Di Carlo Di Stanislao
Se non posso essere quello che sono adesso, preferisco morire.” Eluana Englaro aveva vent'anni quando ha pronunciato queste parole di fronte alla tragedia di un suo caro amico in coma. L'anno successivo, il 18 gennaio 1992, Eluana resta vittima di un gravissimo incidente stradale. La rianimazione la strappa alla morte, ma le restituisce una vita “assolutamente priva di senso e dignità” e dal 1994 è in stato vegetativo permanente: stabile e senza alcuna variazione. Quando si sono resi conto dell'irreversibilità della sua condizione, Beppino Englaro e la moglie si sono battuti perché venisse rispettata la volontà della figlia, sempre con discrezione e senza proclami, prendendo sulle proprie spalle il dolore di molti altri genitori che, come loro, una sorte avversa ha costretto a chiedere quello che mai un padre o una madre chiederebbero. Da quando poi la Corte d'appello di Milano, il 9 luglio 2008, ha autorizzato il padre-tutore a disporre l'interruzione del trattamento di alimentazione artificiale, l'esplosione dei dibattiti e dei ricorsi ha trasformato la vicenda di Eluana in un caso mediatico senza precedenti.
Pochi giorni fa, sulle pagine culturali di Panorama, Beppino Englaro, ha detto: “mancano pochi giorni al terzo anniversario. Bisogna ricordarla, questa storia, con il rispetto che merita.” Perché è la storia drammatica, durata 17 anni, Il di una ragazza costretta a lottare “per conto padre” perché non le permettevano di decidere il suo destino.
Con al centro la proiezione di “Bella addormentata”, ultimo film di Marco Bellocchio, presentato fra mille clamori (e poca attenzione da parte della giuria) alla 69° Mostra del Cinema di Venezia, il prossimo 8 febbraio il Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica e Scienze della Vita e dell’Ambiente(MeSVA) de l’Università de L’Aquila, in collaborazione con l’Istituto Cinematografico Lanterna Magica, organizza, alla vigilia del terzo anniversario della morte di Eluana Englaro, avvenuta il 9 febbraio del 2009, dopo 17 anni di coma, una giornata per discutere di eutanasia, di stati vegetativi e di dignità umana, con una serie di interventi inerenti aspetti etici, medici, filosofici e alla presenza del regista Marco Bellocchio, della giornalista di Rai1 Adriana Pannitteri (co-autrice del libro “la vita senza limiti”) e di Beppuino Englaro, padre di Eluana, che si è battuto e si batte in merito al testamento biologico e per la autodeterminazione del paziente che una legge dovrebbe consentire.
La giornata sarà aperta, a partire dalle ore 10 presso l’aula magna Paride Stefanini della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università de L’Aquila (in piazza Salvatore Tommasi), dal Rettore della Università de L’Aquila Ferdinando di Iorio e dalla Direttrice del MeSVa Maria Grazia Cifone, e sarà dedicata ai diversi punti critici del fine vita: uno dei più grandi, se non il massimo problema, della bioetica e del biodiritto, perché compenetrato nel “tema della morte”, che, in quanto tema fondamentale della nostra esistenza e di rilevanza primaria per l’autocomprensione dell’uomo, supera di gran lunga i confini della riflessione bioetica e biogiuridica, ma nello stesso tempo costituisce un tema bioetico e biogiuridico fondamentale, che non può essere eluso, proprio in ragione della sua radicalità.
Saranno pertanto affrontati, in modo aperto e dialettico, punti di vista differenti sulla concezione personalistica dell’uomo-valore, uomo-persona e uomo-fine, punto di incontro dell’antropologia e dell’umanesimo, con sfumature differenti, tuttavia, fra religioni monoteistiche e visioni autenticamente laiche (non laiciste-libertarie), che riconoscano kantianamente all’essere umano una dignità che ne fa un soggetto fine-in sé e non un mezzo; visioni diverse ma radicalmente contrarie alla concezione utilitaristica dell’uomo-oggetto, uomo-massa, uomo-mezzo, strumentalizzabile per finalità extrapersonali.
