Mozione sovraffollamento

MOZIONE

Il Senato,
premesso che:
la situazione in cui versano le carceri italiane, con un sovraffollamento di molto superiore in molti degli istituti di pena alle soglie di tollerabilità, sono tali da rendere inaccettabili le condizioni di vita per un gran numero di detenuti e rischiano di mortificare lo stesso lavoro degli agenti della Polizia penitenziaria;
la Costituzione italiana prescrive espressamente all'articolo 27 che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato;
i dati forniti dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria (Dap) al 30 settembre 2013 segnalano che a fronte di una capienza regolamentare complessiva di poco di circa 47.615 posti, i detenuti risultano essere oltre 64.758;
parallelamente al perpetuarsi della condizione sovraffollamento particolarmente preoccupanti sono i dati riscontrati riguardanti i numerosi casi di suicidio nelle strutture penitenziarie del Paese, l'alta mortalità in carcere e il tasso di patologie mediche diffuse tra i detenuti (appena il 20 per cento dei detenuti risulta sano e privo di patologie) come documentato dall'Associazione Antigone e dal sito del Garante dei detenuti della Sicilia;
la carenza di fondi destinati al lavoro in istituto, legata al sovrannumero, comporta una oggettiva difficoltà nel favorire un percorso riabilitativo cosicché, nella maggioranza dei casi, la reclusione intramuraria risulta essere solo un'espiazione della pena, senza che si siano oggettivamente attivate significative iniziative di rieducazione e di reinserimento;
l'inadeguatezza e la fatiscenza delle strutture e dell'edilizia carceraria in generale, la carenza di personale amministrativo e della polizia penitenziaria ampiamente sotto-organico, per non parlare del numero irrisorio del numero di assistenti sociali, educatori e psicologi ed infine l'assenza in molti casi delle elementari norme igieniche e sanitarie ha determinato il venire meno la funzione rieducativa della pena prevista dalla Costituzione assieme al carattere riabilitativo e risocializzante che dovrebbe svolgere.
considerato che:
come attestato dalle evidenze statistiche le cause il sovraffollamento non è il prodotto di un aumento della criminalità e d'altra parte il tasso di detenzione in Italia in rapporto alla popolazione risulta addirittura inferiore alla media europea;
vi è pero in Italia da ormai molti un grave abuso della legislazione penale con un numero sempre crescente di figure di reato, dovuta alla tendenza del legislatore ad un uso emergenziale dello strumento penale che lo portano a sanzionare penalmente numerosissime infrazioni di legge, con il risultato di rallentare ed ingolfare inutilmente la macchina giudiziaria;
l'inflazione legislativa che caratterizza il sistema penale aggrava la cronica lentezza della giustizia che in Italia produce un'abnorme presenza di detenuti in attesa di giudizio pari a più di un terzo della popolazione carceraria complessiva;
dai dati emerge che i reati con maggiore percentuale di presenza carceraria sono quelli legati detenzione e uso di sostanze stupefacenti, in moltissimi casi droghe leggere che in altri Paesi comunitari non vengono considerate proibite o comunque in quantità minime chiaramente legate alla condizione di tossicodipendenza delle persone imputate o condannate per tali reati;
l'alto numero di stranieri nelle carceri italiane è il prodotto delle fallimentari e criminogene politiche sull'immigrazione che hanno caratterizzato negli ultimi dieci anni il nostro paese attraverso reati come quello di clandestinità che sanzionando penalmente anche la sola presenza irregolare dello straniero sul territorio italiano li spinge inevitabilmente nella sfera dell'illegalità e della piccola delinquenza;
vi sono carceri completamente sgombre, edificate e mai utilizzate o parzialmente vuote che si potrebbero utilizzare se vi fossero gli investimenti necessari per la messa a norma e per la manutenzione degli edifici, nonché per l'assunzione di un numero maggiore di operatori e di agenti di polizia penitenziaria storicamente sottodimensionato;
rilevato che:
il messaggio inviato alle Camere dal Presidente della Repubblica il 3 ottobre scorso ha giustamente scosso l'opinione pubblica e tutto il mondo politico evidenziando la gravità del pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo che, con la sentenza dell'8 gennaio 2013;
con tale sentenza la Corte europea ha accertato che la situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati ha determinato la violazione da parte dell'Italia dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica “proibizione della tortura”, pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti;
la Corte ha affermato, in particolare, che “la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone” e che “la situazione constatata nel caso di specie è costitutiva di una prassi incompatibile con la Convenzione”.
quanto ai rimedi al “carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario” in Italia, la Corte ha richiamato la raccomandazione del Consiglio d'Europa “a ricorrere il più possibile alle misure alternative alla detenzione e a riorientare la loro politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione, allo scopo, tra l'altro, di risolvere il problema della crescita della popolazione carceraria”;
ritenuto che:
non possa in alcun modo essere ignorato il forte richiamo del Presidente della Repubblica che rifacendosi ai principi posti dall'art. 27 e dall'art. 117 della nostra Carta fondamentale ha definito un dovere costituzionale di tutti i poteri dello Stato il far cessare la situazione di sovraffollamento carcerario entro il termine posto dalla Corte europea, imponendo interventi che riconducano comunque al rispetto della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti umani;
l'omissione di tale dovere comporterebbe tra l'altro – come sottolinea lo stesso Capo dello Stato – ingenti spese derivanti dalle condanne dello Stato italiano al pagamento degli equi indennizzi previsti dall'art. 41 della Convenzione. Condanne che saranno prevedibilmente numerose considerato l'elevato numero di ricorsi ora sospesi ed a quelli che potranno essere proposti a Strasburgo.
le misure da prendere devono avere sia un effetto immediato per alleviare in modo significativo e comunque prima del prima del maggio del 2014 la situazione di sovraffollamento, sia un carattere strutturale tale da impedire il riprodursi di tale condizione di sovraffolamento anche dopo una temporanea riconduzione del numero dei detenuti al di sotto del numero massimo di capienza degli istituti penitenziari;

