commettere, non perché, per chi ha i denari, non sia facile corrompere per ottenere favori. Questa vicenda è inverosimile per tutta una serie di fattori umani e collaterali alle fasi processuali in senso stretto.
Chiunque fosse stato abituato ad un certo tenore di vita ai massimi livelli, oggi, vedendosi in carcere, confesserebbe tutta la verità: «Cada Sansone con tutti i Filistei».
D’altronde, a questo punto perché tacere? La caduta degli dei è stata troppo brusca e violenta, che motivo avrebbe Cesare Previti di salvare i suoi complici? Ormai, l’opera di demolizione del personaggio sembra conclusa: opinione pubblica, media, destituzione da ogni carica pubblica, all’età veneranda dei settanta, sono un colpo di grazia. «Ci hanno lasciati soli a combattere» aveva sbottato l’ex ministro insieme ai suoi avvocati dopo la sentenza riferendosi allo stato maggiore di Forza Italia.
Tutto ciò premesso, ammesso che sia colpevole dei reati a lui ascritti, Cesare Previti dimostrerebbe, con il suo silenzio, una capacità criminale che va ben oltre la sentenza stessa. Una capacità prerogativa solo dei mafiosi eccellenti, di quelli ai massimi livelli della gerarchia. Sicuramente all’altezza dei Provenzano e dei Riina che, pur di commettere reati e mantenere il silenzio, sono disposti a rinunciare alla vita stessa. Mai un pentimento, mai una delazione, nessuna collaborazione con la giustizia. Ora c’è da chiedersi: è mai possibile che di Cesare Previti si possa parlare in questi termini? Non sarà la perla degli uomini, neanche un esempio di perfezione ma definirlo un mafioso di tale fatta, appare eccessivo. Fantascienza politica.