Franco Aufiero
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I primi ad essere esternalizzati, secondo quanto emerso dalle conclusioni dei lavori di un’apposita commissione voluta dal Ministro, sarebbero i corsi di lingua e cultura. Poi i tagli si allargherebbero alle altre istituzioni.
Venti di privatizzazione investono le scuole italiane all’estero! Ancora una volta si profilano tagli in nome della spending review utilizzando, in maniera strumentale e impropria, lo strumento introdotto dall’allora Ministro dell’Economia Padoa Schioppa, che aveva un altro significato di ben diverso valore. Ancora una volta si cerca di avallare le spinte neocorporative di alcuni soggetti gestori che, approfittando del disimpegno dell’intervento diretto dello Stato soprattutto in tema di corsi e cultura, vorrebbero rilanciare la loro presenza unicamente per poter accedere a più consistenti finanziamenti. Ancora una volta si assiste al tentativo di aggiramento, in nome di una presunta razionalizzazione, dei vincoli posti dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato italiano in materia di istruzione, privatizzando definitivamente il sistema.
Questo è quanto emerso dalle conclusioni dei lavori di un’apposita Commissione voluta dal Ministro Terzi che a fine lavoro ha consegnato allo stesso committente una relazione finale che a dir poco preoccupa sia per quanto riguarda gli interventi ivi auspicati sulle politiche del personale del MAE che su quelle relative al sistema scolastico italiano all’estero.
Proprio su questo ultimo aspetto va rilevata una carenza di analisi che lascia il lettore per lo meno interdetto. Ci si dimentica volutamente di descrivere in maniera puntuale l’attuale composizione del sistema scolastico italiano all’estero per far posto invece ad una lettura tutta politica della spending review in nome di un pericoloso corollario ideologico degno del neoliberismo più esasperato: il ricorso al privato è garanzia di risparmio e qualità. Cosa alquanto discutibile per quanto riguarda il sistema delle scuole italiane all’estero, dei lettorati e dei corsi di lingua e cultura visto la consistente presenza degli interventi privati che è notevolmente superiore a quelli direttamente gestiti dal MAE nella quasi totalità delle iniziative.
Basti qui ricordare i dati dello stesso MAE pubblicati sul sito per rendersi immediatamente conto che già oggi il sistema delle scuole e dei corsi è fortemente connotato da una massiccia presenza dell’intervento privato finanziato dallo Stato rispetto alla presenza di quello pubblico. Ed è grave che nell’ambito dei processi di razionalizzazione della spesa non venga fatto alcun valutazione sull’efficienza, sull’efficacia, sulla quantità e sulla qualità degli interventi dei privati. Ci si limita invece a dire che il personale MAE rappresenta un costo per l’Amministrazione non una risorsa da valorizzare.
Se poi si interviene nello specifico dei corsi di lingua e cultura che sembra essere da parte degli estensori della relazione il picco di maggior spreco per via dell’assegno di sede dato a quel manipolo di insegnanti statali – 290 unità soprattutto in servizio nell’area europea – ci si accorge, con stupore, che non si sa a quanto ammonterebbe il risparmio per l’Amministrazione se il servizio fosse affidato a soggetti privati.
Noi ci permettiamo umilmente di segnalare alle fertili menti che hanno redatto quel documento che il venir meno del contingente statale di ruolo e non di ruolo determinerebbe un aggravio della spesa. Come è noto – i dati sono di fonte MAE ( sic!) – il personale statale ha la sua massiccia presenza nell’area europea (Svizzera, Germania, Belgio, Francia e Gran Bretagna). Il che a significare, indipendentemente dal fatto che si porrebbe fine ad una esperienza che in questi anni ha garantito un servizio di qualità e di prestigio apprezzato e riconosciuto non solo dalle stesse autorità scolastiche locali, ma anche dalle nostre comunità, che il ricorso a personale assunto in loco dovrebbe essere retribuito come da legge sulla base delle retribuzioni dei docenti locali. E se confrontiamo le retribuzioni dei docenti svizzeri, francesi, belgi, tedeschi e inglesi con quelle degli insegnanti italiani, comprensive degli assegni di sede, ci accorgeremo con grande stupore per i relatori che il costo totale del lavoro di quei docenti è decisamente superiore a quello degli insegnanti italiani di ruolo in servizio in quei paesi.
