Leggo con tanto interesse gli interventi di Marco Gervasoni, in particolare il fondo di oggi (Gazz. 16/10) a titolo “Come battere i populisti sul loro terreno”, ma mi par di poter far osservare che la sua analisi, assolutamente condivisibile quasi in toto, è deficitaria in una parte, e cioè quando afferma, come se fosse colpa dei populisti, che questi ultimi sono il frutto della crisi e della povertà crescente.
Fin qua non ci piove, ma io mi spingerei molto e molto più in là di una semplice analisi socio-economica per dire che il populismo è figlio di genitori molto più populisti dei populisti stessi, titolo che io, senza alcuna remora, addosserei ai nostri tanti politici, compreso lo scrivente e Gervasoni nonché tanti altri che, pur non essendo politici, ogni mese hanno in casa un’ entrata minima da 2 a 5.000 euro, realtà che molto difficilmente fa recepire la precarietà e la fame nella quale versa più di mezza Italia, chi più chi meno.
Se poi a coloro che Gervasoni definisce populisti presentiamo oggi ai loro occhi il teatro-tragico che ha come registi i soliti Berlusconi, D’Alema, Gasparri, Salvini, Cirino Pomicino, Renzi, Casini e tanti altri che, solo al sentirli nominare ciò provoca… discinesie gastriche, allora sarebbe necessario prendere in considerazione, modificandolo, il predetto sostantivo-aggettivo “populista”, trasferendolo ai veri populisti “specialisti-specializzati” che sono al governo.
Infatti, se ci troviamo in queste condizioni, ciò è imputabile ad una classe politica ormai alla deriva, grazie alla quale, spero di sbagliarmi, non può assolutamente affermare che il paese è in ripresa a furia di debiti, come quello pubblico che, a mio avviso insanabile, sarà il vero problema senza soluzione.
“Ma intanto, andiamo avanti così finché va….” sembrano pensare i “veri populisti” sotto le ingannevoli spoglie dell’attuale politica italiana..
Ma fino a quando, considerato che siamo allo sbando politico e sociale ?
ARNALDO DE PORTI, Feltre
