L’ON. CLAUDIO FAVA SCRIVE AI SEGRETARI DEL CENTROSINISTRA

OPPOSIZIONE AL GOVERNO BERLUSCONI

IL COORDINATORE DI SINISTRA DEMOCRATICA ON. CLAUDIO FAVA SCRIVE AI SEGRETARI DEL CENTROSINISTRA

Il Coordinatore Nazionale di Sinistra Democratica, on. Claudio Fava ha inviato la seguente lettera ai segretari dei partiti del centrosinistra presenti e non presenti in Parlamento:

Cari amici, cari compagni, la ripresa politica vede l'Italia di fronte a drammatiche contraddizioni economiche, sociali e ambientali, pesantemente aggravate dal procedere spedito di questo governo verso la rapida attuazione del suo programma.
In soli pochi mesi, disponendo di una larga maggioranza parlamentare e attraverso un uso distorto delle procedure istituzionali e delle norme costituzionali, la destra al governo sta mettendo in discussione i due pilastri fondamentali che reggono la vita democratica di un paese: l'equità sociale e i diritti civili.
Eppure, di fronte all'azione devastatrice di questo governo, l'opposizione non solo tarda a organizzarsi ma corre il serio rischio di presentarsi ancora una volta divisa, incapace di produrre in forma unitaria progetti e partecipazione.
E' per questo che non condividiamo l'ipotesi di svolgere, ad ottobre, diverse e distinte manifestazioni dell'opposizione, incapaci nei fatti di parlarsi, con l'unico risultato di lanciare un messaggio identitario e di divisione ulteriore. Troppo poco di fronte ad una realtà così pesante e troppo poco anche di fronte agli insegnamenti che tutti dovremmo trarre dalle divisioni e dagli errori che hanno segnato, in tutto il campo del centrosinistra, l'ultima campagna elettorale.
Sinistra Democratica vi chiede la disponibilità a costruire nelle prossime settimane una piattaforma e una mobilitazione di tutta l'opposizione: un'opposizione che – nel rispetto delle sensibilità politiche di ciascuno – finalmente si unisca e si rivolga al paese per mobilitare soggetti e coscienze

UN NUOVO INIZIO PER IL FUTURO DELLA SINISTRA ITALIANA

La ripresa politica vede l’Italia di fronte a crescenti contraddizioni, squilibri e ingiustizie che da tempo ne frenano lo sviluppo – non soltanto economico ma sociale e ambientale – ma che ora vengono pesantemente aggravate dal procedere spedito di questo governo verso la rapida attuazione del suo programma.
In soli pochi mesi, disponendo di una larga maggioranza parlamentare e attraverso un uso distorto delle procedure istituzionali come delle norme costituzionali, la destra al governo sta mettendo in discussione i due pilastri fondamentali che reggono la vita democratica di un paese, l’equità sociale e i diritti civili. Tanto le importanti conquiste consolidate nel corso di decenni di vita e di lotta democratica, quanto le reali possibilità di attuare quelle vere riforme di cui l’Italia ha sempre più bisogno.
Questo riguarda fondamentali beni pubblici che segnano la qualità dello stato sociale di un paese e su cui si misura la vita quotidiana di donne e uomini: salute, istruzione e formazione. La scuola italiana è con questo governo sotto un attacco che svilisce la qualità educativa e pedagogica da trasmettere alle ragazze e ai ragazzi, umilia il lavoro di tanti insegnanti capaci, e quindi crea distacco tra società, famiglie e istituzioni scolastiche. E riguarda ancor di più la realtà attuale del mondo del lavoro oggi nel nostro Paese: perdita di centralità, precarietà persistente, condizioni materiali di lavoro sempre più insicure e pesanti, salari da troppo tempo fermi e troppo bassi, volontà di ridurre l’azione e il ruolo della rappresentanza sindacale.

2. E tuttavia l’azione devastatrice di questo governo non incontra ancora, a diversi mesi ormai dal voto di aprile, un’opposizione politica capace di resistere agli attacchi della destra e di indicare la possibilità di diversa prospettiva politica per l’Italia.
L’opposizione non solo tarda a organizzarsi, ma corre il serio rischio di presentarsi divisa, chiusa nel recinto, largo o angusto che sia, delle diverse logiche identitarie, incapaci di produrre quell’ampia, diffusa, forte partecipazione unitaria che l’opposizione deve avere oggi in Italia se vuole essere efficace e rialzare la testa di fronte ai colpi di questo governo.
E’ per questo che Sinistra Democratica – nata non già come ennesimo partito politico ma come movimento politico che ha il principale obiettivo di unire la sinistra e costruire un nuovo centrosinistra per governare l’Italia – ritiene si debbano individuare i punti essenziali di una comune piattaforma, quegli stessi su cui le azioni del governo rendono ogni giorno più pesante la vita materiale di tanta parte della popolazione, e si debbano dare segnali inequivocabili di unità e di mobilitazione prima di tutto nei suoi territori.
Ed è per questo, quindi, che Sd non condivide l’ipotesi di svolgere, ad ottobre, diverse e distinte manifestazioni dell’opposizione nel paese, incapaci nei fatti di parlarsi, con l’unico risultato di lanciare un messaggio identitario e di divisione ulteriore. Troppo poco di fronte ad una realtà così pesante e troppo poco anche di fronte agli insegnamenti che tutti dobbiamo trarre dalle divisioni e dagli errori che hanno segnato, in tutto il campo del centrosinistra, l’ultima campagna elettorale.
Ecco perché noi riteniamo necessario costruire una piattaforma e una mobilitazione del’’opposizione. E’ così che si può mettere in moto una doppia speranza. Che un’opposizione finalmente c’è, si organizza, mobilita soggetti e coscienze, unisce. E che da una simile opposizione si può partire, certo in un percorso ancora aperto e difficile, per costruire un nuovo centrosinistra per il governo dell’Italia.
Noi intendiamo lavorare per questo semplice, ma fondamentale obiettivo e ci rivolgiamo a tutti gli interlocutori del centrosinistra come alle tante diverse realtà in ogni parte del territorio del paese che chiedono segnali di speranza e di risposta politica efficace.

3. La nostra prospettiva politica già delineata a Chianciano pochi mesi fa e ribadita nel corso dei lavori della nostra Direzione, guarda alla Costituente della sinistra italiana come all’unica reale possibilità di mettere in moto un processo che da subito e già nelle elezioni amministrative ed europee indichi la strada per dare all’Italia quella sinistra politica che oggi non ha più. Dotata di autonomia culturale e organizzativa, di cultura di governo, di profilo europeo, capace di ridare centralità al valore del lavoro e alla laicità dello Stato.
Sarà un percorso lungo nel tempo ma che occorre avviare ora. Ecco perché guardiamo all’incontro del 20 settembre, al quale parteciperanno autorevoli figure rappresentative della sinistra nella cultura, nel sociale e nel mondo del lavoro, della politica e dei movimenti, come all’occasione che, dopo la sconfitta elettorale e gli esiti dei diversi congressi dei partiti di luglio, metta in moto un nuovo inizio per il futuro della sinistra italiana.

Viterbo, sabato 6 settembre 2008

I cento giorni di Berlusconi III.

Una guida ragionata ad un governo irragionevole.

