Nel mio articolo “Una sfida e una vendetta quella di Andreas Lubitz” (Affaritaliani del 28 marzo), e pubblicato anche sul blog “Come Gesù” del prete e scrittore Mauro Leonardi, scrivevo cose giuste e cose meno giuste. La cosa giusta: “Ho pensato ad un uomo malato e arrabbiato con se stesso e col mondo intero, il quale si è sentito potente come un dio, avendo la possibilità di distruggere in un attimo la propria persona, centocinquanta vite umane, e l’oggetto che fino allora in qualche modo aveva per lui costituito un problema. Una sfida e una vendetta”. Malto sì, volevo dire, ma soprattutto crudele. Il che è stato confermato da Paolo Crepet, che su l’Huffington Post del 30 marzo, scrive: “E allora tutti alla ricerca di una categoria dove rinchiudere la mente di un pilota che, come Sansone, vuole uccidere tutti i Filistei. Tutti a perlustrare la sua anima a ritroso, come in un'improbabile autopsia psicologica. Per scoprire un indizio, un “vulnus”, un neo che ci tranquillizzi: perché tutto deve avere una spiegazione, perché solo così salviamo la nostra amata normalità. Tutto quello che esula da ciò che riusciamo a comprendere deve essere catalogato nel grande libro della follia. Come se l'uomo fosse o normale o folle. E non anche cattivo, malvagio”. Sbagliavo, invece, quando scrivevo: “Ma penso anche che un uomo d’indole buona, con una profonda coscienza morale, non possa compiere atti d’estrema violenza, anche se è depresso o folle”. Esistono, infatti, malattie gravi della psiche che possono rendere aggressiva anche una persona buona e mite. E’ probabile, tuttavia, che una persona già incline alla violenza, ceda più facilmente all’impulso di nuocere.
Renato Pierri