impegna il Governo a
rafforzare tra le misure a carattere strutturale già disposte con la legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto legge n. 78 del 2013, la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere; l'attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l'ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione carceraria; l'aumento delle possibilità di accesso ai benefici penitenziari;
stanziare le necessarie risorse finanziarie per la riqualificazione e il miglioramento delle strutture penitenziarie; l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi; il miglioramento del servizio sanitario penitenziario,
favorire la rapida approvazione del disegno di legge delega AS 925, in materia di pene detentive non carcerarie e in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova, già approvato dalla Camera dei deputati, che favorisca la prevalenza pene detenzione domiciliaria e della messa alla prova, limitatamente ai reati di minore gravità e di minore allarme sociale, nonché modalità alternative di espiazione di periodi terminali di detenzione;
inserire in tali provvedimenti di riforma una norma transitoria che permetta da subito l'applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, della detenzione domiciliare come pena principale per i detenuti attualmente in carcere per reati per i quali è prevista la pena dell'arresto o della reclusione non superiore nel massimo a 3 anni, dando così a tali rimedi strutturali anche un effetto immediato di riduzione del numero di detenuti in carcere;
procedere ad una profonda riforma della legge Fini-Giovanardi che escluda la detenzione in carcere di coloro che hanno commesso reati minori – privi di reale offensività e rivelatisi inutili sotto il profilo del contrasto al consumo di droghe – legati alla detenzione e al consumo di sostanze stupefacenti alfine di avviare, attraverso lo stanziamento di congrue risorse, efficaci programmi di recupero dei tossicodipendenti e di permettere l'immediata decarcerizzazione di migliaia di detenuti;
procedere alla revisione di quelle norme sull'immigrazione che si sono rivelate in queste anni di fatto criminogene ed hanno spinto molti migranti irregolari a delinquere perché privi di percorsi legali di transito, integrazione o anche solo sopravvivenza nel nostro Paese;
avviare la decarcerizzazione dei soggetti psicopatici o tossicodipendenti, anche al fine di favorire un maggior grado di vivibilità negli istituti penitenziari, avendo riguardo per la dignità personale dei detenuti e per le condizioni di lavoro di tutto il personale che vi opera, nel pieno rispetto del dettato costituzionale nonché delle disposizioni dei numerosi atti internazionali sottoscritti dall'Italia;
adottare tali misure escludendo rigorosamente dal loro ambito di applicazione i reati di matrice mafiosa e terroristica, nonché tutte le fattispecie penali che riguardano i fenomeni di corruzione e di frode o evasione fiscale;
solo successivamente alla piena adozione di tali provvedimenti e una volta verificato gli effetti strutturali ed immediati di tali misure:
a) prendere in considerazione l'adozione di provvedimenti straordinari di clemenza che per la loro generalità possono incrinare la fiducia dei cittadini nella giustizia e nella sicurezza pubblica garantita dallo Stato;
b) elaborare proposte di indulto limitato a pochi anni ed di amnistia circoscritta ad un numero molto limitato di reati, tenendo conto che solo misure strutturali e preventive come quelle illustrate possono garantire l'efficacia di provvedimenti generalizzati di clemenza, al fine di conseguire una riduzione stabile e permanente del numero dei reclusi nelle carceri italiane.
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PUPPATO

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