Indice pag
Una presentazione
Finanziaria, l’elemosina di Robin Hood 1
Chi fatica chi no 4
Il consumatore ignoto 7
La giustizia 8
Sicurezza 10
Tutta colpa degli stranieri 11
L’imbroglio Alitalia 13
Spazzatura 14
Televisione & Tlc 15
La politica estera 16
La storia della destra 18
Per inopportunità e violenza impari 19
Berlusconate 19
Dipendenti, amici, avvocati, portaborse 21

Una presentazione.

Berlusconi sta festeggiando i primi cento giorni del suo terzo governo. Cento giorni durante i quali gli italiani hanno visto peggiorare le loro condizioni di vita mentre una maggioranza prona alle esigenze e agli ordini del suo capo era impegnata soltanto a proteggerlo dagli esiti giudiziari dei suoi comportamenti privati e da imprenditore.
Un Paese smarrito e una maggioranza arrogante, prodiga di annunci e di provvedimenti demagogici, come quello dei soldati per le strade. Berlusconi ha via via annunciato che sono stati risolti i problemi dell’immondizia a Napoli (ma la Commissione europea ha fatto sapere che per loro nulla è cambiato, la procedura davanti alla Corte di giustizia resta aperta), che la sicurezza è aumentata perché adesso si prendono le impronte ai rom, bambini compresi (ma anche qui la Commissione europea ha aperto un’istruttoria e il
Parlamento europeo ha votato a maggioranza una risoluzione che condanna le pratiche razziste dell’Italia), che il problema Alitalia è risolto (ma Berlusconi parla di 7000 licenziamenti contro i meno di 2000 del piano Air France che lui ha sabotato e anche in questo caso la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione per il prestito di 300 milioni considerato illegale). Ma gli unici provvedimenti che sono andati in porto sono quello che blocca i processi contro il premier e la cancellazione di alcuni diritti per i precari decisi dal governo Prodi.
Le schede da pagina 1 da pagina 18 sono a cura di Paola Zanca e Alessia Grossi, mentre l’articolo “Dipendenti, amici, avvocati, portaborse” è di Tullia Fabiani.

Finanziaria, l’elemosina di Robin Hood.

La promessa 1, taglio dell’Ici. Totale eliminazione dell’ICI sulla prima casa, senza oneri per i Comuni.

I fatti 1. L’Ici è stata tagliata, e da giugno tutti i proprietari non hanno pagato la tassa sulla prima casa. Ma il governo Berlusconi ha tolto l’imposta comunale sugli immobili ai più ricchi. Ai meno abbienti, infatti, l’aveva già levata il governo Prodi. La scelta di Tremonti, dunque, rischia di privilegiare anche chi problemi economici non ne ha e di mettere in crisi le casse dei Comuni che vedono sparire una delle loro principali fonti di finanziamento. E va a finire che a pagarne le conseguenze saranno di nuovo i più disagiati che non avranno più tutti i servizi comunali che l’Ici garantiva.
I commenti. Guglielmo Epifani, segretario generale Cgil: «Va bene un processo graduale di riduzione dell’Ici. Ma in virtù delle scelte compiute dal governo Prodi già l’Ici non si pagherà
per la metà o quasi delle case italiane e abolirla da subito per tutti avrebbe un costo molto alto. Con il rischio di mettere in difficoltà le amministrazioni».
Pierluigi Bersani, ministro ombra all’Economia: «Solo un messaggio populista: ricordiamo che l’azzeramento Ici è andato ai ceti medio-alti, non certo ai poveri. Il centrosinistra avrebbe fatto cose molto diverse: le risorse Ici e quelle del maggior gettito sarebbero state destinate in parte alle detrazioni sul lavoro dipendente, in parte agli investimenti».

La promessa 2, imposta per banche e petrolieri. «A profitti straordinari, prelievi straordinari: qualche sacrificio devono iniziare a fare anche banche e petrolieri».

I fatti 2, Robin Hood Tax ricade sui consumatori. Il ministro Tremonti l’ha chiamata Robin Hood Tax: doveva essere l’imposta che ci avrebbe salvato dalle speculazioni dei petrolieri, un onere aggiuntivo sui prezzi dei carburanti. Ma, malgrado il ministro che voleva rubare ai ricchi per dare ai poveri, non c’è stato un analista economico che abbia apprezzato la sua proposta: per i consumatori finali, sostengono gli esperti, anziché la prospettata riduzione, si determinerebbe un ulteriore aumento del prezzo dei carburanti. In sostanza, i petrolieri vessati dal fisco, avrebbero fatto ricadere la tassa sul prezzo al consumo: la trovata di
Tremonti, infatti, non prevede sanzioni nel caso di rincari non “adeguatamente motivati”. Non a caso, l’Autorità per l’Energia, con una delibera del 4 luglio 2008, ha adottato una serie di
interventi urgenti per vigilare sul rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d'imposta. In pratica, l'Autorità punta così ad evitare che «le imprese possano adottare condotte idonee ad eludere il divieto e a comprometterne la finalità di tutela dei consumatori».
I commenti. Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia: «L'inasprimento del prelievo a carico delle banche potrebbe riflettersi sulle condizioni offerte ai depositanti e ai prenditori di credito». Pierluigi Bersani, ministro ombra all’Economia: «Io sono sempre stato con Robin Hood però penso che la demagogia sia il cancro della politica. Faccio notare che da quando sono stati fatti gli annunci della Robin tax il prezzo alla pompa nei distributori italiani ha raggiunto il massimo del differenziale rispetto ai prezzi degli altri paesi europei. In realtà, questo governo ha introdotto un meccanismo di concertazione corporativa con alcuni soggetti forti».
Piercamillo Falasca e Carlo Stagnaro, Istituto Bruno Leoni: «È una risposta inefficace e populista a un problema serio: l’aggravio aggiuntivo a cui le imprese del settore energetico saranno soggette potrà riversarsi su tre voci: i prezzi per i consumatori, gli investimenti del settore energetico, i dividendi per gli azionisti. In tutti i casi, le conseguenze saranno negative».

La promessa 3, più soldi per tutti. Graduale e progressivo aumento delle pensioni più basse; rafforzamento della previdenza complementare e avvio sperimentale di nuove mutue sociali e sanitarie;

I fatti 3, l’elemosina della social card. Il governo regala una card prepagata – per un valore di circa 400 euro l’anno – che i pensionati potranno spendere per spesa e bollette. Una tantum, un’elemosina. Come se non bastasse, il governo ha rischiato di tagliare fuori dall’assegno sociale (la pensione che riguarda 800 mila anziani a basso reddito) solo per colpire gli immigrati. Si era infatti inserito tra i requisiti per ricevere l’assegno il fatto di aver lavorato in Italia per almeno dieci anni con un reddito almeno pari all’assegno stesso, Venivano così tagliate fuori, per esempio, le casalinghe, piuttosto che chi ha lavorato in nero o chi guadagnava meno dei 395 euro stabiliti dall’assegno. Visto il paradosso, il governo è stato costretto ad una retromarcia riparatrice. Il requisito lavorativo e di reddito non c’è più, basta avere la residenza.
I commenti. Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione dell'Arci: «Così si modifica la Costituzione materiale senza toccarne la lettera: di fatto si toglie l'idea stessa dell'assegno sociale trasformandolo in una pensioncina che potrai percepire solo se avrai accantonato una quota di reddito, altrimenti non ti sarà dato nulla per sopravvivere. E per fare questa riforma costituzionale senza dirlo si comincia dagli immigrati perché lì si può utilizzare gli effetti della campagna mediatica e avere facili consensi. Resta il fatto che si tratta di una norma discriminatoria e incostituzionale. Ma è solo un assaggio, poi saranno toccati altri servizi sociali».

