Il mandato del consiglio di amministrazione della Rai scade mercoledì 28 marzo e i principali partiti stanno già preparandosi a spartirsi la torta. Certo, a sentire le dichiarazioni di questi giorni di esponenti di Pd e Pdl pare che ognuno non voglia partecipare alla lottizzazione, ma chi ci crede?
Quando oggi ho sentito una dichiarazione del figlioccio politico di Berlusconi, Angelino Alfano, mi sono sentito preso per i fondelli. Alfano ha avuto il coraggio di dire che il suo partito si opporrà se qualcuno mette le mani sulla Rai. Senza parole!
Per questo domani, alla vigilia della scadenza del Cda, l’Italia dei Valori ha organizzato alla sala delle Colonne di Roma, in via Poli, un convegno con ospiti illustri per immaginare la Rai del futuro, senza partiti.
A spiegare le iniziative legislative che abbiamo in cantiere ci sarò io con il mio collega alla Camera Donadi e i nostri esponenti in commissione di Vigilanza, Pardi e Formisano. Le conclusioni saranno affidate ad Antonio Di Pietro, ma ad impreziosire il convegno, che avrà come titolo “Occupy Rai, cambiare la musica, cambiare l’orchestra”, ci saranno, tra gli altri, Michele Santoro, Marco Travaglio, Lucia Annunziata, Roberto Zaccaria, Loris Mazzetti, il segretario dell’Usigrai Carlo Verna e tanti altri esperti del settore. L’iniziativa comincerà alle 9.30.
Il punto di partenza è il superamento della legge Gasparri, che ha istituzionalizzato la nomina del consiglio di amministrazione da parte delle forze politiche, un esercizio a cui l’Italia dei Valori si è sempre sottratta.
La Rai, l’ho scritto e detto tante volte, deve sganciarsi dall’occupazione dei partiti e rendersi autonoma, soltanto così riuscirà a salvarsi. L’ingerenza delle forze politiche nella tv di stato comincia sin dalla sua nascita, ma si sviluppa e prende le forme dell’occupazione vera e propria negli anni 80, quando, a tavolino, le tre reti vengono suddivise tra Dc, Pci e Psi. La spartizione continua fino ai giorni nostri, ma con un’anomalia in più, clamorosa: entra nella lottizzazione il principale proprietario delle televisioni private, Berlusconi, nel più impressionante conflitto di interessi della storia della Repubblica. Ecco, la lottizzazione diventa occupazione e la spartizione delle poltrone assume i contorni dell’assedio ai giornalisti e agli autori liberi, molti dei quali sono costretti ad andare via. Vere e proprie liste di proscrizione vengono lanciate da Berlusconi stesso (ricordate il famoso editto bulgaro?) o dai suoi prolungamenti in seno all’azienda (i direttori generali Masi e Lei tanto per citare solo gli ultimi). La libertà di informazione diventa un optional e i vari Minzolini e company addirittura travisano la realtà per non dare dispiaceri all’allora presidente del Consiglio. Il Tg1, ad esempio, riuscirà a dare la notizia di Ruby e delle festicciole di Berlusconi solo in sede di replica degli avvocati del cavaliere. Secondo i telespettatori del tg della rete ammiraglia Veronica Lario non ha ancora chiesto il divorzio. E questi sono solo due esempi di una serie clamorosa di notizie censurate. Questo non può più accadere.