L’Italia dei sogni è un paese possibile

di Lucilla Sergiacomo *

Sarebbe complesso intervenire su tutte le parti che compongono il nuovo libro di Goffredo Palmerini L’Italia dei sogni, (edizioni One Group), dal titolo così felice e aperto a quella speranza che oggi sembra venir meno nei cuori di molti italiani. La complessità deriva dalla natura miscellanea dell’ampio volume, che fonde il genere odeporico con le cronache giornalistiche sull’emigrazione italiana e raccoglie meticolosi ed efficaci resoconti di tanti viaggi e incontri avvenuti a grandi distanze gli uni dagli altri. Ognuno di questi incontri è dotato di una sua specificità, ma tutti sono riuniti da un tema di fondo che è appunto quello della realizzazione dei sogni che gli italiani emigrati nel mondo, di generazione in generazione, hanno saputo raggiungere, anche affrontando atteggiamenti di xenofobia e diffidenza.

Del volume di Palmerini è tuttavia possibile scegliere la via di una presentazione parziale, che pur andando contro il principio della par condicio degli argomenti trattati, riesce a valorizzare meglio componenti del discorso dell’autore che forse rimarrebbero nell’ombra. Seguendo quest’ottica, appaiono particolarmente interessanti da illustrare le forme della presenza femminile nei vari capitoli del libro e l’apporto dato dalle iniziative e dall’impegno delle donne alla realizzazione dell’ “Italia dei sogni” costruita dagli italiani all’estero, ma anche sul suolo nazionale.

E’ da premettere che le donne e le loro gesta compaiono in realtà nel libro di Palmerini in misura inferiore agli uomini, malgrado il cammino dell’emancipazione e della parità dei diritti sia stato percorso con tenacia dalle italiane e abbia raggiunto risultati legislativi molto avanzati. Questa rarefazione dell’operato e delle parole del mondo femminile è comunque un dato abitualmente rilevato da chi si dedica a studi di genere, e tanto più giustificato appare nel caso di un libro che parla della realizzazione dei sogni, perché quelli delle donne spesso incontrano ancora oggi più ostacoli economici e ideologici da superare. Tale disparità, della quale L’Italia dei sogni offre una riprova, trova però nella realtà italiana una compensazione che è bene richiamare quando si parla della parità tra i sessi nel nostro paese. Esiste infatti un dato consolatorio su cui meditare e riguarda la percentuale delle recluse nelle nostre carceri, che è inferiore al 5% del totale. Tutti gli altri carcerati sono uomini. Anche su questa enorme disparità bisognerebbe riflettere quando si pensa al valore di civiltà rappresentato dalle donne del nostro paese.

Lasciamo ora da parte questa digressione veterofemminista e torniamo al drappello femminile coinvolto esplicitamente, ovvero con nome e cognome, nell’Italia dei sogni di Goffredo Palmerini, cominciando dalla fine del libro, il cui ultimo capitolo è dedicato a due donne abruzzesi straordinarie, purtroppo non ricordate né mostrate come esempio quanto meriterebbero. Sono Filomena Delli Castelli e Maria Federici, che l’autore giustamente definisce Le pioniere della parità, e, a ripercorrere le loro vite, non poteva esserci una definizione più azzeccata.

Palmerini ricorda con ammirazione il contributo che queste due donne intelligenti, colte e coraggiose diedero alla nascita dell’Italia repubblicana e democratica. Maria Federici nata Agamben, aquilana (1899- 1984), nota per la sua partecipazione alla Resistenza romana insieme al marito Mario Federici, famoso drammaturgo aquilano, laureatasi in lettere, nel 1939 si spostò insieme con il marito all’estero, dove insegnò presso gli Istituti Italiani di Cultura, a Sofia, in Egitto e a Parigi, conoscendo a fondo la realtà problematica delle famiglie degli emigrati italiani, già incontrata quando insegnava nei paesini di montagna abruzzesi, devastati dall’emigrazione all’inizio del Novecento, con le famiglie che restavano affidate alle sole donne.

Il 2 giugno1946 Maria Federici Agamben fu tra le 21 donne elette all'Assemblea Costituente italiana, dove sedette come componente del gruppo parlamentare Democratico cristiano e insieme a Teresa Noce (Pci), Nilde Iotti (Pci), Lina Merlin (Psi) e Angela Gotelli (Dc) fu una delle cinque donne entrate a far parte della commissione speciale presieduta da Meuccio Ruini, divenuta nota col nome di Commissione dei 75, incaricata di elaborare e proporre il progetto di Carta Costituzionale da discutere in aula; in particolare fu di rilievo il contributo di Maria Federici per il diritto di famiglia, per le garanzie economico sociali per l’assistenza alla famiglia, per l’accesso delle donne alla magistratura, per il diritto di associazione e ordinamento sindacale. Come si ricorda nell’articolo di Palmerini, Maria Federici Agamben nel 1948, nella prima legislatura del parlamento repubblicano, fu eletta alla Camera dei deputati nel collegio di Perugia e restò in Parlamento sino al 1953 per poi dedicarsi a pieno tempo ai problemi della famiglia e dell’emigrazione e alla tutela dei diritti dei bambini, attività che nel 1947 la indussero alla fondazione dell'Anfe (Associazione nazionale famiglie emigrati).