La promessa 4, nuove strutture ospedaliere. Incentivazione del rinnovamento tecnologico delle strutture ospedaliere e della realizzazione di nuove strutture, in particolare al Sud, in accordo con le Regioni;

I fatti 4, tagli alla spesa sanitaria e reintroduzione del ticket. Considerati i tagli alla spesa sanitaria che il governo ha scelto di varare, si presume che il programma non potrà essere rispettato. A dirlo, non sono solo i potenziali utenti, ma i medici stessi: dopo la manovra, avremo un Servizio sanitario nazionale «più povero e per i poveri», frutto di «tagli indiscriminati e scriteriati». I camici bianchi della sanità pubblica annunciano un autunno caldo, tra scioperi e altre forme di protesta. In particolare tra le misure contenute nella manovra che più hanno fatto inferocire i camici bianchi c’è l’aumento, giudicato troppo esiguo, del Fondo sanitario nazionale e la possibilità, per le regioni più indebitate di reinserire il ticket sanitario anche per gli esenti. Inoltre, la manovra mette a rischio anche la professionalità dei medici e alcuni loro diritti acquisiti. Ad esempio, elimina due articoli a tutela dei riposi nei turni di lavoro: in parole povere, dopo un turno di 12 ore di lavoro magari notturno, il riposo non sarà più garantito e il medico può essere chiamato in servizio, un «rischio in termini di sicurezza sia per i medici che per i pazienti», avvertono i sindacati. E poi ai medici non va giù l’idea di finire nel calderone dei pubblici impiegati, i fannulloni come li intende Brunetta: i medici ospedalieri ricordano che «lavorano 14 mesi l'anno, tra straordinari e ore non retribuite».
Tra i primi provvedimenti del governo Berlusconi, c’è la reintroduzione del ticket sanitario che il governo Prodi aveva abolito nel 2007. La decisione ha scatenato diverse polemiche, e così il governo ha pensato di cancellare la norma. Ma nel nuovo testo si legge che viene abrogato il ticket di 10 euro sulla specialistica per il 2009, ma anche che lo Stato mette a disposizione soltanto 50 milioni su 834 milioni necessari. I rimanti 707 milioni sono a carico delle Regioni le quali, potranno anche ripristinare il ticket medesimo. Tra le proteste più accese, quella del presidente della Lombardia Roberto Formigoni.

I commenti. Carlo Possa, Funzione pubblica Cgil: «Non siamo alternativi al ministro Brunetta sulle provocazioni che fa sui fannulloni. Lo siamo perché vuole privatizzare la sanità, perché nel disegno della destra non c’è l’utente ma il cliente, non c’è il pubblico, ma il privato, al posto dell’asilo nido c’è la baby sitter e per gli anziani non autosufficienti non c’è l’Ipab, ma la badante».
Livia Turco, ex ministro della salute nel governo Prodi: «La sanità torna ad essere solo un problema finanziario di razionamenti delle risorse anzi di tagli. Torna ad essere materia di grave conflitto istituzionale ed è quello che più ci preoccupa. Il diritto alla salute ha bisogno di regole e risorse certe, di condivisione, di gioco di squadra: tra i livelli istituzionali, tra istituzioni, manager, operatori ed associazioni dei cittadini. Con il decreto sullo sviluppo le regioni si trovano obbligate a discutere “Un Patto dei Tagli” e non l’aggiornamento del “Patto della Salute” siglato nel 2006, aggiornamento che dovrebbe partire da un a valutazione dei risultati ottenuti».

La promessa 5, meritocrazia. Attuazione per la prima volta in Italia del disposto dell’articolo 34 della Costituzione: “I capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”

I fatti 5, tagli alla scuola e all’Università. Nella Manovra i tagli alla scuola ammontano ad 8 miliardi di euro oltre a 130 mila licenziamenti, tra insegnanti e personale non docente nelle scuole, altri 500 mila euro di tagli per le Università.
Questo costringerà gli istituti e gli atenei ad aumentare le tasse di iscrizione, per riuscire a garantire i servizi. Proseguire negli studi, quindi, non sarà solo questione di merito, ma anche di possibilità economiche. I docenti delle Università italiane hanno già minacciato di bloccare lezioni ed esami.
I commenti. Associazioni dei docenti: «Tagliare circa 500 milioni di euro all'Università italiana significa inevitabilmente aumentare le tasse per gli studenti, scaricando su di loro e sulle loro famiglie gran parte del costo dell'operazione». Walter Veltroni, segretario Pd : «È compito primario dello Stato sostenere la formazione superiore e la ricerca libera, in quanto beni pubblici che svolgono un servizio nell'interesse del paese. La competizione internazionale tra sistemi economici richiede all'università italiana un nuovo protagonismo nell'interesse di tutta l'Italia. Spetta al governo dare modo a questo attore sociale di potersi esprimere al meglio. Dare fiducia all'università significa dare fiducia al futuro. Ne abbiamo tutti assoluto bisogno».

La promessa 6, case per tutti. “Piano casa” per costruire alloggi per i giovani e per le famiglie che ancora non dispongono di una casa in proprietà attraverso lo scambio tra proprietà dei terreni e concessioni di edificabilità. Ogni Regione determinerà i criteri di assegnazione su cui costruire le graduatorie;

I fatti 6, si annunciano 20mila case e se ne cancellano 12mila. Nella manovra economica varata ad agosto, come ha denunciato il Sunia, spariscono 550 milioni di euro destinati nel 2007 all'emergenza abitativa ed in particolare alle famiglie disagiate sottoposte a sfratto, per destinarli ad un fondo nazionale che dovrà finanziare un “piano casa” da definire entro il gennaio 2009.
I commenti. Luigi Pallotta, segretario nazionale del Sunia: «Il piano già si profila come l'ennesimo sostegno ai costruttori nostrani che per effetto della crisi vedono crollate le compravendite. Altri alloggi in proprietà, quindi, che non servono a nulla e vanno nella direzione opposta alla necessità che lo stesso Governo e gli stessi costruttori hanno, sino a poche settimane fa, dichiarato: quella di costruire e recuperare alloggi in locazione a canoni sostenibili dai redditi delle famiglie in cerca di abitazione».

La promessa 7, lo spettacolo deve continuare. Legge quadro per lo spettacolo dal vivo (teatro, musica, danza) e per promuovere la creatività italiana in tutti i campi dello spettacolo, dell’arte e della multimedialità;

I fatti 7, taglio dei finanziamenti diretti all’editoria. L'articolo 44 del decreto legge 122, intitolato «Semplificazione e riordino delle procedure di erogazione ai contributi all'editoria», si
abbatte come una scure sui contributi diretti di cui vive l'editoria cooperativa, non profit e di partito, 229 testate in tutto. Il governo ha scelto di tagliare proprio questi finanziamenti, e non quelli indiretti (agevolazioni fiscali, elettriche e satellitari) di cui godono le grandi testate che hanno comunque dalla loro la raccolta pubblicitaria.
I commenti. Rosario Altieri, presidente dell'Associazione generale delle cooperative italiane (Agci): «Si aprirà un calvario per le piccole testate, costrette in pochi anni alla chiusura. E la “mannaia” si abbatterà non solo sui giornali di partito, ma anche sull'editoria cooperativa e no profit e, con questa, tante testate locali indipendenti che rappresentano il principale veicolo di comunicazione delle realtà regionali e locali».

