Cari amici e lettori, quando si parla di Europa, più che mai in questo momento storico che attraversiamo, si pensa a facce politiche di riferimento che evocano concetti economici, problemi economici e corse che l’Italia deve fare per “stare al passo” con il resto degli altri paesi.
Molti di noi dimenticano però che Europa non è solo questo e tra coloro che, a mio avviso, devo stare al passo, inevitabilmente, siamo anche noi Avvocati e la categoria professionale di riferimento, con annessi e connessi.
Il 2 febbraio 2013 è entrata in vigore la Riforma forense, con tutte le polemiche e i pareri favorevoli o contrari che l’hanno accompagnata e continuano ad accompagnarla.
Non è, in questa occasione, mia intenzione esporre un giudizio sulla necessità o meno, sulla positività o negatività di una Riforma di tal fatta, tanto più che in questo periodo, a ridosso dell’entrata in vigore della stessa, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ha organizzato una serie di convegni proprio per aiutare noi professionisti a capire il “manuale di istruzioni” di quella che è, volente o nolente, una grande novità che stravolge un vecchio sistema.
Vorrei, invece, cogliere questa occasione proprio per puntare l’accento su un aspetto che, al di la delle posizioni e opinioni, è, a mio parere, un dato oggettivo: anche noi siamo oramai in “piena” Europa e questo significa anche per noi Avvocati dover “stare al passo”.
Con una Riforma forense che elimina un sistema degli anni ‘30? Con il dare spazio alla mediaconciliazione? Con le specializzazioni? Non sono qui a dire si o no e lascio a ciascuno di voi la risposta che più ritiene giusta.
Dobbiamo fare i conti con questa nuova realtà territoriale-politica-istituzionale- economica, l’Europa.
Infatti, l'elaborazione di una Costituzione Europea ha riacceso il dibattito sul nostro ruolo e, in un quadro di valori fondamentali , alla professione forense non può che essere riservata una posizione di rilievo atteso il suo ruolo di garanzia dei diritti dell'individuo.
La Commissione della Concorrenza, occupandosi della tematica e partendo da una ricerca dell'Istituto Viennese di alti studi secondo cui più è elevato il livello di regolamentazione minore è l'efficienza e più ridotta è la diffusione della ricchezza, ritiene che un minor livello di normazione assicuri un più ampio mercato professionale in cui vi sia maggior concorrenza e si possano offrire nuovi servizi.
Di contro il Parlamento Europeo ha ribadito che la professione di avvocato è garanzia del diritto fondamentale alla difesa e di applicazione del principio dello stato di diritto e che le regole sono necessarie, nel contesto di ciascuna professione, per assicurare l'imparzialità, la competenza, l'integrità e la responsabilità dei membri della professione.
Il CCBE ha sostenuto che le regole destinate alle professioni legali, atteso l'interesse pubblico che perseguono, si sottraggono alla disciplina della concorrenza.
Le professioni hanno regole diverse nei diversi Stati Membri, tuttavia sarebbe opportuno trovare un denominatore comune da cui partire per armonizzare le diverse regole.
L’Europa non è soltanto, come lo sta forse diventando, una questione economica che, di fatto, consente ai paesi economicamente “forti” dell’asse di prendere il sopravvento sul nostro amato paese, come fosse un gioco a risico, ma, ritengo, che debba essere considerata una realtà oggettiva da trasformare in una occasione per la nostra categoria professionale italiana di migliorarsi e, magari, fare essa stessa da scuola agli latri colleghi d’oltralpe.
Paola Tullio
Avvocato del foro di Roma
Addetto stampa di A.T.R.