L’EDUCATORE AUTO(BIO)GRAFO.

Il metodo delle storie di vita nelle relazioni d’ascolto.

Il metodo pedagogico della narrazione di sé e dell’autobiografia costituisce un approccio educativo sostanziale ed efficace all’interno dei contesti dove si presenta l’esigenza di instaurare relazioni d’aiuto tramite il racconto o la scrittura della personale storia di vita. Gli educatori auto(bio)grafi applicano tale metodologia comunicativa soprattutto all’interno dei luoghi adibiti all’educazione, come i servizi per l’infanzia, la scuola, la famiglia o nell’ambito della strada dove si presentano difficoltà esistenziali profonde legate all’adolescenza in disagio. Il porsi in atteggiamento di apertura comunicativa rispetto all’altro e in modalità di ascolto, è una posizione attitudinale di tipo pedagogico o meglio, soprattutto, un ruolo etico che instaura dinamiche relazionali con la facoltà di modificare e migliorare uno status mentale, un comportamento, un modo di essere. L’azione del raccontarsi stimola sempre nuovi processi cognitivi, inusuali capacità analitiche ed osservative, aprendo lo sguardo verso un passato spesso costellato da disagio, da dolore, da frustrazione. Il recupero pedagogico avviene sul fronte della presa di coscienza di una rinnovata consapevolezza di sé, della propria identità, del proprio vissuto, del passato personale, non limitandosi ad un approccio psicanalitico, con cui si riscontrano similitudini, ma focalizzando le problematiche sul soggetto che in prima persona scrive di sé, e da sé ed in sé trova le risorse per raccontare la difficoltà e il disagio reconditi nelle cause primarie, per poi comunicare ad “altri” la personale autoanalisi o meglio autobiografia e racconto interiore. Tramite il lavoro autografo, l’allievo, il ragazzo, la persona può decidere anche solo di tenere lo scritto come valore insito e nascosto nel piacere di scrivere le proprie esperienze e riflessioni, e tutta la personale storia di vita, solo per sé.
Nel contesto storico attuale, costellato di odi razziali e xenofobie pretestuose, di intolleranze etniche e religiose, con il cui vessillo, ostentato in nome della difesa e della protezione dell’occidente “superiore”, si erigono muri e barriere di odio e intolleranza, di guerra e di pregiudizio misantropo, si vuole offuscare il valore precipuo ed imprescindibile del dialogo, del confronto e quindi il significato umanistico ed il senso profondamente etico e culturale del raccontarsi, del narrare, del ripensarsi, dello stare insieme, in quanto ogni individuo ha un valore in sé e per sé. Il valore del dialogo interiore, dell’importanza dell’analisi del vissuto individuale e dell’inconscio, sono fattori introdotti dal metodo psicanalitico agli inizi del ‘900 che aprì le porte alla libertà di pensiero dell’analisi degli aspetti più ancestrali della mente umana, al valore dell’indagine del disagio della civiltà e dell’umanità, alla luce della libertà e della felicità, contro i nazionalismi imperanti, gli sciovinismi, il militarismo della società e l’imperialismo coloniale (ma non solo) e contro il concetto di autoritarismo che unito alla militarizzazione delle masse infervorava le menti calcolatrici degli alti gerarchi delle nazioni europee, all’origine degli orrori che il ‘900 riverserà sul mondo e su tutta la società civile.

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