MA BERLUSCONI DIMENTICA GLI ITALIANI DELLA LIBIA

di Fabio Perugia

Sono circa 20 mila gli italiani che nel luglio del 1970 furono espulsi dalla Libia. Giovanna Ortu, presidente dell'Airl, l'associazione che li riunisce, da anni lavora per ottenere un risarcimento economico per i beni che a loro sono stati confiscati.

Ma ad oggi i risultati ottenuti sono scarsi.
Presidente Ortu, dopo la visita di Silvio Berlusconi a Sirte nel 2004 la sua Associazione decise di aspettare decisioni precise del presidente del Consiglio prima di commentare. Ora queste decisioni sono state prese.
«Tra quel febbraio del 2004 e oggi ci sono state molte altre date che videro il leader italiano e quello libico incontrarsi. Il 7 ottobre del 2004 Silvio Berlusconi andò a Tripoli e riuscì già a strappare un accordo, concedendo a noi i visti per entrare in Libia. Visti che agli altri italiani venivano dati con normale procedura, mentre a noi erano negati perché applicavano una sorta di ritorsione».
Poi che è successo?
«Siamo stati ricevuti a Tripoli, ma i visti che dovevano concedere sono rimasti sulla carta perché alcuni rapporti si sono incrinati».
Il premier li ha ricuciti.
«L'accordo che ha fatto Berlusconi ci eslude completamente. Mi chiedo: come fa un governo italiano a rispondere di colpe di cento anni prima e non dare ai propri cittadini quello che gli spetta?».
Quanto vi spetta?
«Vogliamo 300 milioni di euro in più annuallità».
Mi scusi, che calcolo ha fatto?
«È il 10 per cento di quello che ci spetta, di quello che ci è stato tolto. Finora ci hanno sempre detto che non si trovano i fondi, ma a quanto pare i fondi ci sono solo per chi ha gli strumenti per ricattare. E secondo il diritto internazionale noi dobbiamo chiedere i soldi allo stato italiano, non alla Libia. Nel 1956 è stato firmato un trattato che ci tutelava, ma quando Gheddafi l'ha violato l'Italia non ha fatto la minima mossa per difenderci».
Nella trattativa Italia-Libia quale crede sia stato il momento di rottura con i 20 mila esuli? Quando siete stati dimenticati?
«È Lamberto Dini il vero responsabile di tutto questo. Era il 1998 quando ha firmato il protocollo d'intesa con il ministro degli Esteri della Libia. In quell'accordo non siamo neanche nominati. L'Italia ha rinunciato a mettere sul piatto della bilancia il valore dei nostri beni».
Perché non siete mai riusciti a inserirvi nelle trattative?
«Perché il presidente del Consiglio non ci ha mai ricevuti. Abbiamo scritto lettere, fatto appelli, telefonate, inviato note alle agenzie stampa ma il governo non ci ha mai ricevuto, perché ha sempre avuto paura di incrinare i rapporti con la Libia».
Adesso avete chiesto al governo una cifra precisa per il risarcimento: 300 milioni. Se non riceverete risposta?
«Ci attiveremo per risolvere la situazione con altri mezzi. Se Berlusconi non ci riceverà entro una settimana saremo sotto Palazzo Chigi giorno e notte per protestare. Il nostro è un sussulto di dignità e rispetto. Berlusconi ci dica pure che non ci vuole, ma ce lo dica».
Lei tornerà mai in Libia?
«Dopo il viaggio del 2004 e le promesse non realizzate considero chiuso quel ciclo. No, non tornerò mai più in Libia».

f.perugia@iltempo.it

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