La promessa 8, chiudere gli enti inutili. Liquidazione delle società pubbliche non essenziali. Il governo ha promesso di far sparire gli «Enti inutili», a cominciare da quelli con meno di 50 dipendenti.

I fatti 8, tagli alla cieca. Nel calderone è finito pure il Commissario anticorruzione nella pubblica amministrazione e il Commissario per la lotta alla contraffazione.

I commenti. Drago Kos presidente del GRECO, Gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa: «Esprimiamo la nostra profonda preoccupazione in merito alla decisione del Governo Italiano, presa tramite decreto legge, di abolire questa istituzione e nel corso della riunione plenaria d’ottobre, la delegazione italiana presso il GRECO sarà chiamata a fornire maggiori informazioni riguardo le ragioni di tale decisione e le probabili conseguenze nella lotta alla corruzione in Italia».
Lettera di Transparency International a Berlusconi: «Chiediamo a Lei e al governo che presiede di riesaminare la posizione, sostenere e potenziare l’esistenza di un istituto indipendente ed efficace, con precise regole e doveri di programmazione e rendicontazione, formato da persone competenti e moralmente dedicate con continuità a combattere la corruzione in Italia. ciò sia per l’urgenza che la situazione richiede che per mantener fede agli impegni internazionali».

Chi fatica e chi no.

Promessa 1, detassazione straordinari e premi. Detassazione di straordinari, premi e incentivi legati a incrementi di produttività.

I fatti. Meno imposte sugli straordinari: in via sperimentale per sei mesi, a partire da giugno, viene applicato ai dipendenti – esclusi gli statali – con un reddito annuo fino a 35mila euro e sarà collegato alla produttività. La detassazione riguarda gli straordinari con un imponibile massimo di 3mila euro annui, a cui verrà applicata un’aliquota marginale del 10%.

I commenti. Guglielmo Epifani, segretario Cgil: «La soluzione migliore doveva essere quella di dare una risposta a pensionati e lavoratori tutti, perché sono proprio i redditi più bassi quelli colpiti dall'aumento dei prezzi: questo non c'è nella scelta del Governo. Chi lavora nella scuola o nella sanità pubblica sarà trattato diversamente dagli addetti della scuola privata e delle cliniche private».
Titti Di Salvo, ex capogruppo di Sinistra Democratica a Montecitorio. «L'Istat ci parla di un Paese sempre più diviso tra Nord e Sud, di diseguaglianze che aumentano, di persone disperate che non cercano più lavoro, di lavori poveri. Di fronte a tutto questo le misure annunciate dal governo dividono ancora di più. Invece che aumentare salari e pensioni puntano ad aumentare le divisioni con la detassazione degli straordinari: i lavoratori privati divisi da quelli del settore pubblico, le donne dagli uomini, il Nord dal Mezzogiorno». Andrea Olivero, presidente Acli: «Usare la leva degli straordinari non risponde, se non in minima parte, alle esigenze di redistribuzione del reddito avvertite dai lavoratori e dalle famiglie italiane. E il possibile abuso dello strumento desta non poche preoccupazioni circa la conciliazione dei tempi di lavoro con la vita familiare, che diventerebbe ancora più problematica di quanto non lo sia oggi».
Giorgio Tonini, senatore Pd: «A noi democratici non piace questa soluzione, perché frammenta il mondo del lavoro, identifica l’aumento di produttività solo con l’aumento di orario, perché è tendenzialmente unilateralista, cioè ignora o quanto meno marginalizza la contrattazione collettiva e perché, come ha bene evidenziato Pietro Ichino, è pure maschilista, dato che gli straordinari li fanno quasi solo gli uomini e quasi mai le donne».

Promessa 2, stabilizzazione del lavoro precario. Obiettivo della piena occupazione per trasformare la flessibilità di ingresso nel mondo del lavoro in opportunità di stabilità del rapporto e di crescita professionale, eliminando alla radice il fenomeno della precarietà. Introduzione di un credito d’imposta per le imprese che assumono giovani e che trasformano contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato.

I fatti. Il maxiemendamento approvato con la manovra economica butta all’aria buona parte delle tutele che il ministro Damiano era riuscito ad ottenere per il mondo del lavoro. Diritti acquisiti cancellati in fretta e furia senza tanta pubblicità: l’emendamento annulla la possibilità per i lavoratori, una volta fatto ricorso al giudice e constatata la irregolarità del rapporto di lavoro, che il contratto a tempo determinato possa essere trasformato a tempo indeterminato. Si fa carta straccia anche della norma che tutelava i lavoratori precari dal ricatto delle dimissioni in bianco. È purtroppo assai diffusa, infatti, la pratica delle lettere di dimissioni già preparate al momento dell’inizio del rapporto di lavoro: in questo modo , quando il precario non serve più, il datore di lavoro poteva allontanarlo senza dover trovare una giusta causa e senza dover pagare nessuna liquidazione. Il lavoratore risultava essersi dimesso spontaneamente. Per scongiurare l’uso di questa vergognosa pratica,il governo Prodi aveva disposto che la procedura per le dimissioni andava eseguita obbligatoriamente on line sul sito del Ministero del Lavoro, pena la nullità. I moduli erano gratuiti, contrassegnati da un codice di identificazione progressiva, ed avevano una durata limitata di quindici giorni. Con Berlusconi al governo, invece, i datori di lavoro disonesti potranno ricominciare tranquillamente a far firmare le dimissioni ai neo assunti. Infine, nessuna speranza di venire regolarizzati nemmeno se si lavorava da precari da anni. Il governo infatti ha modificato anche il Protocollo sul lavoro firmato da parti sociali e Prodi il 23 luglio del 2007. Tante furono le critiche al fatto che dovevano passare 36 mesi (considerati troppi) prima di avere un contratto a tempo indeterminato. Ora anche quello diventa un miraggio. L’azienda non ha più obbligo di assumere a tempo indeterminato nemmeno chi lavora da tre anni senza garanzie: per tenersi la coscienza e la fedina penale pulita basterà pagare ai dipendenti «un importo compreso tra 2,5 e 6 mensilità».
I commenti. Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro nel governo Prodi: «Il problema non è solo una singola norma come il ripristino del lavoro a chiamata, ma il senso generale dell'attacco al protocollo del 23 luglio» ed «è preoccupante che si voglia cambiare la normativa sui contratti a termine derogando sulla durata e sul diritto di precedenza del lavoratore in caso di assunzione a tempo indeterminato, dimenticando che questa normativa era stata lungamente discussa con le parti sociale e da esse condivisa». Walter Veltroni, segretario Pd: «Il Paese ha bisogno di stabilità e non di precariato. Il provvedimento del governo permette alle aziende di essere più libere e di fare ricorso a questa tipologia contrattuale che mette a rischio la stabilizzazione dei lavoratori».
Pina Picerno, ministro ombra delle politiche giovanili: «Così si toglie la speranza di futuro ai giovani e al Paese. A parole e solo a parole il centrodestra dice di voler difendere il futuro dei giovani nei fatti, li priva dei diritti fondamentali per costruirsene uno. I giovani li vogliono flessibili, flessibili fino a spezzarne la schiena».
Bruno Ugolini, editorialista de l’Unità: «Tutto quanto si è prodotto negli ultimi mesi attorno al tema della condizione dei precari è stato brutalmente cancellato. Come se non esistessero più. Il governo di centrodestra, quello che annuncia trionfalmente di rappresentare i deboli e addirittura la sinistra, ha deciso di mettere mano alle misure varate dal governo di centrosinistra e di ripristinare non i diritti dei precari, appunto, ma quelli degli imprenditori pubblici e privati».