Di forte fede cattolica e molto vicina a Monsignor Montini, divenuto poi Papa Paolo VI, la Federici ricoprì inoltre le cariche di delegata nazionale delle Acli e di presidente del Centro italiano femminile (Cif), del quale era stata nel 1944 una delle fondatrici. Fino a tre anni prima della morte, avvenuta nel 1984, aveva guidato l’Anfe, associazione da lei presieduta con “un impegno esemplare nell’affrontare le questioni sociali legate all’emigrazione italiana, per la tenacia e la complessità della sua visione del fenomeno migratorio”, scrive Palmerini, ricordando che per merito di Maria Federici Agamben l’Anfe espanse le sue sedi in Italia e in tutto il mondo, creando una rete capillare di punti d’assistenza per i nostri emigrati e per aiutarli a risolvere i loro problemi sociali, le pratiche burocratiche e le difficoltà d’integrazione nei nuovi paesi.

La foto risale al 1920 circa. Maria Federici Agamben è la ragazza vestita di bianco al centro della foto, quando era maestra elementare nei piccoli paesi di montagna dell’aquilano. I ragazzi intorno sono gli allievi di una pluriclasse forse provenienti da Rocca di Mezzo. E’ un bel documento della vita abruzzese dell’epoca, e fa capire le premesse della profonda conoscenza delle condizioni di vita delle famiglie degli emigranti, alla base della successiva attività sociale e politica condotta dalla Federici.

Pari a quello della Federici, che rimane una delle presenze femminili più importanti e attive del Novecento italiano, fu l’impegno politico di Filomena Delli Castelli, originaria di Città Sant’Angelo, dove era nata nel 1916 da una famiglia di umili origini con il padre emigrato in America. I destini di Filomena Delli Castelli e di Maria Federici si incrociarono nella loro partecipazione all’Assemblea Costituente e nella loro militanza all’interno delle associazioni cattoliche e nelle file della Democrazia Cristiana. Come Federici, anche Delli Castelli è stata un'insegnante e dopo essersi diplomata presso l'Istituto Magistrale del paese d'origine conseguì la laurea in lettere e filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, mantenendosi agli studi con il suo lavoro di maestra. Già quand’era studentessa si impegnò nel Movimento dell'Azione Cattolica Giovanile e ne fu presidente durante gli studi magistrali, iscrivendosi in seguito alla Federazione italiana Cattolica Universitaria nel 1940. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando insegnava presso l'Istituto Magistrale di Città Sant’Angelo, fondò una sezione della Democrazia Cristiana e successivamente divenne Segretario provinciale del Movimento Femminile del Partito. Conclusasi l’esperienza della Costituente, fu eletta per due legislature alla Camera dei deputati, nel 1948 e nel 1953, e dal 1951 al 1955 ricoprì anche la carica di sindaco di Montesilvano. Collaboratrice della Rai per vari anni, Filomena Delli Castelli si è dedicata assiduamente alla promozione e all'organizzazione di attività culturali e di volontariato e ha fatto parte del Comitato d'Onore per le celebrazioni del 60º anniversario dell'Assemblea Costituente istituito nella XIV Legislatura (2001-2006). Si è spenta a Pescara, dove si era stabilita da tempo, nel 2010.

A queste due donne di grande valore, coerenti con la loro fede politica e dedite per l’intera vita alla realizzazione dei loro credi civili e religiosi, il volume accosta una piccola schiera di altre figure femminili che sono state anch’esse capaci di raggiungere i loro obbiettivi e esportare all’estero il loro talento. Nel campo della creatività artistica Palmerini dedica attenzione a due artiste abruzzesi di successo, che vivono in Italia ma portano in altri paesi le loro opere e i loro progetti: la prima ad essere citata è l’attrice, musicista e scrittrice abruzzese Daniela Musini, vincitrice del Premio Saggistica Nabokov con la sua pubblicazione I 100 piaceri di d’Annunzio, riconoscimento che si aggiunge ad altri premi di valore conferiti a Musini per la sua attività concertistica e teatrale focalizzata sulla figura del vate pescarese e delle donne che amò; l’altra presenza appartenente al mondo della cultura e dello spettacolo è l’eclettica artista Raffaella Cascella, che in collaborazione con la Libera cattedra di Cultura Italiana dell’Universidad Nacional de La Plata e con la Dante di Buenos Aires ha realizzato l’avvio del progetto Lectura Dantis Figuralis, un’esperienza culturale polivalente che unisce varie espressioni artistiche – letteratura, arti figurative e musica – e che è stata accolta con successo in Argentina per la sua capacità interpretativa delle realtà locali.

Altra presenza femminile importante nel mondo della cultura abruzzese di cui si parla nell’Italia dei sogni è Giovanna Di Lello, ideatrice e direttrice artistica del Festival “Il Dio di mio padre”, dedicato al celebre scrittore italo americano John Fante. Una manifestazione attenta ai temi dell’emigrazione, che si svolge da nove anni a Torricella Peligna, paese originario di Nicola Fante, padre dello scrittore, e che ogni anno realizza un’importante rassegna letteraria internazionale scandita in concorsi e incontri con autori. Alla pianista Gabriella Castiglione è dedicata la cronaca del suo concerto Solo piano, tenuto a Barisciano in memoria dell’11 settembre e delle 2752 vittime dell’attentato alle Torri gemelle di New York che cambiò radicalmente i rapporti tra l’Occidente e il mondo musulmano.

Insieme all’intervento critico di Liliana Biondi, docente universitaria aquilana, che dedica un pregevole saggio alla poesia di Angelo Semeraro, altre due autrici hanno collaborato alla raccolta di Palmerini: Lia Di Menco, Presidente del Circolo Abruzzese e Molisano di Belluno, che ha scritto il res

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