I FATTI DELL’ECONO​MIA

In Economia, almeno per quanto riguarda il Bel Paese, è più semplice presentare all’opinione pubblica i conti consuntivi. Quelli preventivi, che sarebbero più interessanti da esaminare e controllare, sono sempre troppo sul vago e sul generico. Come sono rimasti, almeno per ora, i provvedimenti economici restrittivi che l’Esecutivo Monti ha assestato al Popolo italiano. Agli inizi di questo 2013, ed a poche settimane dalle elezioni politiche generali, la china dell’economia si è fatta dirupo. Anche in Area Euro, l’inflazione si è fatta sentire ed i prezzi si sono, conseguentemente, adeguati. Oltre due punti rispetto alla fine del 2011. Quando tutto sembrava andare “bene” nelle tasche degli italiani. Di fatto, non ci possiamo attendere miracoli dal nuovo Esecutivo. Mentre i simboli elettorali sono stati depositati presso il Ministero dell’Interno, le possibili alleanze di governo sembrano sfilacciarsi. Ciò indipendentemente da quello che più conta, in pratica il risanamento del deficit pubblico. A questo livello, le nostre riflessioni si fanno più complesse. Tutti i possibili provvedimenti d’austerità sono stati varati. Tirare avanti è sempre più difficile. Economia e politica non sono in grado di convivere. Quasi la realtà di mondi coesistenti ma paralleli. Eppure, stabilità politica significherebbe, in ultima analisi, una migliore prospettiva di sviluppo economico. Nonostante tante assicurazioni, da noi la stabilità politica, maggiormente se di governo, è solo nominale. Ora sembra in auge la formula “tripartita”, Ma sino a quando? Più che il dialogo, si è fatta strada la polemica, la critica che non porta a nulla. Mentre la macchina elettorale si èmessa in moto, per ora prevale una fastidiosa fase d’attesa. S’attendono gli incontri tra i leaders di centro con la sinistra e quelli di centro che tirano a destra, Poi, restano gli irremissibili, che puntano al “centro” tutte le carte per giocarsele alla meglio in caso d’apparentamento per garantire una maggioranza. Ne consegue che dopo le imminenti elezioni, il 2013 non sarà un anno politicamente tranquillo. Con conseguenti ripercussioni sul fronte dell’economia che è molto sensibile ai cambiamenti d’umore dei condottieri nazionali. Mancano, a nostro avviso, tutte quelle premesse per garantire uno sviluppo occupazionale che tenga conto di un contesto europeo sempre troppo sottostimato. La demagogia ha preso il posto alla filosofia del fare. Con conseguente stagnazione del mondo produttivo e minore incremento negli investimenti. Come a scrivere che, se mancano gli utili, i capitali prendono altra via o restano, blindati, negli istituti bancari che si sono dimostrati esenti dal dissesto economico che continua a tormentarci. Sanare il debito pubblico, incrinando le poche risorse private non è buona scienza. La produttività è figlia del consumismo che, da noi, si è bloccato per l’incertezza del domani. Investire di meno, significa soffrire di più. Ce ne siamo accorti tutti, ma nessuno ha trovato una soluzione. Ora, si crede che il nuovo Governo, magari più rigorosamente “tecnico” di quello che ha straziato la coda della precedente Legislatura, possa farci ritrovare la fiducia smarrita. Non sarà così semplice, né tanto probabile. La bilancia politica non resterà in equilibrio. Tenderà a porsi a “sinistra” o a “destra”. Sospenderà le “oscillazioni” solo con il peso di una formazione di centro. Del “terzo” polo, insomma. Vedremo, nel succedersi dei mesi, se il Governo sarà in grado di dare un nuovo impulso all’economia. Pur senza troppo pessimismo, ne dubitiamo fortemente.

Giorgio Brignola

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