Promessa 3, riforma degli ammortizzatori sociali. Riforma degli ammortizzatori sociali secondo i principi contenuti nel “Libro Bianco” del professor Marco Biagi.

I fatti. Il ministro Sacconi ha presentato le 24 pagine della prima bozza del Libro Verde come tracce di riferimento per disegnare un nuovo Welfare. Un «documento aperto», ha detto, su cui intavolare nei prossimi tre mesi una consultazione pubblica nella quale « referenti istituzionali ma anche semplici cittadini, potranno dare il proprio contributo». Al termine verrà messo a punto un ufficiale Libro Bianco, sulla cui base il governo formulerà le proposte in materia di lavoro, salute e politiche sociali per l'intera Legislatura. Ma le anticipazioni hanno già fatto discutere, tanto che il ministro ha dovuto fare marcia indietro, spiegando che alcune misure come l’innalzamento dell’età pensionabile, sono «solo accennate». Peccato che nel Libro Verde si legga testualmente: Potrebbe essere non ancora risolto il nodo della specifica sostenibilità del sistema pensionistico pubblico, per il quale dovrebbe valutarsi la necessità di promuovere un ulteriore innalzamento della età di pensione una volta completata la fase di graduale elevazione della età minima a 62 anni. Non proprio un semplice accenno.

I commenti. Morena Piccinini, segretaria nazionale Cgil: «Il Libro Verde è molto più profondo e distruttivo di ciò che a prima vista è stato tradotto solo come intenzione di innalzare ulteriormente l'età pensionabile, misura peraltro iniqua e inutile. È la proposta di smantellare dalle radici un welfare della solidarietà tra generazioni».

Promessa 4, incremento della sicurezza sul lavoro. Incremento delle tutele, delle garanzie e dei controlli in materia di sicurezza sul lavoro anche attraverso incentivi per le imprese.
I fatti. Non sono passate nemmeno ventiquattro ore dalla tragedia di Mineo, in provincia di Catania, dove sei operai sono morti nella vasca di un depuratore, che il governo va all’attacco del Testo Unico sulla Sicurezza voluto dal governo Prodi. Secondo il ministro Sacconi, «non esiste l'equazione “tanti adempimenti formali uguale sicurezza”. Anzi – sostiene – oltre un certo limite penso che più adempimenti formali possano produrre minor sicurezza sostanziale». Tra questi adempimenti, c’è anche il casco: «Il casco – ha sostenuto ancora Sacconi – è diffusamente rifiutato nel Paese. Penso che si possano suggerire standard più confortevoli capaci di garantire ancora una migliore protezione». Non va meglio con il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola che, all’inaugurazione della centrale Enel di Civitavecchia, dice che per ottenere questo «modernissimo» impianto «dove tutto è controllato e tutto è sicuro» ci sono voluti anni di lavoro e anche «qualche vita umana».
I commenti. Guglielmo Epifani, segretario Cgil: «Se si dà l'impressione che le norme possono essere cambiate in continuazione, non ci sarà nessuna deterrenza nei confronti di chi non rispetta la legge. Perché si dà, a ragione o a torto, l’immagine di voler rendere le sanzioni discutibili e si manda un messaggio sbagliato alle imprese, ai lavoratori, all’opinione pubblica. È come per l’evasione fiscale, se cambiano le norme e si fanno condoni non è facile poi combatterla. Se si dà il segnale che tanto le sanzioni verranno ridiscusse si allenta il peso, il contenuto del decreto. Bisogna stare attenti».

Promessa 5, riforma della pubblica amministrazione. Sviluppo del piano di riorganizzazione e di digitalizzazione della pubblica amministrazione avviato durante il Governo Berlusconi per raggiungere i seguenti obiettivi: considerevoli risparmi nel costo dello Stato, accesso dei cittadini agli uffici pubblici per via telematica, maggiore trasparenza e certezza delle procedure.

I fatti. Il «piano di riorganizzazione» si è trasformato nel quotidiano attacco ai fannulloni. Il ministro Brunetta si presenta come quello che rivoluzionerà la pubblica amministrazione, ma ogni giorno annuncia novità che invece esistono già. La possibilità di visita fiscale anche nel caso di assenza per un solo giorno: Brunetta la spara come una rivoluzione, in realtà è una facoltà sempre esistita, a discrezione del datore di lavoro.
E che deve fare i conti con la scarsità di medici abilitati alle visite fiscali. L’obbligo di giustificare le assenza per malattia per più di dieci giorni «con la presentazione all'amministrazione di un certificato medico rilasciato dalle strutture sanitarie pubbliche o dai medici convenzionati». Le «conseguenze per i pubblici dipendenti che svolgono un secondo lavoro in nero, che potranno arrivare anche al licenziamento». Casi che già ora passano al vaglio dei Tribunali del Lavoro. Infine, la sua filosofia – copiata da Mao Tse Tung e dalle Br – in una frase: «Nella pubblica amministrazione bisogna usare il bastone e la carota. La carota sono gli incentivi. Il bastone sono i licenziamenti: le regole ci sono già e sono teoricamente più dure di quelle del settore privato. Per farlo dobbiamo ridare responsabilità e gerarchia ai dirigenti. Sento che il clima è cambiato, bisogna colpirne uno per educarne cento».

I commenti. Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl: «Basta con questa campagna denigratoria. Il meccanismo è chiaro: si spara sulla categoria dei dipendenti pubblici, se ne parla male tutti i giorni, e poi si taglia, tanto se i reprobi strillano non fa nulla, non importa a nessuno. Non va bene, nessuno può pensare di fare le riforme a bastonate. È come dire che Tangentopoli abbia sgominato la corruzione. Non è stato così, perché le riforme sono cose che si fanno in maniera ponderata, mettendo insieme le parti più moderate e disponibili, costruendo progetti. Quando si pensa di risolvere in un giorno situazioni abbandonate per decenni è come seminare un granello in superficie: sembra che metta subito radici, ma il sole le brucia».

Promessa 6, freno della crisi economica e dell’inflazione. La realizzazione del nostro programma è sottoposta a vincoli esterni essenziali, tra cui il vincolo costituito dalla crisi economica in atto nel mondo ed in Italia. Una crisi che può aggravarsi e che in questi ultimi due anni è stata irresponsabilmente ignorata o sottovalutata dal Governo Prodi.
I fatti. Nei suoi primi cento giorni, invece, il governo Berlusconi ha calcolato un’inflazione programmata molto più bassa di quella attuale: per l'anno in corso 1,7%, mentre si scende all'1,5% negli anni seguenti. Perché un così abnorme taglio rispetto al dato reale che ora viaggia oltre il 3,6%? La risposta è semplice: è su quella cifra che dal 1993 si basano gli aumenti salariali nei contratti di lavoro.
I commenti. Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro nel governo Prodi: «È evidente che in questo modo mentre si dice di voler dare qualcosa ai lavoratori, si fissa un tasso di inflazione così basso da non essere altro che la programmazione della perdita d'acquisto delle retribuzioni».
Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica Cgil: «Siamo passati dalla finanza creativa alle previsioni creative: normalmente l'inflazione programmata che ha lo scopo di contenere la spinta inflazionistica viene sottostimata, ma qui siamo davvero ben oltre la tradizione. È evidente l'intenzione del governo di sottostimare la spesa per i contratti pubblici».