Vi è poi un risvolto giuridico e per certi versi costituzionale. La presenza del personale della scuola italiana all’estero non è un fatto imputabile a chissà quale bizzarria della politica. E’ semplicemente dettato da norme legislative ben precise contemplate nel D.lvo 297/94 della Scuola nell’apposita Parte V – Scuole italiane all’estero – che ha inglobato anche la legge 153/71 relativa ai corsi di lingua e cultura destinati ai congiunti dei nostri connazionali in età di obbligo scolastico. In aggiunta, come sarà sicuramente a conoscenza dei più volte citati estensori che le norme sugli assegni di sede sono previste da una altro dispositivo legislativo, il D.Lgs 62/98.
A quanti vogliono privatizzare il sistema vogliamo infine ricordare che rompere questo collante che unisce in maniera inequivoca l’insegnamento della lingua e cultura italiana all’estero con il nostro sistema nazionale di istruzione significherebbe far ri-precipitare il sistema a prima della legge 153/71 dove regnava l’anarchia più assoluta e dove tutti facevano tutto e il contrario di tutto sia nella didattica che nel reclutamento del personale. Paradossalmente potremmo trovarci, se si realizza il disegno della privatizzazione, a dover reintervenire per legge, sanando una vasta area di precariato, come avvenne con la legge 604/82.
Vogliamo inoltre segnalare che sempre il D.Lvo 297/94 all’art. 640 stabilisce in maniera inequivocabile che il contingente del personale di ruolo della scuola in servizio all’estero è stabilito nel limite massimo di 1400 unità e che il contingente triennale recentemente registrato alla Corte dei Conti è di 1053 unità tra personale docente, Ata e dirigenti scolastici, A questi vanno aggiunti 106 docenti in servizio presso le Scuole Europee che però sono a totale carico, in termini retributivi, dell’Amministrazione di dette scuole, ovvero della UE.
La stessa affermazione apodittica per cui con il reclutamento di insegnanti assunti in loco si darebbe occasione ai giovani laureati risulta essere quanto meno una enunciazione di principio demagogica e fuorviante perché non tiene in debita considerazione le singole realtà locali, le competenze didattico/pedagogiche e i titoli abilitanti necessari per poter svolgere attività di insegnamento anche nei corsi di lingua e cultura se non si vuole ridurre il tutto ad una semplice operazione di facciata non solo inefficace ma qualitativamente discutibile.
Non ci troviamo quindi davanti ad una corretta e seria razionalizzazione della spesa, ma ad una pericolosa deriva privatistica che poco ha a che fare con la spending review!
Alle considerazioni appena esposte se ne possono aggiungere ancora delle altre di merito che per economia tralasciamo. Basti semplicemente pensare a quanto invece investono in istruzione e formazione, anche all’estero, altri paese quali la Germania, la Francia e la stessa Gran Bretagna per avere un’idea del peso che riveste per loro il tema della diffusione e promozione della lingua.
Quello che rammarica è il dato politico che emerge dai risultati di quella Commissione che non solo ha trascurato volutamente alcuni aspetti peculiari del sistema, ma che invece ha valutato di intervenire tagliando esclusivamente l’azione pubblica rinunciando ad una vera razionalizzazione del sistema e ad individuarne puntualmente le inefficienze e gli sprechi.
Come pure rammarica il fatto politico che il Ministro Terzi, pur conoscendo questa specifica realtà, non si è affatto preoccupato di convocare le OO.SS. della scuola benché direttamente interessate.
Forse un Ministro della Repubblica, benché agli Affari Esteri, dovrebbe avere, se non altro per dovere istituzionale, l'oculatezza politica di ascoltare non solo le solite voci del coro e prendere in debita considerazione le opinioni diverse ovvero delle parti sociali e di quegli italiani residenti all’estero che si aspettano dal nostro Paese un servizio pubblico e di qualità pienamente inserito nel nostro sistema nazionale di istruzione. Del resto la recente Intesa sul lavoro pubblico parla chiaro: nel delineare complessi processi di razionalizzazione e riorganizzazione del sistema le Amministrazioni devono favorire la partecipazione consapevole dei lavoratori attraverso il coinvolgimento delle loro Organizzazioni sindacali.
Da qui la richiesta dei Segretari Generali di FLC CGIL CISL Scuola, UIL Scuola e SNALS/ Conf.Sal di un incontro urgente con il Ministro Terzi. Le OO.SS. sono pienamente convinte che debba esserci una forte razionalizzazione della spesa ma che questa non debba significare la privatizzazione del sistema e segnare la fine dell’intervento pubblico garantito dalla Costituzione.