Il testo integrale della lettera inviata ieri al ministro guardasigilli, che spiega le ragioni per le quali il Cnf non parteciperà all'incontro del 13 settembre su legge professionale e smaltimento dell'arretrato
Naturalmente se il CNF, rappresentanza istituzionale dell’avvocatura e consulente del Ministro per legge, fosse stato contattato previamente rispetto alla convocazione cartacea, avrei avuto già modo di esprimerLe quanto segue, e cioè che l’Avvocatura, pressoché all’unanimità, ha affermato non più tardi del 5 settembre, a conclusione di una affollatissima riunione della quasi totalità degli Ordini forensi, presenti l’Oua, tutte le maggiori associazioni forensi e i vertici della Cassa di previdenza, che la legge di riforma professionale deve essere approvata dal Parlamento nel rispetto sostanziale del testo che la Commissione Giustizia ha varato prima dell’estate.
Riaprire oggi una negoziazione di quel testo, come Lei propone, significherebbe tornare indietro di tre-quattro anni e tradire il lavoro svolto in questo lungo tempo dal Parlamento e dall’Avvocatura.
Se guardiamo indietro a questi anni, non si può certo dire che la riforma forense non sia stata dibattuta, approfondita e condivisa sia dentro che fuori l’Avvocatura, con alcuni punti irrinunciabili. Ad esempio, l’accesso qualificante alla professione; la qualità della prestazione professionale con aggiornamento permanente e le specializzazioni; l’organizzazione professionale attraverso la modifica della struttura delle s.t.p. che escluda soci di puri capitale; la ripartizione tra fase istruttoria e fase decisoria del procedimento disciplinare con diverse articolazioni presso gli Ordini; la qualificazione nella consulenza, ecc. Tutte scelte pensate nell’interesse dei cittadini, che guardano al proprio avvocato chiedendogli competenza e indipendenza.
Di più, il testo attuale ha recepito le indicazioni fondamentali in materia di concorrenza e di difesa degli interessi dei cittadini date dal Governo. Per esempio, per quanto riguarda le tariffe, definitivamente abrogate da questo Governo, non le considera più e fa riferimento esclusivamente ai parametri, l’assicurazione obbligatoria, e molto altro.
Il testo approdato in aula alla Camera è dunque quello che la Commissione Giustizia ha modificato tenendo conto dei decreti che via via il Governo Monti emanava.
Tra l’altro, il testo ha superato più vagli di costituzionalità e di compatibilità con la normativa comunitaria. Davvero, non si comprendono le ragioni di chi chiede ora ulteriori cambiamenti.
Non posso neppure nasconderLe che l’approccio ideologico di questo governo nei confronti della professione forense si è concretizzato in azioni e provvedimenti non accettabili ed assunti senza il necessario confronto con le rappresentanze degli avvocati: dalla geografia giudiziaria, all’adozione di parametri economici irrispettosi del valore della funzione difensiva, dal mancato stralcio della professione forense dai regolamenti, alle riforme procedurali nel processo civile, per giungere al sostanziale mancato assenso alla commissione legiferante.
Un atteggiamento, quello del Suo Governo, signor Ministro, di costante chiusura al dialogo e al rispetto dell’opinione degli avvocati, lavoratori anche loro, produttori di reddito e di occupazione anche loro, travolti dalla crisi economica anche loro, e descritti dal suo Governo, invece, come casta arroccata su degli inesistenti privilegi.
Tutto questo non può essere dimenticato dal CNF; la dignità dell’avvocatura, ed il ruolo nobile ed insostituibile degli Ordini Forensi, non può essere oggetto di negoziazione.
Per questi motivi il CNF non parteciperà all’incontro del 13 settembre, e continuerà a chiedere che lo statuto dell’Avvocato venga fatto con legge, dal Parlamento, nel pieno esercizio delle sue prerogative costituzionali. Questo nell’interesse dei cittadini, di chi vede nell’avvocato il custode dei diritti dei più deboli, di chi individua nel Parlamento la sede naturale per la funzione legiferante.
La legge professionale non è e non deve essere materia di un governo tecnico e di emergenza; la tutela del diritto alla difesa c’entra assai poco con gli interessi dei grandi centri economici. Il CNF, tuttavia, sarà lieto di intraprendere un dialogo con il Governo allorquando vi sarà da parte di quest’ultimo un atteggiamento concreto che rispetti gli avvocati e le prerogative del Parlamento e con essi i cittadini. Il fatto concreto potrà essere proprio l’atteggiamento del Suo Ministero di fronte al testo di riforma in discussione alla Camera.
Con i migliori saluti.
Guido Alpa
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