Il consumatore ignoto.

Stop class action «La cosiddetta “class action” all'italiana, si legge sul sito dell’Unione Nazionale dei Consumatori, sarebbe dovuta entrare in vigore a partire dal 30 giugno 2008: finalmente si sarebbe potuto mettere alla prova la reale efficacia dell'azione collettiva risarcitoria, introdotta nel Codice del Consumo dalla legge Finanziaria per il 2008, all'esito di una intensa stagione di dibattito che ha interessato gli studiosi ed entrambi i rami del Parlamento nell'arco di due legislature.
Riprendendo la metafora di Andrea Giussani, autorevole studioso delle azioni collettive, l'introduzione di un simile strumento processuale è paragonabile alla possibilità, in una città il cui trasporto urbano sia compiuto solo dai taxi, di offrire anche il trasporto in autobus e cioè la possibilità di fare giudizi collettivi, nell'interesse di interi gruppi di danneggiati, con evidente risparmio di costi.

I fatti. I ministri Brunetta e Scajola alla fine ci sono riusciti: dopo settimane di indiscrezioni, hanno fatto slittare l’introduzione delle azioni collettive risarcitorie al prossimo anno, anziché dal 1 luglio come deciso dal governo Prodi.
I commenti. Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori : «Non possiamo tollerare che l’attuale Governo cancelli un istituto che è il frutto di una istanza sociale maturata negli ultimi cinque anni in conseguenza di gravi lesioni seriali dei diritti dei consumatori, come il cartello anticoncorrenziale delle Compagnie di assicurazione, sanzionato nel 2003 dall’Antitrust, ed i ben noti scandali finanziari che hanno azzerato i risparmi di migliaia di cittadini».
Carlo Rienzi, presidente Codacons «Confindustria e Scajola vogliono giustificare il rinvio della class action nascondendosi dietro la bugia che, con la nuova legge, ad arricchirsi sarebbero solo gli studi legali. Niente di più falso. Se si legge bene il provvedimento si capisce chiaramente che solo le associazioni senza fini di lucro e riconosciute dallo Stato possono utilizzare lo strumento della class action, che non è invece utilizzabile dagli studi legali privati».
Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera: «Questo slittamento danneggia i ricorsi contro i grossi scandali finanziari, come il crack Parmalat, e dà una mano ai tanti furbetti del quartierino che ci sono nel nostro Paese. La maggioranza pensa più alla tutela di interessi particolari che a quelli dei cittadini. È evidente che questo governo, attraverso la limitazione delle intercettazioni, la sospensione dei processi e da ultimo il rinvio della class action, lavora per l'impunità dei reati finanziari ed economici».

Le promesse sui mutui. Difesa dei consumatori generalizzando e rafforzando il principio di “portabilità” dei rapporti con le banche.
I fatti. A sentire i proclami di governo, per chi è vittima del caro-mutui la soluzione è arrivata: nessun problema per il passaggio al tasso fisso e ritorno alle rate del 2006, se poi i tassi medi del periodo sono stati più elevati, basterà allungare la durata del mutuo. E qui sta l’inghippo. Insomma, non si paga quest’anno, ma si pagherà tutto, e con gli interessi, negli anni in più in cui il mutuo verrà allungato. Inoltre, il governo presenta come una novità la possibilità di cambiare mutuo da tasso variabile a tasso fisso. Peccato che l’avesse già fatto il decreto Bersani.
I commenti. Aduc, associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori: «Il governo ha sbandierato un accordo con l'associazione delle banche prevedendo un risparmio pari a circa 850 euro all'anno per 1.250.000 famiglie circa. Peccato che la notizia sia falsa: nel comunicato dell'Abi si legge che l'accordo non prevede alcun risparmio, ma solo una dilazione nel pagamento».
Paolo Landi presidente Adiconsum: «I consumatori devono essere consapevoli che ciò che non viene pagato nella rata dovrà essere pagato a fine mutuo caricato degli interessi: parlare, quindi di benefici di 800-1000 euro è assolutamente fuori luogo».
Walter Veltroni, segretario Pd: «L'intervento sui mutui è assolutamente una presa in giro, una dilazione dei termini che non ha nessun effetto attivo per i consumatori».
Pierluigi Bersani, ministro ombra all’Economia: «Abbiamo 50- 60 mila rinegoziazioni in corso dei mutui a seguito della nostra legge che porta il mio nome. Quello del governo Berlusconi è un bel rilancio mediatico di un'operazione già in corso».

La giustizia

Promessa 1. Inasprimento delle pene per i reati di violenza sui minori e sulle donne; gratuito patrocinio a favore delle vittime; istituzione del Tribunale della famiglia, per garantire i diritti fondamentali dei componenti del nucleo familiare.

I fatti 1, la blocca processi. Nel decreto sicurezza viene inserita una norma che prevede il rinvio discrezionale dei processi fino a 18 mesi per i reati che non generino allarme sociale compiuti fino al 2 maggio 2006. L'imputato potrà rifiutarlo e non si applica se il dibattimento è già chiuso. Viene inoltre data priorità ai processi che prevedono il rito per direttissima, quelli con imputati detenuti e quelli per reati più gravi, come mafia, terrorismo, ma anche incidenti sul lavoro e circolazione stradale, immigrazione clandestina e reati puniti con pene superiori ai quattro anni e quelli nei quali ci sono casi di recidiva reiterata.
I commenti. Consiglio Superiore della Magistratura: La norma che porta allo stop di «un numero ingente di processi» viola gli articoli 111 e 112 della Costituzione e la magistratura conferma il parere negativo, non rispetta la ragionevole durata del processo e «rischia di provocare effetti gravemente negativi sulla funzionalità del servizio di giustizia». Portavoce di Berlusconi: «Il premier denuncia l’attacco ai suoi danni da parte delle toghe rosse».
Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori: «È in corso un ricatto, un ricatto che sta mettendo in scacco il Parlamento». (l’8 luglio a Piazza Navona 100 mila persone manifestano contro le leggi canaglia del Governo Berlusconi).
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio: «Tutto ciò che è stato detto in quella piazza è solo spazzatura».
Walter Veltroni, segretario del Pd: «Le modifiche alla blocca processi sono la conferma che avevamo ragione noi a dire che questo emendamento avrebbe fatto dei disastri su un problema come quello della sicurezza. Se ne sono resi conto anche loro una volta che si è risolto il problema che domina queste prime settimane del governo della destra, il problema del presidente del Consiglio. Vuol dire che quella legge non era fatta per il Paese, ma per una persona che è quella tutelata dal Lodo».
Maria Novella Oppo, l’Unità, 13/07/2008. «Francamente non si capisce con che coraggio (e con che faccia) certi personaggi appaiano ora in tv a sostenere che l’opposizione dovrebbe votare per il governo. Per settimane abbiamo visto e sentito la compagnia di giro dei berluscones ripetere in ogni dibattito che la norma blocca processi non riguardava affatto il premier, l’amico pubblico numero uno, ma era stata pensata apposta per risolvere i problemi giudiziari degli italiani, anche quelli che non ne hanno. Tutti a ripetere lo stesso ritornello, inventato dalla mente più lucida della coalizione, ovvero Maurizio Gasparri. Era lui a spiegare in tv come, per combattere la lentezza dei processi, l’unica soluzione fosse fermare i processi. La giustizia non arriva mai? Meglio mai che tardi.
Questa la ragione sociale della ditta Berlusconi spiegata dai suoi ripetitori autorizzati. E chi cercava di contrastarla, voleva solo sovvertire per via giudiziaria la democrazia. Cosicché, ora che è stato lui a bloccare la blocca processi, si può dire che Berlusconi vuole solo sovvertire la democrazia.».

