Casi all’italiana tra Kafka ed il pettegolezzo

Vittorio Emanuele di Savoia è stato arrestato e condotto in carcere. A lui sono stati contestati i reati di corruzione, falso e, udite udite, sfruttamento della prostituzione. Ammesso che l’accusa abbia un fondamento, ma per questo è obbligatorio attendere una sentenza penale definitiva, qualche maligno potrebbe, oggi, giustificare la grande insistenza del Principe di fare ritorno in Italia. Sì, perché l’Italia è un Paese dove si può fare di tutto, quando tutti lo fanno. «L’ammuina è utile alla guerra» dice un saggio napoletano significando che, in stato di grande confusione si eludono facilmente i controlli e le regole. La Svizzera no. E’ un Paese, agli occhi nostri e non solo nostri, bizzarro, esagerato, dove tutto funziona e funziona come un orologio, monotono, sincronizzato, prevedibile. Ciò necessita di metodo oltre che di senso civico specie in assoluta mancanza di fantasia. La Svizzera è approdo di capitali, conti cifrati, paradiso di ricconi ai quali, da tempo immemore, nessuna banca elvetica ha mai chiesto la provenienza del denaro da loro depositato. In tutto si parla di 78 persone indagate, si dice che siano presenti nella lista, politici, giornalisti, sindaci ecc. Lo “stile” elvetico, si è mantenuto, nei decenni, sugli stessi binari di sempre: «non mi interessa quello che fai, ma non farlo qui». E’ pur sempre un atteggiamento latore di una morale, forse discutibile per carità, ma tant’è. E’ talmente grave ed al tempo stesso, inverosimile l’accusa a Vittorio Emanuele che, a questo punto, c’è da sperare, si consenta il paradosso, che corrisponda al vero. In caso contrario, la frittata è fatta, niente e nessuno potrà risarcire il mal tolto. Caso Tortora docet. Eppure, l’opinione pubblica, il popolo, è portato a credere subito, così come per Tortora, che determinati reati possano essere commessi da personaggi insospettabili. Chi meglio di un Principe, per esempio, può essere più insospettabile? Casi del genere sono materia di pettegolezzo, di illazione e strumentalizzazione politica. La Svizzera non è l’Italia. Qui possono passare decenni a consolidare prassi ed andazzi delinquenziali, senza che nessuno se ne avveda o finga di non avvedersene. Poi, un giorno, un giorno qualunque, di un anno qualunque, qualcuno decide di rendersi protagonista provocando una scossa per abbattere un sistema. O che si dichiari il vero, o che si affermi il falso, niente importa. Non si tratta, è chiaro, di rigurgiti di onestà ma di ulteriori progetti in attesa di nuovi sviluppi, di rinnovati equilibri. A volte sono veri e propri diversivi pilotati. A patto che l’intercettazione di turno, prima o poi, di soppiatto, non arrivi a dire basta.

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