Chi è rock non strumentalizza
Celentano è maestro di retorica. Riesce a farcirla con tutte le componenti medianiche dello spettacolo televisivo
Adriano Cementano è un cantante. Almeno così ci hanno detto in tanti anni di carriera. Così lo abbiamo sentito in decine e decine di brani che ancora oggi, stigmatizzano, di sicuro, due generazioni di appassionati. E’ un esempio di longevità con un solo precedente: Lucio Battisti.
Ma Celentano è un’altra cosa. Il re degli ignoranti, e lo è per davvero, si è costruito una immagine parallela a quella del cantante, ha generato una nuova “essenza”, un significato diverso dal sé conosciuto alle cronache canore. Si è trovato ad avere un peso nel parlare alla gente rivestendo i panni del santone, del predicatore, dello sfrontato dissacratore di cose sacre, santificatore di cose laiche con un gioco semplice ma furbo nel dire, quasi sempre, delle “serie” banalità.
Celentano, in fondo, è “lento”, non è “rock”. Chi è rock è chiaro. Chi è rock si propone senza nebbie. Chi è rock non è sibillino. Chi è rock non strumentalizza. Chi è rock commenta in dibattito.
L’atteggiamento è estraneo sia alla politica, sia al clericalismo. Ammalia nei suoi silenzi interrotti da frasi ovvie e dal continuo bisogno di sorseggiare acqua. Ma le sue frasi ovvie, fanno centro nel momento in cui le dice sollecitato dalla cronaca “umana”. Indica, anzi, neanche ha bisogno di indicare una falla, e vi pone una pezza. Una pezza a colori, tagliata su misura, ricamata, specie se a qualcuno non piace che quella falla venga denunciata. A lui, tutto sembra essere permesso. Bene! Menomale, ma perché? Nessuno può contro di lui né vittime né aguzzini. Meglio! Ma perché?
Egli approfitta di qualche “potere” che sembra contrassegnarlo. Ma conferito da chi? E poi quale potere?
Allora, procediamo con ordine. Adriano Celentano canta, è una pietra miliare del nostro panorama canoro, ancora oggi, alla veneranda età di settant’anni vende milioni di dischi. E’ forse questo il suo potere? Perciò può fare quello che vuole in TV? Non sembra proprio una buona ragione questa, per quanto non di poco conto. Tanti altri sono famosi come lui magari in altri campi, per esempio, della letteratura, del cinema, del teatro eppure non godono dei privilegi di cui dispone Celentano. Anzi, i personaggi più famosi, hanno sempre patito fortissime resistenze da parte delle “Nomenclature” che contano se non allineati.
E’ un uomo di spettacolo che rifugge la televisione. E’ vero, sarà per questo che la gente viene attratta dalla sua presenza quando, una volta all’anno, lo vede in TV? No, perché esistono molti esempi di personaggi che non sono in video da anni a cui, sono sicuro, non sarebbero permesse tutte quelle libertà che sono invece concesse a lui. Chi potrebbe, per esempio, immaginare Mina che, ritornata in video, si comportasse alla Celentano? No!
Egli è maestro di retorica, che riesce a farcire con tutte le componenti medianiche dello spettacolo televisivo. Sceneggiature retoriche: un misto di panorama metropolitano dove in primo piano c’è sempre “il muretto” e sullo sfondo i grattacieli, immagini retoriche sparate a milioni di pixel di bambini affamati su megaschermi elettronici, elicotteri militari in assetto da guerra, musiche incalzanti e silenzi, silenzi retorici che dicono: «abbiamo visto tutti».
Non è dato sapere, sinceramente, sino a che punto Celentano sia consapevole del perché delle reazioni della gente alle sue performances, né se sia consapevole dell’enfasi cui ricorre quando azzarda un commento-predica. Ma, c’è il “ma”: il consenso. Non solo ottiene il consenso della gente, ma provoca le reazioni a catena della stampa e dei critici che si scorticano le dita a scrivere di tutto, ad azzardare ipotesi, a lanciare anatemi o approvazioni, a promuovere oppure bocciare lo spettacolo. In tutto questo, il grande assente è proprio lui, Adriano Celentano che disdegna interviste, rifugge da inviti e tavole rotonde, non si spreca neanche un po’ a dare qualche spiegazione: «…ho detto ciò che ho detto, il mio compito finisce qui» sembra affermare.
Una sola ed unica spiegazione, allora, ci può essere a giustificare il suo consenso di pubblico. Le cose che dice, sono di forte impatto emotivo. Soprattutto in un momento in cui nessuno le dice. Lascia allo spettatore la riflessione e questo fatto lo rende “automaticamente d’accordo” con lui. Questa intuizione è “rock”. La sua tecnica “offensiva” è un esempio di par condicio da emulare e, forse solo in questo potrebbe essere proposta una nomination a “rock”. Ma anche qui risulta “lento” perché parla da solo e per ultimo senza dare né accettare repliche. Prende di ciascuno, siano essi bianchi o gialli, l’aspetto negativo più evidente e lo denuncia, altrettanto fa con gli aspetti positivi con il risultato che si offenderà chi delle due fazioni ha i deficit più gravi e meno senso dell’ironia. Ha capito che, con il minimo sforzo, ottiene il massimo risultato. E’ “lento” perché è sempre fuori discussione, perché non rischia niente. Il risultato che ottiene è “rock” e questo solo conta. Auditel docet.