Promessa 2. Aumento delle risorse per la giustizia, con un nuovo programma di priorità nell’allocazione delle risorse: più razionalità nelle spese, più investimenti nell’amministrazione della giustizia quotidiana, a partire dalla giustizia civile.

I fatti 2. Il decreto legge della Manovra Finanziaria per «ridurre l’indebitamento delle amministrazioni pubbliche» prevede nel prossimo triennio 2009/2011 e anche fino al 2013 tagli sulle risorse materiali e umane del settore Giustizia.
I commenti. Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati: «Con i tagli la giustizia non può funzionare, non si può realizzare l'obiettivo di un processo in tempi ragionevoli. Prendiamo atto che con questa manovra si tagliano le spese in un settore che non può non ritenersi strategico. Siamo preoccupati. Bisogna investire, tagliare le spese vuol dire aggravare un sistema che già funziona con grave difficoltà. Sì all'efficienza, no alle paventate riforme costituzionali, faremo un'intransigente difesa dei principi costituzionali». L'appuntamento è per il 25 ottobre anche con l’avvocatura. «In quella sede – anticipa il presidente – valuteremo le iniziative da adottare, le proteste se non verranno destinate altre risorse e contro le paventate riforme costituzionali, come quella del Csm o sulla separazione delle carriere».
Michelina Grillo, presidente dell’Organismo unitario dell’Avvocatura: «Siamo delusi ci attendevamo ovviamente un impegno maggiore. So che dall'opposizione erano stati presentati emendamenti ma sono stati tutti rigettati. I tagli ricadranno negativamente sulla situazione, già critica, degli uffici giudiziari, dove già ci sono grandi problemi sul personale, poiché sedi importanti ed affollate sono già sotto organico».

Promessa 3. Limitazione dell’uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali al contrasto dei reati più gravi; divieto della diffusione e della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche e ambientali; con pesanti sanzioni a carico di tutti coloro che concorrono alla diffusione e alla pubblicazione.

I fatti 3. Il presidente del Consiglio in visita all’associazione dei giovani industriali a Santa Margherita Ligure annuncia un disegno di legge contro le intercettazioni telefoniche. Berlusconi: «Divieto assoluto di intercettazioni telefoniche, tranne per le indagini su mafia, camorra, 'ndrangheta e terrorismo». Per tutte le altre indagini, invece, ci sarà una pena di «5 anni per chi ordina intercettazioni, 5 anni per chi le esegue e 5 anni per chi le propaga. Penalizzazioni finanziarie importanti per gli editori che le pubblicano». Il ministro della Giustizia Angelino Alfano sostiene che «un terzo delle spese complessive della Giustizia sono impiegate per le intercettazioni. Questo è un eccesso e occorre porvi rimedio tutelando la privacy dei cittadini, non debilitando la forza delle indagini».
I commenti. Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori: «Premesso le intercettazioni sono necessarie alle indagini c'è poi un gossip che può essere eliminato con un'udienza da fare al termine delle intercettazioni, durante il quale pm e avvocato difensore dicono quali sono quelle utili. A quel punto, quelle escluse potrebbero essere chiuse in un armadio o distrutte e resterebbero a disposizione delle parti solo quelle utili».
Marco Travaglio, da l’Unità, 08/06/2008: «Qualche esempio. Tizio viene ammazzato. Nessuna traccia dell’assassino. Il giudice ordina di controllare i telefoni di parenti, amici e colleghi di lavoro, alla ricerca di un indizio. Ma l’omicidio (salvo che a commetterlo sia un mafioso, un camorrista o un terrorista) non è compreso tra i reati per cui sarà ancora lecito intercettare: dunque resterà insoluto, salvo che l’assassino si presenti spontaneamente a confessare. Rapina in banca: una telecamera riprende uno dei rapinatori. Gl’inquirenti riconoscono dalle immagini sfuocate uno dei rapinatori e gl’intercettano il telefono per accertarsi che sia proprio lui e individuarne i complici. Questo, oggi. Domani, non essendo le rapine reati di criminalità organizzata, niente intercettazioni: impossibile scoprire i malviventi, che la faranno franca, né tantomeno recuperare il bottino. Un imprenditore viene 28 sequestrato. Le forze dell’ordine, oggi, mettono sotto controllo il telefono di casa per risalire dalle chiamate per la richiesta di riscatto – alle utenze dei sequestratori, pedinarli, scoprire il covo e liberare l’ostaggio. Domani niente intercettazioni e niente colpevoli. Ai familiari non resterà che pagare e sperare che il congiunto venga restituito tutto intero. Un misterioso molestatore perseguita una ragazza con telefonate oscene, o minaccia e insulta un suo nemico: gl’investigatori controllano il telefono della vittima e risalgono al disturbatore. Oggi. In futuro anche questo sarà impossibile. Una donna, picchiata e violentata dall’ex compagno, trova la forza di sporgere denuncia. Ma mancano le prove. Per trovarle, serve intercettare l’uomo per verificarne gli spostamenti. Con la nuova legge, niente intercettazioni e niente prove. Poi, naturalmente, ci sono i reati finanziari, fiscali e contro la Pubblica amministrazione. Che poi sono quelli che Berlusconi, avendone commessi parecchi ed essendo tuttora imputato per tutte e tre le categorie penali, spera di rendere impossibili da scoprire e da punire (magari con una norma transitoria che renda inutilizzabili le intercettazioni sin qui realizzate, tipo quella tra lui e Saccà per cui è imputato a Napoli per corruzione). Siccome nessuno li confessa spontaneamente, l’unico modo per smascherarli è intercettare chi è sospettato di commetterli. D’ora in poi sarà proibito: non commetterli, ma scoprirli. Così i miliardi di euro che ora lo Stato recupera ogni anno dai processi per bancarotta, falso in bilancio, corruzione, concussione, frode fiscale, aggiotaggio (solo dalle intercettazioni dei furbetti del quartierino, la Procura di Milano e Clementina Forleo hanno recuperato quasi 1 miliardo di euro) resteranno nelle tasche dei criminali. Chissà che ne dice Robin Hood Tremonti».
Giuseppe Giulietti, deputato Idv e portavoce di Articolo 21: «Siamo in presenza di un ennesimo provvedimento ad personam con il dichiarato obiettivo di ridurre il ruolo e la funzione dei poteri di controllo a cominciare da quelli che spettano alla giustizia e al libero esercizio del diritto di cronaca».
10/06/2008. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano blocca la trasformazione del disegno di legge in decreto.
15/06/2008. L’Assemblea della Federazione europea dei giornalisti, riunita a Berlino vota all'unanimità un documento di condanna della stretta sulle intercettazioni voluta dal governo italiano e le sanzioni penali previste contro i giornalisti.
«Questo modo di procedere è contrario ai principi universali dei diritti dei media e della loro funzione nelle democrazie moderne. I giornalisti, infatti, non devono nascondere le informazioni d'interesse generale, sia originate da fonti libere sia da fonti confidenziali, che essi hanno il dovere di proteggere. Il progetto di legge del governo italiano è contrario alle convenzioni internazionali e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo»
26/06/2008. Il settimanale L’Espresso pubblica nuove intercettazioni delle telefonate tra il premier e il direttore di Rai Fiction Agostino Saccà.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio: «Quanto accaduto dimostra ulteriormente, se ve ne fosse stata la necessità, l'urgenza delle nuove norme in tema di pubblicazione delle intercettazioni».
3/07/2008. Il premier Silvio Berlusconi rifiuta l'invito di Enrico Mentana a dire la sua in tv su intercettazioni e giustizia: «Basta con il gossip, ammorba la politica». La retromarcia si completa con il ritiro del decreto sulle intercettazioni, la legge bavaglio, dal Consiglio dei ministri. La norma sulle intercettazioni resta un disegno di legge.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio: «Vado avanti, ho il consenso dei cittadini, la gente è con me. Se pensano di fermarmi hanno sbagliato indirizzo. Io vado avanti per la strada intrapresa»