La proiezione del film di Bellocchio a partire dalle 10,30, prima della pausa pranzo, con gli interventi sul tema nel pomeriggio, dalle 14,30 alle 17,30, per prendere in esame i diversi punti di vista, espressi sotto vari profili: giuridico-costituzionale, medico, infermieristico, ecc.
Come avrò modo di dire commentando gli aspetti cinematografici del film, dobbiamo essere soprattutto grati a Bellocchio per il coraggio mostrato, un coraggio non declamatorio, che non si manifesta nelle prese di posizione e nelle dichiarazioni di principio; ma che si annida nel cuore stesso della poietica di un gesto cinematografico, il cui terreno di elezione è il territorio, fisico, mentale, politico e spirituale di un paese (moralmente ed eticamente) in ginocchio.
Perché, in fondo, chi è in stato comatoso è la coscienza obnubilata di un Paese che si dibatte in una spirale di non valori, portato in una scia di esistenza che non è vita.
Dopo tanti anni (quasi 50), Bellocchio conserva l’autenticità ed il calore dei “pugni in tasca” e sa fare arte che commuove, appassiona, ma soprattutto lascia spazio al pensiero e alla riflessione.
Come ha scritto su Repubblica Giona A, Nazzaro, “Bella addormenta” è un film capitale, , probabilmente tra i più importanti del regista e del nostro cinema, perché offre lo spettacolo, rarissimo in Italia, di un’intelligenza critica che si confronta e scontra con il proprio paese attraverso gli strumenti critici che il proprio lavoro mette a disposizione. È dalla passione per l’atto del filmare che nasce l’indiscusso valore politico del film (d’altronde il contrario non è mai vero, come insegnano Bresson e Antonioni, studiati da Bellocchio nella sua formazione londinese). Nel puntare il suo sguardo sull’Italia di oggi, Bellocchio si mette in gioco prima di tutto come creatore di forme filmiche ed è affidando a queste l’immagine del suo discorso che la politica torna finalmente a essere una cosa viva. Un processo organico, complesso e non banalmente ideologico.
Con questo film, discusso ed affascinante, con tre storie limpide ed un finale indimenticabile, Bellocchio è più che mai, oggi, il regista della complessità, che non si lascia sedurre da nessuna semplificazione.
Tornando al convegno, è importante, come recita il sottotitolo, che sia L’Aquila a ricordare nel terzo anniversario della morte di Eluana, che ognuno ha diritto a determinarsi, nella vita e nella morte.
Una città che si appresta a rinascere e vuole farlo con caparbia tenacia ad autodeterminarsi, per mezzo del suo luogo più autorevole quanto a spirito di conoscenza: l’Università, intende interrogarsi e lanciare un messaggio in favore della capacità individuale di decidere della propria vita e della propria salute, endoxa spesi costantemente nell’attuale dibattito biogiuridico, ma non per questo privi di ambiguità e profili problematici.
Infatti, come si dirà il prossimo 8 febbraio, il carattere di assolutezza attribuito alla volontà individuale dal pensiero moderno, non risulta in grado di proteggere l’autodeterminazione dall’eterodeterminazione, come si evince, ad esempio, tanto dalle tesi dei sostenitori del diritto a non nascere, quanto dalla dottrina del ‘giudizio sostitutivo’ (volta a ricostruire l’ipotetica volontà sulle cure del paziente incosciente); sicchè il richiamo al diritto individuale alla autodeterminazione può nascondere il diritto di altri a decidere sulla vita o la salute dell’individuo.
Come è stato scritto, l'importanza sta nel diritto di scelta, in modo che il risultato della scelta non pregiudichi l'esistenza del diritto stesso di scegliere.