Sicurezza

Promessa 1 Aumento progressivo delle risorse per la sicurezza

I fatti 1. Con la manovra correttiva del bilancio dello Stato per il triennio 2009/2011, vengono tagliati oltre 3 miliardi di euro sui capitoli di spesa della Sicurezza e della Difesa delle amministrazioni dello Stato. A luglio i sindacati delle forze di polizia e il Cocer, il Consiglio dei rappresentanti dei militari, scendono in piazza contro il governo: il premier Silvio Berlusconi promette che non ci saranno i tagli previsti. Ad agosto viene approvata con il voto di fiducia la manovra economica con i tagli alle Forze dell’Ordine. La polizia torna a protestare.
I commenti. Nicola Tanzi, segretario generale del Sindacato autonomo di Polizia: «L'esecutivo di Berlusconi, Tremonti e Brunetta tira dritto per la propria strada e sbatte ancora una volta la porta in faccia alle forze dell'ordine e alle forze armate, con la conversione in legge al Senato, attraverso il meccanismo della fiducia, del decreto legge 112/2008. Per il comparto Sicurezza e Difesa non c'è niente e lo diciamo con una delusione mista a rabbia, perché questo governo ha vinto le elezioni promettendo maggior sicurezza agli italiani e non inutili operazioni di facciata, come l'impiego dei militari».
Siulp, sindacato italiano unitario lavoratori di polizia: «Il Governo ha finora dimostrato insensibilità rispetto al rischio di paralisi funzionale degli apparati preposti alla sicurezza, dovuti ai tagli generalizzati ed indiscriminati di risorse economiche. A settembre non basteranno le generiche dichiarazioni d'intenti, serviranno stanziamenti di risorse assolutamente indifferibili.
Si preannuncerà un autunno molto caldo e sarà inevitabile l'avvio di una serie d' iniziative di protesta su tutto il territorio nazionale, per sensibilizzazione i cittadini sui pericoli per la sicurezza del Paese».
Walter Veltroni, segretario Pd: «L'8 marzo Berlusconi diceva che il centrodestra avrebbe ridato alle forze armate e di polizia quei fondi che la sinistra aveva tolto per ragioni ideologiche. A luglio ha detto che non ci sarà alcun taglio sulla sicurezza. Ma il Capo di Stato maggiore della Difesa in una audizione alla Camera ha detto che le forze armate sono al limite e l'Ugl ricorda che il 61% degli operatori delle forze dell'ordine vive con 1.200 euro al mese. E allora siamo a un paradosso: si approva un decreto in materia di sicurezza ma nel frattempo si riducono le forze sul territorio in termini di agenti e commissariati».

Promessa 2 Maggiore presenza sul territorio delle forze dell’ordine ed incremento della polizia di prossimità, dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere per rafforzare la prevenzione dei “reati diffusi” (furto in appartamento, furto d’auto, spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione, etc.)

I fatti 2. Con la conversione in legge del decreto Sicurezza, il 4 agosto arrivano in 10 grandi città italiane 3000 soldati che assumono compiti di pubblica sicurezza al fianco della polizia per «specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità», per un periodo di sei mesi (al massimo rinnovabile per un anno) e un costo per lo Stato di oltre 30 milioni di euro per il 2008 e il 2009. Inoltre, con la firma del ministro Maroni del decreto attuativo del pacchetto sicurezza che concerne i poteri dei sindaci, i primi cittadini di oltre ottomila comuni italiani avranno il potere di intervenire per «prevenire e contrastare» attraverso divieti e sanzioni quasi tutti gli aspetti relativi alla sicurezza nei loro territori. Dalla prostituzione all'accattonaggio, dall'occupazione abusiva di abitazioni al danneggiamento del patrimonio pubblico e privato, dal commercio abusivo a tutto ciò che offenda «la pubblica decenza», dallo spaccio di stupefacenti ai fenomeni di violenza legati all'abuso di alcol. Il governo rimanda a settembre la firma del protocollo d’intesa che affida ai sindaci cento milioni di euro per mettere in atto i poteri ricevuti.
I commenti. Nicola Tanzi segretario generale del Sindacato autonomo di Polizia: «La politica della sicurezza del governo Berlusconi ad oggi è solo fumo negli occhi. I militari, contro cui non ho nessun problema, non sono addestrati per l’ordine pubblico nelle città. Il governo li manda in strada e intanto taglia tre miliardi di euro per le Forze dell’Ordine, alle volanti, ai mezzi, agli uomini e alle strutture».
Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori: «Ho troppo rispetto per il ruolo dei militari per vederli fare comparse nel cinema di Cinecittà. Credo ci sia bisogno di dare più mezzi, più personale e più strutture alle forze di polizia per combattere la criminalità. Ai militari facciamo fare quello che è il loro compito: difenderci dalle aggressioni esterne e fare peacekeeping in tutto il mondo».
Roberta Pinotti, ministro-ombra alla Difesa: «Nessuna assonanza di questo decreto con i “Vespri siciliani”, non ci sono emergenze come quella della morte di Falcone e Borsellino. Il problema è solo politico e riguarda il coinvolgimento che si è voluto avere per forza del ministero della Difesa. Con la paura si possono vincere le elezioni ma non si può governare».
Roberto Maroni, ministro degli Interni: «I sindaci saranno protagonisti e non comprimari della sicurezza: ora vediamo se hanno creatività. Mi aspetto ordinanze specifiche».
Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, e Sergio Chiamparino, sindaco di Torino: «Sono cose che già si sapevano, non ci hanno appuntato nessuna stella da sceriffo e se non ci danno uomini e mezzi, come fatto fino ad oggi, andremo avanti tra sussurri e grida. Il decreto va bene purché ci diano le risorse per attuare i provvedimenti perché è inutile concedere più poteri ai primi cittadini se poi mancano gli uomini alle forze dell'ordine o non c'è la benzina

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